“Stando alle analisi di K. Jaspers, che risalgono ai primi anni del Novecento, l’opera di Pisani appare all’interno della sua aura epilettica che rimane metaforicamente dettata dalla vischiosità della condizione estetica e conflittuale contemporanea.
L’arte di Pisani è politica perché tratta di un’isteria pubblica (o meglio in pubblico), che tende a colpire il fruitore tramite il Theatrum della ferita. Con l’attualissima, e fino alla fine presente, Maschile, femminile e androgino. Incesto e cannibalismo in Marcel Duchamp, Vettor Pisani – nel portare avanti gli insegnamenti Rosacroce, i riti alchemici, le filosofie esoteriche, il mistero della Sfinge, il mito di Edipo e la figura di Klein e Beuys, sulla scia di una psicoanalisi della libertà, intesa come pensiero tragico ed ermeneutica dell’esperienza simbolica – ripropone il problema della possibile compatibilità fra esistenza dell’arte e realtà del male, cercando di trascendere la radicata tendenza occidentale di attenuare, o addirittura rimuovere, quell’incoercibile e demoniaca energia malvagia, che impronta ineluttabilmente il creato, pietra d’inciampo che l’arte, l’estetica e l’etica tutta, non possono permettersi di aggirare o ignorare”. Così Gabriele Perretta scrive nel testo Sull’esperienza culminante e l’ontologia dello Scorrevole in Vettor Pisani! Artis initium dolor.
Un universo caleidoscopico
Disegno e collage come pratiche preparatorie e di graduale avvicinamento all’oggetto. Edipo, Madonne e miracoli, Veneri e Angeli dell’Apocalisse, prelevati dal giacimento di mitologie inesauste, dal Museo e dai grandi personaggi del Novecento come Nietzsche, Freud e Hitler. Poi il controcanto, la pratica dell’accostamento tra orrido e classico, del funzionale e dell’inutile, non meno che l’omogeneità di materia (e materiali) concettualmente diseguale a fronte della frammentazione esplosiva dello spazio espositivo. Tutto ciò è solo un antipasto del caleidoscopico universo di Vettor Pisani, morto suicida l’estate scorsa. Una parabola tragica la sua, forse perché tale è, spesse volte, la sorte di gran parte degli autori che superano l’apogeo del protagonismo e del tempo loro e vengono inopinatamente rimpiazzati dalla macchina cannibale del mercato. Il catalogo di Vanillaedizioni, prefato da una dolente lirica di Mimma Pisani (compagna di tutta la vita e “gemella cognitiva” dell’autore), è corredato da contributi critici di Renato Barilli, Gabriele Perretta e Marisa Vescovo. Le tavole iconografiche esplorano la produzione recente (a ritroso sino al 2007), scelta che permette a chi si avvicina a Pisani per la prima volta di percorrerlo in modo fedele. In quanto ché l’autore rimase osservante ai crismi del dadaismo mistico fino all’ultima stazione. Un tragico coup de théâtre, come abbiamo detto, ha portato via Pisani lo scorso agosto a 77 anni, nella sua casa romana di via Paolo Castelli. Ciò nondimeno, lo spirito nichilista e franto, aperto da Lo Scorrevole (pensato e realizzato per la prima volta nel 1970 e poi riproposto a Documenta 5 a Kassel nel 1972) gli evitò di indulgere nell’estetica della perdita di coscienza (Perretta), preferendo a quest’ultima, vogliamo aggiungere qui, una disseminazione ragionata di emblemi e allegorie (portatrici di un testo segreto, il quale c’è per non essere scoperto) “spostati” dal contrasto pittorico della tela allo spazio cubico di una terra museografica, esplorata all’insegna della dissipazione e del misticismo negativo. La citazione come horror pleni.
La complicità dei demoni
Perretta cita il conturbante saggio Simulacra di Pierre Kossolwski (a cura di Aldo Marroni, 2002), il quale, con un excursus a spirale, ci porta a esplorare la nozione di monomania simulacrale: contraffazione di un modello visibile per via di complicità demonica (i demoni, nella tradizione platonica e neoplatonica sono nature intermediarie fra gli dei impassibili e gli uomini assoggettati alle passioni) tra modello contemplato e simulacro prodotto dal contemplatore. Talvolta, ancora, il contemplatore confonde la tecnica che struttura l’opera con l’emozione procurata; la tecnica, se l’opera è necessaria, scompare nell’immagine che essa realizza nella misura in cui coincide con lo stile (sic!). Pisani era Rosacroce e, sempre Perretta, rammenta il motivo insalubre quanto radicato della riflessione sulla possibile compatibilità fra esistenza dell’arte e realtà del male. E l’Occidente ha portato con sé il memento mori dei due conflitti mondiali, del colonialismo come dello sfruttamento delle risorse e delle minoranze, eleggendo quasi inconsciamente il “racconto del male” a parabola espiatoria e assedio radicale; normativo e costitutivo della figurazione. Nietzsche già nella Nascita della Tragedia (1886) scriveva dell’esistenza del mondo (col suo carico di colpa affiorante con lo stesso prodursi del mondo), giustificabile solo come fenomeno estetico. Così in Pisani si produce quella particolare forma di esperienza sapienziale per la quale la verità è agita dagli “spett-attori” simultaneamente alla sperimentazione emotiva offerta dall’artista. Con lavori come Suzanne in uno stampo di cioccolato ― una testa muliebre di cioccolato sulla quale pende un peso per esercizi ginnici ― l’autore ischitano esempla questo prerequisito di coincidenza di miseria e grandezza non armonizzabile nel destino dell’umanità. Può sussistere il concetto esistentivo di coscienza se lo disarticoliamo dal giudizio? L’arte di Pisani ha, forse, un compito di traslazione di alcuni quesiti maiuscolari, non tanto come cura, quntunque l’arte conservi una capacità catartica importante, piuttosto come riesame crudo e inevaso. Senechismo, autarchia, palingenesi e problema della intersoggettività critica tra Io e Mondo possono essere sussunti in tre linee di irradiazione: la dimensione estetica borderline, quella politica e quella morale (incentrata, dice ancora Perretta, sull’uomo che vive la scissione tra opera e sapere). Dal bisogno alla libertà il percorso di Pisani è quello della responsabilità: la capacità di rispondere e cadere. Non di meno Pisani ha voluto suggerire la possibilità di una cura al dualismo lacerato (natura-logos) e al disagio della post modernità, deterritorializzata e fuggevole, che prende le mosse appunto dal bisogno per anelare ancora la libertà, nell’opera che oltrepassa la datità e ci riconsegna al “caosmo”. Non più lieti, quantunque consapevoli, e sebbene rivolti alla sola possibilità di una redenzione remota. Tra il nulla e Dio. Aperti, nonostante tutto, come suggerito da Marisa Vescovo nell’ultimo contributo al catalogo (Vettor Pisani: intorno ad un dio segreto), a una pioneristica teoria del risveglio.
Titolo: Vettor Pisani
Autore/Artista: Vettor Pisani
Testi: Renato Barilli, Gabriele Perretta, Marisa Vescovo
Editore: Vanilla
Anno: 2011
ISBN: 978-88-6057-144-1
Dimensione: cm 16,5×23
Rilegatura: Brossura filo refe
Pagine: 160
Illustrazioni: 80
Prezzo: € 20,00