Troppe le divergenze tra alcuni leader, che lasceranno ai propri ministri delle finanze il compito di ragionare seriamente su misure e scadenze, lontano dai riflettori dei media. La conferma del fatto che questo non fosse un incontro “decisionale”, ma piuttosto “propositivo”, era arrivata già giovedì mattina, quando le dichiarazioni della cancelliera tedesca Merkel e del presidente Hollande non concordavano nemmeno sull’ordine del giorno.
Il primo ministro francese aveva voluto riportare l’attenzione sui temi prevalenti, peraltro ampiamente anticipati, ovvero la supervisione bancaria e gli aiuti economici a Grecia e Spagna. L’obiettivo era dare continuità alle decisioni prese durante il fatidico Consiglio di fine giugno, le cui raccomandazioni rischiano giorno dopo giorno di perdersi nei tecnicismi applicativi o addirittura di essere superate da proposte ancora più forti. Il fondo salva-Stati, ufficialmente entrato in vigore il mese scorso, rappresenta ancora un oggetto sconosciuto, mancando la chiarezza sulle modalità dei prestiti e sulle responsabilità di gestione. In merito alla supervisione, inoltre, molti paesi rimangono scettici rispetto all’accentramento di tale ruolo ed all’affidamento presso la BCE: la data di entrata in vigore era stata fissata al 1° gennaio 2013, ma uno slittamento sembrava inevitabile. Il compromesso, raggiunto nella notte di giovedì, prevede la messa a punto di un piano operativo entro l’inizio dell’anno, mentre per l’attuazione bisognerà aspettare probabilmente il 2014.
A creare questa situazione di incertezza ha certamente contribuito la Germania, contraria fin da subito alla supervisione bancaria “totale”, da cui avrebbe voluto esentare almeno le banche locali, molto diffuse nel paese. Il governo di Berlino ha gioco facile nel rimandare l’applicazione della vigilanza unica, che soffre di un deficit legislativo abbastanza rilevante, essendo poco coerente con i Trattati istitutivi. Il problema principale è stato posto dagli Stati Membri che non fanno parte dell’Eurozona che, essendo la nuova istituzione un organo interno della BCE, non potranno avere voce in capitolo nel meccanismo decisionale. Al momento, si è deciso che i paesi non-euro possano optare su base volontaria per l’adesione del proprio sistema bancario alla vigilanza europea: l’obiettivo è però di coinvolgere il più alto numero possibile di banche, per cui si sta cercando un modo per includere i rappresentanti di tali paesi nel sistema di voto. Ad ogni modo la proposta definitiva sarà presentata al Consiglio di dicembre.
Oltre la questione bancaria, sulla quale sia Monti che Hollande sono pronti a concedere una proroga senza troppi problemi, purché siano chiaramente definiti i tempi ed i criteri attuativi, Berlino ha alzato la voce in materia di controllo dei bilanci nazionali. In un discorso al Parlamento tedesco, a poche ore dal vertice, Angela Merkel aveva scaldato la platea con la messa in campo di una proposta per Bruxelles, già discussa (e accantonata) in passato, concernente l’istituzione di un super-commissario con potere di veto sui conti pubblici. La Commissione, nella figura specifica del Commissario agli Affari Economici, dovrebbe dunque avere il potere di “respingere” il bilancio di uno Stato Membro qualora questo non sia conforme alle raccomandazioni del Consiglio o agli accordi sulla stabilità, come il six-pack ed il fiscal compact. A meno di un anno dall’approvazione di tali misure, che non hanno ancora dispiegato i propri effetti, la Germania avrebbe addirittura voluto scavalcarle con questa proposta che appare inaccettabile per alcuni paesi, in primis Francia ed Italia. Gli Stati membri sarebbero vincolati non più ad un accordo politico con gli altri governi, ma attraverso una sorta di “contratto individuale” di cui l’altro attore è la Commissione e non più il Consiglio. Si tratta, senza troppi giri di parole, di una proposta anti-democratica, essendo i bilanci nazionali approvati dai singoli parlamenti: un rifiuto da parte di un’autorità sovranazionale, per di più non eletta direttamente, porterebbe ad uno scontro istituzionale senza precedenti.
L’impressione è che l’infuocato discorso di Angela Merkel al parlamento abbia avuto un duplice scopo: distogliere l’attenzione del vertice dai temi “forti”, verso i quali Berlino si trova spesso in imbarazzo, soffiando al tempo stesso sul fuoco dell’avversione all’Europa “spendacciona”, in un’ottica elettorale che si fa sempre più vicina. In Germania si andrà al voto per le politiche solo a settembre 2013, ma per competere sembra necessario fare l’occhiolino all’ampia fascia di popolazione che si oppone a qualunque forma di collaborazione con Bruxelles. I leader europei ne sono consapevoli e devono prenderne atto, come peraltro ha esplicitamente dichiarato Hollande: per questo occorre un potenziamento del lavoro diplomatico, che prescinda da dichiarazioni televisive spesso fuorvianti. Lo sa bene anche Monti, ben disposto a concedere un rinvio o addirittura una modifica al progetto di supervisione bancaria, pur di ottenere altri risultati ritenuti prioritari. In particolare, il premier vuole una risoluzione tempestiva del nodo ESM, il “nuovo” salva-Stati, che dovrebbe essere in grado di ricapitalizzare direttamente le banche senza passare per il prestito ai governi, spezzando una volta per tutte il legame tra debito pubblico e bancario. L’obiettivo non è stato completamente raggiunto, ma al solito si è arrivati ad un compromesso: come concordato con la Germania, l’ESM potrà ricapitalizzare le banche solo quando la vigilanza unica entrerà in vigore. L’altro punto riguarda il dimenticato piano per la crescita, fortemente voluto da Monti ed Hollande, che si è arenato nella complessa messa a punto dei cosiddetti “Project-bond”: il piano, prevede circa 120 miliardi di investimenti in infrastrutture, rimane in attesa del via libera.
Da ultimo, paradossalmente a margine del vertice, si è discussa la situazione di Grecia e Spagna, nonostante l’emergenza sociale che sconvolge i due paesi, per cui un uomo è morto ieri durante l’ennesima protesta contro l’austerity ad Atene. Le posizioni rimangono di estrema cautela: la Germania ha espresso apprezzamento per gli sforzi compiuti dal governo ellenico, ma ha comunque rimandato un parere definitivo all’uscita del rapporto della Troika. Non è ancora chiaro dunque se verrà concessa l’estensione di due anni per il rispetto dei vincoli sul deficit imposti da Bruxelles. Per quanto riguarda la Spagna, sembra che si stia lavorando al prestito da 60 miliardi richiesto da Madrid, che rappresenterebbe la prima operazione del meccanismo salva-Stati. Un sospiro di sollievo può invece tirarlo l’Italia, che nei giorni scorsi ha collocato 18 miliardi di titoli senza troppi patemi, con lo spread ai minimi da giugno 2011. La situazione infuocata nei paesi mediterranei è in netto contrasto con l’atmosfera creatasi dopo l’assegnazione del Nobel all’UE dei giorni scorsi: la pace in senso lato, oggi come non mai, passa attraverso le scelte economiche che i leader intendono adottare.
Conclusioni Consiglio europeo Bruxelles 18-19 ottobre 2012