Stenta a partire a Udine il primo studio italiano sugli effetti delle onde elettromagnetiche emesse dagli impianti wi-fi nelle scuole. Lo condurrà un pediatra, esperto di inquinamento, il professor Mario Canciani, e sarà finanziato da un comitato di genitori contrari all’introduzione del wi-fi nelle scuole. Farà parte di un progetto più ampio che prevede la creazione, fra l’altro, di un centro di ascolto con medici che seguiranno da vicino i ragazzi delle 20 scuole oggetto di monitoraggio.
Lo studio – che dovrebbe servire a fare un po’ di chiarezza sul controverso tema dell’elettrosmog, reso ancor più delicato dal fatto che riguarda la salute di milioni di studenti italiani – è bloccato perché l’azienda che dovrebbe fornire i macchinari per la rilevazione, si è fatta di nebbia dopo avere rinviato la consegna di mese in mese. Un altro caso di inefficienza italiana? Ritardi burocratici?
«In realtà non si capisce – ci spiega il professor Canciani – perché l’azienda tardi a consegnarci le apparecchiature. Si tratta di una commessa di circa 30mila euro. Le aspettavamo per novembre e a furia di rinvii, di mese in mese, siamo arrivati a fine marzo. Adesso l’azienda non ci risponde neanche più al telefono. Sembra una cosa assurda, sicché abbiamo pensato di rivolgerci ad un altro produttore all’estero per potere finalmente partire con lo studio».
Venti scuole per due anni
Una volta entrati in possesso dei macchinari necessari, il monitoraggio durerà due anni e riguarderà 20 scuole della provincia di Udine nelle quali si verificheranno i livelli di emissione e gli effetti sui ragazzi.
«Abbiamo previsto – continua Canciani – la creazione di un centro di ascolto con un epidemiologo, un oncologo ed un cardiologo. Questa struttura dovrà registrare gli effetti delle onde elettromagnetiche sui ragazzi, non solo quelle emesse dagli impianti wi-fi nelle scuole, ma anche quelle derivate da altre sorgenti in prossimità delle scuole come ad esempio, ripetitori di telefonia mobile o anche antenne radio e tv».
Wifi sì. Wifi no. I veti europei
Di studi del genere per la verità ne esistono a migliaia in tutto il mondo e, in alcuni casi, visti gli effetti negativi riscontrati sulla salute dei ragazzi (come per esempio disturbi alle funzioni cognitive, problemi neurologici, tumori, mutazioni della struttura molecolare delle cellule) hanno spinto alcuni governi a disattivare gli impianti wi-fi dalle scuole. Così è stato fatto per esempio nelle scuole inglesi dove il governo ha fatto un passo indietro sul wireless spinto dal famoso rapporto Stewart, redatto dal consulente numero uno della sanità inglese William Stewart, presidente dell’Agenzia tutela della salute che è l’equivalente del nostro Istituto superiore della sanità. E contro il wi-fi nelle scuole sono anche la Francia, la Germania l’Austria e il Canada. In Svezia, addirittura, lo stato riconosce come invalidanti le patologie derivate dall’esposizione alle onde elettromagnetiche e ne prevede un indennizzo statale. Si tratta di un danno che, secondo le stime del governo svedese, ha colpito circa il 3% della popolazione.
«Non c’è la certezza scientifica – precisa Canciani – che queste emissioni elettromagnetiche possano effettivamente creare dei danni per la salute, ma la presenza di così tanti studi che vanno in questa direzione, indurrebbe a privilegiare un principio di cautela in attesa di avere degli esiti scientifici incontrovertibili».
La situazione in Italia
E invece, nel nostro Paese cosa succede? Nel 2011, proprio mente lo Iarc, la più autorevole agenzia internazionale per la ricerca contro il cancro, affermava che le onde elettromagnetiche sono dei possibili cancerogeni, gli allora ministri dell’ultimo governo Berlusconi, Renato Brunetta (per la Pubblica amministrazione e innovazione) e Maria Stella Gelmini (per l’Istruzione) varano un piano per diffondere capillarmente il wi-fi nelle scuole che si chiama “Scuole in wi-fi”.
Un’operazione quasi epica considerato che gli istituti scolastici pubblici del nostro Paese a cui è rivolto sono più di 75mila.
Per permettere alle scuole di diventare “tecnologiche” in poco più di 2 anni il governo ha stanziato decine di milioni di euro di cui 15 (milioni di euro) solo per il biennio 2013-2014. E poco importa se poi quelle stesse scuole che sono ora dotate di lavagne digitali, non hanno i soldi per comprare la carta igienica, oppure hanno i riscaldamenti che non funzionano, le finestre rotte o ancora gli impianti, le aule e le palestre, da ammodernare.
Il progetto “Wi-fi nelle scuole” ha riscosso così tanto successo nelle scuole italiane che il ministero stesso non sa, ad oggi, quante scuole alla fine si sono dotate effettivamente di un impianto senza fili approfittando dei finanziamenti e del kit offerto dal governo. “Al momento non è possibile – ci fanno sapere – avere l’elenco completo».Tuttavia gli allarmi per i rischi alla salute non sono del tutto inascoltati dal momento che, secondo una notizia riportata dall’ansa il 20 marzo, l’Associazione per la lotta all’elettrosmog ha appena intentato una causa dinnanzi al Tar lazio contro il ministero della Salute per ottenere una campagna di informazione nazionale sul rischio.
L’allarme degli scienziati.
