22 maggio 2013 : Fiore ucciso con 20 colpi di mitra (…) la pista seguita dagli inquirenti è sempre quella della vendetta per l’omicidio del boss Giacomo Caracciolese avvenuta ad aprile nel rione San Pasquale, (…) evento spartiacque secondo gli investigatori, episodio che segna definitivamente la rottura di ogni equilibrio tra le cosche (Corriere della sera).
26 maggio 2013: Fabiana, uccisa a sedici anni. Il fidanzato confessa l’omicidio «L’ho bruciata viva, ero geloso» (…) la confessione: «Abbiamo litigato, lei ha cercato di aggredirmi ed io l’ho colpita più volte con un coltello pieghevole. Poi sono andato a casa, sono riuscito, mi sono procurato una tanica di benzina e sono tornato a darle fuoco quando era ancora viva» (La stampa).
28 maggio 2013: Roma Violenta, tre omicidi in un giorno esecuzioni ad Anzio, Focene e Tor Sapienza. (…) In poche ore torna l’incubo di una Roma violenta, insanguinata dalla criminalità che regola i conti senza scrupoli, in strada o addirittura bussando alla porta della vittima. (Il messaggero).
28 maggio 2013: Devo fare i complimenti all’avvocato Pietro Bogliolo di Genova che è riuscito a far dare l’attenuante, e quindi una riduzione della pena, al suo assistito, Angelo Pira, guardia giurata di Oregina, che il 2 agosto 2006 ha ucciso a colpi di pistola l’amante di sua moglie, Giovanni Grasso. (Corriere della sera).
29 maggio 2013: «Voglio sia fatta giustizia per Fabiana. Lei si fidava di questa persona e l’ha tradita nel peggiore dei modi, fate attenzione tutti perché questo è un mondo crudele». Lo ha detto la mamma di Fabiana, parlando dal balcone di casa e rivolgendosi a tutti coloro che hanno partecipato al corteo in segno di vicinanza alla ragazza, la sedicenne uccisa». (Il messaggero).
Ciò che accomuna queste notizie e moltissimi degli eventi non solo di cronaca ma della vita di tutti i giorni è la vendetta, emozione di difficile gestione, che talvolta porta a comportamenti impulsivi o a notti insonni, mentre altre volte viene celata o sublimata nei costrutti sociali. Ma cos’è la vendetta? Come nasce e perché?
Storia della vendetta
E’ dall’inizio dei tempi che la vendetta è uno dei fili intessuti nel reticolato sociale. Nell’antica Grecia era addirittura un dovere, ogni cittadino era tenuto a far valere il proprio diritto di vendicare i torti subiti. Anche quando Dracone (giurista ateniese) nel 620 a. C. pose fine a questo meccanismo tramite un decreto che configurava e puniva gli omicidi involontari e quindi la necessità di un processo prima dell’atto punitivo, ancora era consentita la vendetta diretta nel caso si fosse colta in flagrante la moglie, la figlia, la sorella o la madre in atto sessuale illegittimo.
Anche in epoche meno antiche la vendetta era vista come una normale reazione conseguente ad un’azione oltraggiosa: nel medioevo era consentito reclamarla; nell’’800 era possibile sfidare direttamente per vendicare torti (il famoso schiaffo col guanto).
Tornando ai tempi attuali, in Italia fino al 1981 il codice prevedeva un’attenuante per il delitto d’onore, del resto in molte culture (o sottoculture) ancora oggi la vendetta non è solo tollerata, ma diviene un vero e proprio dovere per chi ha subito un offesa all’onore.
E’ ovvio che le culture non sempre coincidono con la legge (o almeno, per quanto riguarda l’Italia, con la legge degli ultimi 30 anni), ma lì dove lo stato con le sue leggi vieta la vendetta, lo fa con la promessa di essere lui stesso a vendicare i mali subiti dai cittadini. Infatti anche se la detenzione si proclama correttiva, il fatto che a seconda della gravità del reato aumenti la pena, nasconde un lato vendicativo del sistema, se così non fosse ci si dovrebbe basare unicamente sulla capacità della persona di accettare in sé l’educazione correttiva, non avrebbe senso quantificare a priori il tempo di detenzione.
Ma dopotutto anche la bibbia, creatrice di diverse culture nonché di istituzioni, nel primo testamento regola in tal modo i conti “ Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta. (…) Vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, scottatura per scottatura, ferita per ferita, contusione per contusione”.
Ma cosa si intende esattamente con il termine “vendetta”?
Definizione della vendetta
Secondo il vocabolario della lingua italiana la vendetta è un danno arrecato a colui che per primo ha creato un torto, così da ottenerne soddisfazione. La vendetta è quindi legata al piacere?
