Le osservazioni di Laura Boldrini, intervistata da Repubblica circa l’odio in rete, in particolare rivolto contro di lei, sono state molto puntuali e più che condivisibili.
Per quanto riguarda le donne infatti c’è da sempre un accanimento preoccupante. Non c’è sito, blog, pagina, espressione virtuale di qualsiasi tipo che tratti questioni di genere che non venga sottoposto a un attacco di odio continuo, insulti, minacce e parole di disprezzo.
Con una forzatura fuori luogo l’intervista alla presidente Boldrini è stata titolata da Repubblica “l’anarchia del web”. Di qui, la questione è ritornata nella rete per gonfiarsi a dismisura: come si è permessa? Si è detto. La rete è e deve restare libera! “Il potere odia la rete” ha fatto da sponda Grillo il cui consenso si è avvalso soprattutto del web, affermando in un tweet qualcosa di egualmente condivisibile : “i reati commessi attraverso il web, proprio in quanto reati, sono già punibili per legge. Perché questa attenzione morbosa al Web?”.
Il terreno – scivoloso – si inserisce in un quadro politico in cui la rete è diventata una componente centrale. Da sempre spauracchio della classe politica che ha formato consenso e fondato la sua esistenza nell’ambito di una tv lottizzata, si è cercato a lungo di nascondere il mutare della realtà che passava appunto attraverso internet con la retorica sui “ i centri sociali e la sinistra massimalista”. Grillo è esattamente il frutto di questa miopia durata anni: mentre si cercava con la tv di minimizzare, altrove l’Italia stava cambiando. E pure vistosamente.
Quando i grandi quotidiani e le tv hanno cominciato a guardare cosa accadeva dentro internet riportandone una eco che piaceva poco, si è così cominciato a parlare di “bloccare”, “limitare”, legiferare, ed è partita una demonizzazione che ha avuto punte indimenticabili. Gabriella Carlucci, impaurita dagli effetti devastanti che la libertà della rete stava avendo sulle vicende private di Berlusconi diceva al blogger Alessandro Gilioli che invece la difendeva: “le auguro che suo figlio appena avrà accesso a internet venga intercettato dai pedofili”.
Tuttavia il punto è anche un altro. E non è sempre senza responsabili ben identificabili.
Siamo sicuri che la “rete” entità sempre meno definibile e sempre più vaga non sia in gran parte espressione di una voce poco libera e molto conformista? Che non sia solo lo specchio di quanto si dice in tv – e spessissimo di quanto dicono i politici – e sui quotidiani schierati?
Quali possono essere gli istinti espressi contro le donne se proprio la politica ha espresso un disprezzo costante? E quali possono essere gli istinti comunicati nella rete contro gli immigrati, e nel caso di specie contro la neo ministra dell’integrazione Cécile Kyenge se le politiche finora espresse sono di odio? La Lega ha basato la stragrande maggioranza del suo consenso sull’odio razziale. Anzi si avvale di Radiopadania, pagata con soldi pubblici, in cui si parla di fucili, negri, respingimenti, culattoni, troie e altre violenze inaudite da anni, immerse in un quadro di superstizioni, complotti e credulonerie. E l’ex governatore leghista Zaia si è mostrato portavoce istituzionale con le sue considerazioni sulla ministra che doveva occuparsi dello stupro commesso da due africani e sentirsene pertanto responsabile. La cultura nella quale viviamo è questa qui, da anni. L’attuale governo è formato da persone che si avvalgono di questa cultura costruita con un consenso unicamente di istinti. Più bassi sono, meglio sono addomesticabili.
Il migliore dei paradossi è stato perciò l’episodio del professor Becchi, filo grillino, che ha solo osservato che non c’è da stupirsi se si imbracciano i fucili come conseguenze logica del continuare a fare finta di non capire quanto chiesto con forza dalle urne e dalle piazze reali e virtuali.
(“Fabrizio Saccomanni? “Se qualcuno tra qualche mese prende i fucili non lamentiamoci, abbiamo messo un altro banchiere all’economia” ha detto alla trasmissione la Zanzara, fatta apposta per fomentare risposte del genere).
Grande è stato lo sdegno dei quotidiani e delle tv: come si fa a fomentare le reazioni violente?
A quanto pare se qualcuno dice : “ c’è tensione sociale , può succedere di tutto” Diventa un ideologo della guerra civile.
E indicativo è soprattutto lo sdegno leghista (che parla di fucili praticamente tutti i giorni) e i titoli del Giornale, in assoluto il più violento di tutto il panorama mediatico europeo, che ha titolato contro le considerazioni di Laura Boldrini e della rete:
“I cretini di Internet”. Difendono gli assassini, minacciano politici e giornalisti. Ora fanno paura anche alla presidente della Camera che chiede aiuto alla polizia. Ma sono i suoi elettori.
Bisogna invece leggere la ferocia dei commenti sotto agli articolo del Giornale, o dei blog del Fatto Quotidiano o quelli di Repubblica e del Corriere. Perché la “rete” appunto è anche quella.
Quando si parla di rete si deve allora partire prima da lì: i quotidiani on line e i blogger che ospitano, si diano per primi una serie di regole.
C’è dunque un non trascurabile sentimento confuso di odio che viene coltivato con una cura particolare nel dibattito pubblico ufficiale come collante unico, utile per il sostegno di ideologie passeggere e per mettere insieme consenso.
I post di Lorella Zanardo sul Fatto sono sempre coperti di insulti pesantissimi. Qualche giorno fa l’autrice del “Corpo della donne” scriveva un post: “Adesso Napolitano nomini dieci sagge”
Alcuni commenti:
“Le cercassero tra gli operatori ecologici. le lamentele di queste sirene sono diventate insopportabili. Come quelle di Ulisse. E’ normale perché hanno occupato tutte le tv e giornali”
“Mi domando se posso legittimamente affermare che, oltre a Jane Austen, non son mai stato affascinato dal modo di ragionare di una Donna. Magari è un mio limite, anzi senza dubbio; ma fatico a individuare la loro creatività straordinaria, pur riconoscendo che son delle “brave studentesse”.
Sotto agli articoli del Giornale che raccontavano della nomina della ministra Cécile Kyonge sono da denuncia:
“Orgoglioso di essere bianco quanto tu di essere nera. Ma io sono italiano e tu no”.
“Strano che NON abbiano pensato ad un rom come ministro, certo che noi dovremo integrarci ai loro desideri, e certo anche che la sx punta ai voti degli stranieri…”.
E’ la colpa del “web” così genericamente o anche dei diffusori (nel caso di specie i quotidiani on line) che si avvalgono dei commenti che incitano all’odio per avere maggiori ingressi nel portale e ripagarsi la pubblicità? E’ colpa del “web” o della violenza fomentata a bella posta?