Come dicevamo, qualche studio che mette in guardia contro i rischi dell’elettrosmog (e che si mettono di traverso al grande mercato dell’industria wi-fi e telefonica), è già noto da tempo. A cominciare dal 2002 quando 36.000 medici e scienziati di tutto il mondo hanno firmato il cosiddetto “Appello di Friburgo” che mette in guardia sull’uso del wi-fi e l’irradiazione di bambini, adolescenti e donne incinte.
Sulla stessa linea il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa che, rispettivamente, nel 2008 e nel 2011, hanno raccomandato agli Stati membri di far riferimento al principio di precauzione, in attesa di studi scientifici certi. I vertici europei consigliano per le scuole delle connessioni internet cablate, ossia con i cavi.
In Italia questi allarmi sono pressoché inascoltati anche perché il nostro governo si basa sulle considerazioni scientifiche dell’Icnirp, un’associazione di medici di tutto il mondo, e dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che affermano, al contrario, che gli unici effetti dell’elettromagnetismo sull’uomo sono di tipo termico ossia producono solo un riscaldamento delle parti colpite.
Peccato che l’attendibilità di queste affermazioni sia minata dal fatto che, il primo presidente dell’Icnirp (fino al 1996) è stato il cancerologo Michael Repacholi il quale è stato anche responsabile del “progetto internazionale CEM” dell’Oms sull’elettromagnetismo a partire dal 1996, e che ha fatto parte anche del comitato di esperti che ha redatto il “Rapporto Stewart” su questo tema per conto dell’Nrpb, l’autorità inglese che si occupa di protezione dalle radiazioni.
Repacholi, che ha lavorato per l’industria della telefonia, prima e dopo questi incarichi, è stato coinvolto in uno scandalo, riportato anche dai media di tutto il mondo, proprio per avere ricevuto delle somme di danaro da alcuni grandi produttori di energia elettrica che sull’installazione di impianti hanno impostato un business mondiale.
Una cooperativa per la ricerca
In realtà è già dimostrato che le onde elettromagnetiche producono degli effetti sul corpo umano ulteriori rispetto a quelli di tipo termico. Negli ospedali di tutto il mondo vengo usate delle terapie, dette di biorisonanza che sfruttano proprio le emissioni elettromagnetiche, in piccolissime quantità, per curare diverse malattie. Quindi le fanno interagire con il corpo umano.
A tal proposito si è costituita lo scorso 27 febbraio, a Roma, una cooperativa sociale per la ricerca scientifica biomedica denominata “Istituto Giuliano Preparata”. La cooperativa creerà un network internazionale di medici che metterà in rete l’utilizzo di macchinari biomedici con i cui redditi finanzierà la ricerca in questo settore in particolare per potere curare con la biorisonanza tumori e infarti.
«La cooperativa – spiega il biofisico Livio Giuliani, portavoce dell’Icems (la commissiona internazionale per la sicurezza elettromagnetica) nonché dirigente di ricerca Ispesl, l’istituto per la prevenzione e sicurezza sul lavoro oggi assorbito dall’Inail nonché uno dei fondatori della cooperativa – si propone di finanziare con i proventi e con i fondi conquistati con le call europee, italiane e regionali, progetti di ricerca per la biotecnologia, diagnostica e terapia. La quota di adesione richiesta ai medici aderenti è di 2.000 euro».
Le proteste dei genitori
Tutto spinge, insomma, verso un principio di precauzione. E in questo senso, in tutt’Italia, si sono costituiti moltissimi movimenti spontanei di genitori contrari all’installazione della rete wi-fi nelle scuole.
Non esiste una vera e propria rete nazionale ma c’è già chi comincia a pensarci, come nel caso di un genitore di Venezia che ha lanciato la proposta sulla pagina facebook “No wi-fi nelle scuole”.
In alcuni, rari e sporadici casi, qualche comitato è pure riuscito a bloccare l’attivazione della rete senza fili.
Così è successo all’Itcg Cerboni dell’isola d’Elba dove a gennaio scorso la dirigente scolastica ha preferito fare un passo indietro e installare una rete cablata. O come nel Comune di Suzzara, in provincia di Mantova, dove un comitato di genitori, nell’agosto del 2013, ha costretto il sindaco modificare il bando Net(ta)mente che prevedeva di offrire al pubblico una connessione internet gratuita attraverso un impianto wi-fi sul territorio. Dopo l’intervento ostativo del movimento dei genitori, adesso la rete di Suzzara sarà cablata e non più senza fili.
Ma non funziona così nel resto del Paese dove ci sono molto genitori preoccupati per i rischi alla salute a cui potrebbero essere sottoposti i propri figli, che non ricevono alcuna risposta rassicurante ai loro leciti interrogativi.
Molti i gruppi facebook creati da gruppi di mamme e papà in allerta. Come quello di Paolo Giunta, un giovane padre di Reggio Calabria che ha appena inviato una lettera di sensibilizzazione al presidente della Provincia reggina, Giuseppe Raffa, evidenziando i possibili rischi per la salute dei ragazzi.
«Nel corso dell’open day del convitto Campanella – spiega Giunta -, una giornata aperta ai genitori per spiegare le attività didattiche dell’istituto ai genitori che vogliono iscrivere i propri figli, mi sono connesso alla rete wireless ed ho notato che c’erano 7 reti wireless di cui 5 della scuola. L’obiettivo spiegato dal dirigente scolastico, è quello di distribuire lavagne multimediali in tutte le classi del convitto. Tutto ciò è molto preoccupante anche alla luce dei rischi paventati per la salute».