Effettivamente da una ricerca svolta dalla dottoressa de Quervain dell’università di Zurigo, è risultato che immaginare di mettere in pratica la propria vendetta attivi il nucleo caudato, area del cervello coinvolta in alcune forme di piacere quali l’attesa della ricompensa, la visione della bellezza e la visione della persona amata, questo avviene anche se la punizione viene immaginata a costo di perdere qualcosa.
La vendetta quindi potrebbe tingersi di colori piacevoli e apparire positiva nel suo significato, dopotutto provoca piacere, ma in realtà non tutto ciò che dà piacere fa poi così bene, tutt’al più rischia di creare dipendenze sicuramente nocive per la salute (sia che si parli di salute fisica che mentale).
Infatti la vendetta come una droga dà un piacere momentaneo che poi scompare lasciando un senso di vuoto, che può essere colmato solo da una nuova vendetta. Il nucleo caudato infatti è lo stesso che si attiva quando ci si prepara all’assunzione di stupefacenti. E proprio come una droga la vendetta, se da un lato crea un momentaneo piacere, dall’altro rischia di logorare la mente e l’esistenza delle persone.
Disfunzionalità della vendetta
Così la vendetta tiene occupata inutilmente la mente in continue rimuginazioni: riduce il sonno, rovina potenziali bei momenti della giornata, fa diminuire la produttività lavorativa: è stato stimato che le persone vendicative hanno una vita economica tendenzialmente peggiore rispetto a quelle non vendicative.
Inoltre le persone vendicative appaiono carenti anche nella vita sociale risultando povere di amici, in quanto rancorose e spesso per tal motivo scontrose.
A complicare maggiormente le cose sono le situazioni in cui i vendicativi si trovano spesso impantanati: mettere in atto le proprie vendette rischia di peggiorare le situazioni creando circoli continui e infiniti di rappresaglie reciproche.
Oltretutto è da tener presente che le vendette non sempre trovano soddisfazione, e una personalità che conosce solo questo tipo di reazione, di fronte ai torti (subiti o presunti) non castigati sentirà forti sentimenti di rabbia, talvolta incontenibili.
Da cosa nasce la vendetta
E’ opinione di chi scrive che la vendetta sia un desiderio che nasce dal bisogno di equilibrio. L’equilibrio in questo caso è sentito come spezzato da un torto reale o immaginario che ha provocato risentimento o rancore in chi l’ha subito
L’uomo spesso trae la sua sicurezza dalla sensazione che la vita abbia un certo equilibrio, lì dove questo manchi l’essere umano sente nascere in sé moti di turbamento e pulsioni improntate al ritrovamento dell’equilibrio perduto.
Normalmente chi riceve un torto sente la rottura di un equilibrio: l’equilibrio tra ciò che sono e come merito di essere trattato, l’equilibrio tra me e te, l’equilibrio tra quello che credo sia giusto e ciò che reputo sbagliato; l’equilibrio tra il mio mondo interiore e gli altri; l’equilibrio tra ciò che sono e ciò che vorrei essere; ecc. Qualsiasi sia il tipo di equilibrio che si è rotto, il desiderio di vendetta nasce dalla volontà di ristabilirlo.
Questa volontà di ristabilire l’equilibrio è così essenziale che non è presente solo in chi ha ricevuto un sopruso: spesso capita anche al torturatore di sentire il bisogno di ristabilirlo attraverso un gesto di ammenda. Mariti che fanno regali alla moglie tradita, uomini che diventano mansueti dopo un delitto, giovani teppisti che in casa sono particolarmente disciplinati.
Capitano anche casi in cui nella mente della vittima e del carnefice si crea un equilibrio personale, che viene mantenuto proprio dal gioco delle parti: dopotutto l’equilibrio è un concetto astratto che può essere soggettivo, così come soggettivo può essere il modo di mantenerlo; soggettivi sono la soddisfazione e l’intensità della vendetta necessaria a ottenerla.
Vendetta e giustizia
Questo desiderio di ristabilire l’equilibrio non è solo del singolo, ma anche sociale: ristabilire l’ordine spesso vuol dire proprio vendicare torti subiti dai cittadini o dalla massa ed ecco che il termine vendetta va a confondersi talvolta con quello di giustizia, talvolta anche con quello di giustizia Universale, in particolare il giorno del giudizio Universale viene anche chiamato il giorno della Vendetta “Sappiamo tutti, fratelli miei, che saremo giudicati due volte: una volta, nel gran giorno della vendetta, cioè alla fine del mondo, in presenza di tutto l’universo. In questo giudizio, tutte le nostre azioni, sia buone che cattive, saranno manifestate agli occhi di tutti. Ma prima ancora di questo giorno terribile e infelice per i peccatori, noi subiremo un altro giudizio al momento della nostra morte, appena avremo esalato l’ultimo respiro”. (Omelie del santo curato d’Ars).
Ma la vendetta può essere giusta? Di questo parleremo la prossima volta, in cui tratteremo anche i diversi tipi di vendetta e i contesti in cui essa velatamente è presente.