Vogliamo qualcosa perché ci piace o ci piace qualcosa perché la vogliamo?
La scienza ci risponde dicendo che possono essere false entrambe le affermazioni, quello che vogliamo non è detto che ci piaccia e quello che ci piace non è detto che lo vogliamo.
Diamo una spiegazione.
Piacere e volere per quanto sembrino due cose strettamente collegate, sono in realtà controllate da due sistemi neuronali differenti. Il sistema dopaminergico controlla ciò che vogliamo, mentre il sistema oppioide controlla ciò che ci piace.
In particolare il sistema dopaminergico per anni è stato visto come il sistema che controllava il piacere, ed essendo stato definito centro del piacere per quasi mezzo secolo, fa fatica a scrollarsi di dosso questo appellativo e ancora oggi viene indicato come tale. In realtà si potrebbe al massimo sostenere che questo sistema controlla ciò che piace perché lo si vuole, ma non ciò che piace realmente, difatti non sempre ciò che si vuole, lo si vuole perché piace davvero.
Tra piacere e volere c’è moltissima differenza e ciò che in verità il sistema dopaminergico controlla è proprio il volere.
Ma esattamente cosa vuol dire volere e cosa vuol dire piacere?
Il volere è la ricerca volontaria di qualcosa, che possa essere uno stimolo o un esperienza; mentre il piacere è il saper godere di qualcosa.
Prima il… volere e poi il piacere
Il volere entra in gioco prima della soddisfazione stessa, mentre il piacere riguarda proprio il godimento che si trae durante la soddisfazione, il piacere quindi non prevede anche la sua anticipazione, per quanto anche l’attesa possa diventare in alcuni casi uno stimolo piacevole.
I ricercatori hanno quindi fatto diversi studi per comprendere dove finisce il volere e dove inizia il piacere, uno di questi consisteva nello stimolare elettricamente il sistema dopaminergico dei topi per tenere sempre vivo il loro desiderio di mangiare, ovvero il loro voler mangiare, questi topi continuavano a mangiare anche se ormai erano sazi e non provavano più piacere nel nutrirsi, anche se rischiavano di stare male, o peggio di morire.
In questi casi è stato dimostrato che si può volere ciò che non ci provoca alcun piacere, addirittura si può volere ciò che ci provoca dolore o ciò che ci può portare alla morte.
Ma i ricercatori hanno giustamente voluto fare anche la prova del nove, l’esperimento inverso: in alcuni ratti è stato eliminato il sistema dopaminergico, questi ratti quindi non avevano più voglia di fare nulla, arrivavano addirittura a farsi morire in quanto non avevano più voglia né di mangiare né di bere, eppure il sistema del piacere era rimasto intatto, infatti se si provava a somministrare cibo a forza a questi ratti letteralmente svogliati, essi facevano espressioni di apprezzamento per il cibo somministrato (ebbene sì, i ratti fanno le stesse espressioni di apprezzamento o di disgusto per il cibo esattamente come gli uomini e le scimmie) ma una volta nutriti a forza, nonostante il ricordo piacevole, se lasciati nuovamente a loro stessi questi ratti non riprendevano a nutrirsi. Ecco dimostrato anche che il piacere non ha niente a che fare con la sua anticipazione.
Quindi non sempre ciò che piace diventa anche fonte di desiderio: se manca la voglia il piacere passa in secondo piano.
La dipendenza
Da queste scoperte si possono trarre molte riflessioni, possiamo spiegare molte forme di dipendenza, tra cui quella per le sostanze stupefacenti.
In questo caso però c’è da dire che le sostanze stupefacenti all’inizio stimolano sia il sistema dopaminergico che quello oppioide, il che vuol dire che stimolano sia il volere che il piacere. Inoltre la loro stimolazione è diretta in quanto queste sostanze si legano direttamente ai recettori di questi sistemi, al contrario degli altri stimoli come il cibo o il sesso che ovviamente non si legano direttamente a i recettori di questi due sistemi, ma semplicemente producono neurotrasmettitori che poi si andranno a legare ai recettori. Si può quindi comprendere quanto possa essere forte una stimolazione diretta che oltretutto coinvolga entrambi i sistemi: volere e piacere. Ma col passare del tempo (non troppo tempo) i recettori del piacere non vengono più stimolati in quanto ormai saturi, l’unico ad essere stimolato resterà il sistema dopaminergico, la dipendenza non avrà niente a che fare col piacere, ma solo con il soddisfacimento della sensazione di volere.
Per quanto riguarda invece il secondo esperimento, quello in cui si è notata l’inattività dei ratti a causa della mancanza di volontà nonostante l’intatta capacità di provare piacere, si potrebbero fare studi molto interessanti applicati a molti campi riguardanti sia la psicologia che la vita di tutti i giorni, tra cui problemi sessuali (manca il piacere o il desiderio?), quali alcune forme di depressione. Ad esempio comprendere come invogliare i ragazzi a studiare, potrebbe essere più utile che far loro apprezzare il piacere dello studio.
Il volere: croce e delizia
Sarebbe interessante se i ricercatori studiassero ciò che stimola la voglia negli studenti, così come sarebbe utile che ogni genitore cercasse di comprendere cosa provoca la voglia di studiare nei propri figli, tenendo presente che è la voglia, non il piacere, ad avere a che fare con l’anticipazione.
Insomma la benzina che muove il mondo è il volere: dove il volere manca la vita si ferma.
Attenzione però: se il volere predominasse si arriverebbe prima alla morte psichica e poi alla perdita di controllo e alla morte fisica.