Tra gli accordi politici in streaming, marca Grillo, all’ espressione “metterci la faccia”, o “ a volto scoperto” marca Renzi c’è un legame stretto: l’abolizione del filtro che impedirebbe all’elettorato di vedere la congiura alle sue spalle, l’esigenza di una verità contro le trame della politica e di palazzo, la dichiarazione spregiudicata di avere il coraggio delle proprie azioni (laddove nessuno mai si assume le responsabilità), e poi la cittadinanza che partecipa attivamente, e il politico che risponde in diretta.
Di fatto questa trasparenza assurta a totem della politica attuale ha preso una virata piuttosto sinistra. Non si è mai fatto tanto ricorso alla trama di palazzo, all’inganno e all’assenza di democrazia come in questi ultimi tempi.
Non è affatto vero che la cittadinanza partecipa e decide, nel caso di Grillo, perché il web è antidemocratico per eccellenza, escludendo una fetta enorme di popolazione che non ha accesso a questo per mancanza di competenze o di mezzi. Un po’ come le società telefoniche che non rispondono al telefono e rimandano a siti internet dove ci si deve registrare, inserire password, ricordarsele, aspettare mail che non spiegano, senza considerare gli utenti che non possono andare su internet ma che pagano comunque la compagnia telefonica
Così come non è affatto vero che l’espressione “ci metto la faccia” sia una assunzione di responsabilità. Semmai è la dichiarazione di una presa di potere che ha surclassato la terribile “discesa in campo”.
Si tratta invece di uno spettacolo che ne sostituisce un altro. La finta abolizione dello schermo avvenuta col Grande Fratello e con i reality in genere si è definitivamente sostituita non solo al linguaggio ma al pensiero politico stesso. E’ solo in corso un cambiamento di regole della persuasione: “ Ti faccio vedere per bene quello che non sopporti dicendoti però che quello che vedi non è vero”. L’imbroglio è consumato sotto al naso. Un nuovo patto con gli spettatori-elettori si stabilisce. Avanti a tutti, come sempre è Berlusconi, basti pensare all’insistenza sulle “cene eleganti” a casa sua, mentre tutti ma proprio tutti potevano ascoltare le intercettazioni sulle ragazze ospiti a Arcore con dettagliate informazioni. O lo scandalo dell’ ennesimo processo per corruzione di testimoni, quando le stesse testimoni hanno dichiarato di percepire uno stipendio regolare da lui.
Così si passa dai talk show con le performances del politico invasato, accalappiato nello studio per lo share, ma gestito dal conduttore a sua volta condizionato dallo schieramento politico all’ abolizione del ruolo del conduttore, perché tanto lo spettacolo si fa da sé. Semmai si commenta dopo. Sono i media ora servitori di questa performance spontanea. E arrivano in seconda battuta ad amplificare o ridurre i guasti della verità.
Esemplare è stato il confronto streaming Renzi – Grillo. Il comico genovese spinto dalla “rete”, “dal suo popolo” (entità ormai mitologica) che si è recato a confrontarsi con l’ennesimo non-votato presidente del Consiglio, che stuzzicava invece Grillo sulla questione della democrazia: “ fammi parlare, non sei democratico”, facendolo reagire ovviamente con la cifra comica del paradosso “no, io non sono democratico” (con te). E comunque no, non sono democratico (ma senti chi parla).
In sostanza i due non si sono detti nulla, come è noto. O meglio ciascuno ha recitato il suo ruolo: Renzi voleva raccontare quello che avrebbe fatto, saltando la questione principale, ossia che era lì per vie laterali, e Grillo non ha smesso di ricordaglielo, e di dirgli che aveva tradito esattamente il suo mito di rottamatore, intrigante di palazzo e vecchio politicante. Per cui non si fidava né di lui e pertanto di null’altro.
La parte più interessante dello streaming sul quale ciascuno dovrebbe farsi l’idea che crede, se avesse uno spirito libero che tenga presente i parametri della democrazia, è stata invece la reazione dei media per azzerare il margine di libertà che viene offerto da questa tipologia di comunicazione.
Tutti sono accorsi a proclamare Renzi vincitore del “ duello”. Grillo ha invece dato a Renzi del perdente perché è frutto solo del “grande imbroglio” all’origine dell’investitura. Ma così si sono accavallati titoli degli on line: “Grillo affonda in streaming” (l’Unità), “ Grillo si sputtana in diretta streaming” (il Giornale), “Beppe Grillo insulta, Matteo Renzi lo umilia” ( Libero).
Ha proseguito poi Renzi, il suo reality alla ricerca dell’azzeramento delle distanze, nella conferenza stampa subito successiva: “ Mi spiace tanto per chi ha votato 5Stelle. Meritate di più, amici. Ma vi prometto che cambieremo l’Italia, anche per voi”.
Peccato che chi ha votato M5S , l’ultima cosa che vorrebbe è un uomo come lui. Ma continuava Renzi a abbreviare le distanze parlando ai giornalisti : “ dimmi Marco..”. Ma chi è Marco!? Le telecamere invece puntate solo di lui, in assenza di microfoni in sala stampa, lo facevano apparire un pazzo comiziante. “Dimmi pure Alessandra..”. E chi è Alessandra? Perché un “cittadino” deve essere tenuto a conoscere questa platea mai inquadrata di giornalisti ai quali si risponde come se si stesse nella cucina di casa propria, o nella casa del Grande Fratello? Ma soprattutto perché i giornalisti non si fanno dare del “lei”?
Arriva poi dall’estero la BBC: “ Anti elite Grillo lambasts Pm designate Renzi” ossia “l’anti casta Grillo bastona il primo ministro designato Renzi”.
Allora lo streaming come anche la tv non servono alla trasparenza. Più si avvicinano le distanze più si confondono i contenuti e mai così grande è stato il divario con la cittadinanza.