Germina nel suolo la vegetazione, si schiudono le gemme, si aprono alla tiepida carezza del sole. Ecco, si aprono. Aprile, aprire. E’ l’Aprilis (mensis).

“Elettrico pittore di sogni” (Beltramo), “sarto estroso e gaio” (Pirandello), “obolo di saliva ai palmi del vento” (Sollazzo), associato dal calendario giuliano a Venere, madre di Enea e progenitrice della Gens Julia. E’ il tempo delle fragole e delle more e, per i Tewa d’America, l'”apertura delle foglie”. Ed è anche la “luna in cui spunta l’erba”. E’ in Giappone il mese del ciliegio. E fior d’aprile è la margherita, che simboleggia il candore e l’innocenza, ma anche vuol dire “ci penserò”; ‘ché le donzelle medioevali, richieste da un cavaliere, solevano cingersi il capo di margheritine a corona, volendo dire, appunto, “ci penserò”. Si svolgevano, nell’antica Atene, le Munichie, feste per Artemide Munichia, da Munichia, la cittadella del Pireo. E chiama a sé gli spiriti, in questo tempo, lo sciamano del Baltustan, inalando fumo di sambuco.

APE
La vita dell’alveare, risvegliatasi con i fiori di marzo, vede ora nascere le nuove api operaie che si sostituiscono alle vecchie. Molti miti e leggende narrano l’origine delle api. Si racconta, così, di una sacerdotessa iniziata ai misteri di Demetra, Melissa, la quale, piuttosto che rivelare i segreti del suo culto, si lasciò uccidere; e la dea, scatenata una terribile pestilenza per punire gli assassini, fece nascere dal corpo smembrato di Melissa uno sciame d’api. Per Esiodo, invece, le api scaturiscono dalla sommità di una quercia; per gli ntichi egizi sono le lacrime di Ra, il dio Sole, cadute sulla terra; nella Bibbia, è dalla gola del leone ucciso da Sansone che nascono le api e cola il miele; per Virgilio, infine, le bestiole si generano dal cadavere di un animale opportunamente preparato.

Il nome di Melissa, che in greco significa appunto ape, è anche quello della sorella di Amaltea che, insieme a quest’ultima, nutre con miele il piccolo Zeus sul monte Ida. In ebraico, peraltro, l’ape si chiama dbure (Debora) che deriva dalla radice dbr, il cuo significato è “parola”. Da qui il collegamento tra l’ape e la parola per eccellenza, cioè il Verbo, il Logos. E in effetti la Vergine Maria è spesso paragonata all’ape; e il miele, suo prodotto, al Cristo. In Maria, del resto, erano le virtù di industriosità, di diligenza, di attivismo richiamate dall’ape.

Anche i circassi onoravano una Dea Madre sotto il nome di Melissa o Meriem e la riguardavano come patrona delle api di cui aveva salvato la razza conservandone una nella sua manica, quando il tuono minacciava di sterminare tutti gli insetti. A Mileto, a Delo, a Kamiros, poi, troviamo la figura di Melissa-dea, il cui busto, umano, è simile a quello dell’Artemide persica, mentre la parte inferiore è quella di un’ape.

Ape, parola e miele si ritrovano anche in diverse espressioni del parlar comune, come, ad esempio, “parole dolci come il miele”. Non a caso si narra come le api si siano posate sulle labbra di Pindaro, di Platone, di Sant’Ambrogio da Milano. E l’alveare o l’ape, infatti, è attributo di quest’ultimo e anche di San Giovanni Crisostomo (cioè bocca d’oro).

Altro prodotto dell’ape è la cera, simbolo di perfezione. Il termine gallese cwyraidd, da cwyr (cera), significa appunto perfetto, completo; e il moderno irlandese ceir-bheach, letteralmente “cera d’api”, indica anche la perfezione. L’alveare, poi, è posto ome simbolo della comunità pia e laboriosa, perfettamente organizzata e retta da un capo. Ricordiamo, in proposito, come fino al secolo XVII si riteneva che l’ape regina fosse un maschio. L’immagine dell’ape a sei zampe è poi anche un’evocazione della ruota a sei raggi e, quindi, un simbolo solare; ma la solarità si accompagna spesso alla regalità; e ome simbolo regale, infatti, troviamo l’ape in Caldea; come emblema imperiale in Francia.

L’ape richiama anche l’anima e la sua immortalità: in molte culture e tradizioni troviamo questo insetto raffigurato sulle tombe come segno di sopravvivenza e di resurezione. E l’idea che l’anima uscisse sotto forma di ape dalle spoglie delle vittime sacrificali era familiare presso gli egiziani. Del resto il dorato e solare miele, prodotto dall’ape, interviene nella composizione di molte bevande d’immortalità (l’idromele, il soma e via dicendo).

All’ape si attribuisce anche valore oracolare. Nell’inno omerico ad Ermes, quest’ultimo riceve da Apollo, in cambio della lira, anche la “gestione” di un oracolo servito da tre vergini, dette “api-sorelle” del Parnaso.

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