L’uomo è un animale che crea artifici in un mondo nato come naturale. La vecchiaia è una delle tante naturalezze della vita, ma il mondo ha creato artificiali stereotipi per definirla, creando così la paura di invecchiare.
Mentre invecchiare è naturale, la paura di invecchiare non lo è, la paura di invecchiare è creata dagli stereotipi utilizzati dall’uomo per definire la vecchiaia. Ma perché l’uomo ha fatto questo?
I Parte
Il motivo per cui l’uomo crea stereotipi è un motivo funzionale legato a rendere la vita generalmente più facile, infatti gli stereotipi fanno sì che ciascun individuo possa prevedere le azioni dell’altro, riducendo quindi lo spreco di energie che altrimenti sarebbe causato da uno scenario sempre nuovo.
Quindi lo stereotipo di per sé è utile ma vi è un rovescio della medaglia, ovvero gli stereotipi creano la realtà, che viene quindi percepita come oggettiva e reale, e non sempre la realtà creata dagli stereotipi è una realtà comoda. Un esempio lo è proprio lo stereotipo dell’anziano. Ma perché si è creato uno stereotipo così negativo sull’anziano tanto da fomentare la paura di questo periodo?
Probabilmente vi sono dietro diversi fattori, tra cui possiamo menzionare quelli economici, come ad esempio un’ economia che punta sul consumismo dei più giovani e quindi che tende a voler dare di più a questi, così che possano spendere e far girare l’economia. Probabilmente questi stereotipi nascono anche come slogan dei giovani adulti per farsi largo tra i più vecchi. Non sembra troppo un caso ad esempio che sia la società a dirci quando siamo vecchi e che faccia essere questo momento uguale per tutti: allo scoccare dei 65 anni come per magia diventiamo vecchi!
La società dice che lo siamo e quindi ci sentiamo vecchi, ma vecchi come la società dice che lo si deve essere, ovvero deboli, malati, rimbambiti, con un piede nella fossa, senza valore, di peso agli altri, ecc. Insomma, con dei modi così brutti che la società ha di descrivere la vecchiaia, è ovvio che questa non possa che fare paura. Quindi per non aver ne bisogna abbattere gli stereotipi della società e di noi stessi sulla nostra vecchiaia, su quello che è o su quello che sarà.
E’ infatti ormai provato che quello che pensiamo sia la vecchiaia mentre siamo ancora giovani, è quello che poi avvereremo di questa. Se crediamo che essere vecchi vuol dire essere deboli e brutti, diverremo deboli e brutti, mentre se crederemo che la vecchiaia per noi potrà essere un’altra occasione per vivere questo magnifico viaggio che è la vita, così avvincente potrà essere la nostra vecchiaia.
E attenzione, perché non solo le nostre idee influenzeranno la nostra vecchiaia, ma anche quella dei più giovani. Infatti come trasmetteremo la vecchiaia ai nipoti creerà le loro idee su questo periodo, che poi si verificherà (non dimentichiamoci che noi stessi siamo stati nipoti); abbiamo dunque il potere di influenzare la vecchiaia dei nostri nipoti ancora bambini, sembra incredibile, ma il nostro pensiero quindi si proietterà nel futuro, nel loro futuro.
Un bambino cui il nonno trasmette una vecchiaia serena e senza paura, sarà un bambino che da vecchio sarà sereno e senza paura, mentre un bambino che riceve anche solo indirettamente un’ immagine di paura per la vecchiaia dai nonni a lui vicino, sarà un bambino che crescerà con la paura di invecchiare.
Ma sarà importante anche il comportamento dei genitori nei confronti dei nonni. Se un bambino vede i genitori comportarsi in un certo modo coi più vecchi, quando sarà egli stesso vecchio si aspetterà quegli stessi tipi di comportamento nei suoi confronti, quindi anche quello che avrà visto fare determinerà o meno la paura per la vecchiaia. E’ per questo che bisognerebbe già educare i giovanissimi alla cultura della senescenza, e si dovrebbe fare questo non solo a livello famigliare, ma anche culturale, quindi già i mass media dovrebbero correggere le interpretazioni che rimandano ai giovani sulla vecchiaia (nonché ai vecchi stessi sulla loro vecchiaia). Oltretutto rimandare una figura positiva sulla vecchiaia ai giovani non è solo in prospettiva che questi diventino degli anziani felici e non impauriti nel loro ruolo, ma è anche utile a tenere a bada la gioventù, in quanto svalutare gli anziani e quindi la loro saggezza e i loro consigli, può diventare per i giovani una scusa per agire male, cosa che potrebbe essere arginata insegnando appunto a questi il valore dell’anziano.
Lo stereotipo dell’anziano che viene tramandato ai più giovani e confermato dai più vecchi ha purtroppo creato una grande paura in questa figura e in questo divenire, che in realtà dovrebbe rappresentare il futuro e la speranza di tutti.
II Parte
Per eliminare la paura sulla vecchiaia cominciamo ad eliminare gli stereotipi su questa, partiamo cercando di capire cosa vuol dire esattamente il termine invecchiare.
Invecchiare esattamente vuol dire modificarsi in funzione del tempo. Come potete notare questo concetto in sè non ha nessuna caratteristica né di negatività né di positività.
Quando si parla di anzianità spesso viene legato questo termine al concetto di malattia, eppure vi sono anziani sani e anziani malati esattamente come vi sono giovani sani e giovani malati, e di questi ultimi ve ne sono moltissimi che lo sono cronicamente e a volte anche in modi parecchio invalidanti.
Ancora, quando si parla di anzianità addirittura si lega questa alla morte, ma in realtà di vecchiaia non si muore e non vi è una età limite, lo dimostra l’incredibile varietà di centenari vivi al mondo. Quello della vecchiaia come malattia che porta alla morte è uno stereotipo che ha origine nel secolo scorso, infatti agli inizi del 1900 le poche conoscenze mediche facevano sì che quando le persone morivano per cause ignote spesso veniva scritto sulle loro cartelle cliniche “morto di vecchiaia”, per nascondere la scarsa conoscenza medica di quei tempi; quindi questo stereotipo fu proprio creato dai giovani medici che non volevano ammettere la loro ignoranza in materia. Certo ci si può spegnere senza dolore e dolcemente, ma questo non vuol dire che si è morti di vecchiaia, vi è sempre qualcosa che non funziona prima della morte, un vecchio di 100 anni sano è inutile che abbia paura di morire: è sano!
Divenire vecchi vuol dire proprio aver sconfitto la morte, infatti la morte è uno degli eventi tipici della giovinezza non della senescenza, la maggior parte delle persone muoiono da giovani. Quindi in questa ottica va sfasato anche lo stereotipo di vecchio debole, in quanto in realtà colui che è vecchio di anni è una persona che ha avuto la forza di vincere la morte, evento tipico della gioventù.
L’anziano non è davvero debole, la maggior parte delle volte si sente tale perché crede di esserlo “sono debole perché sono vecchio” non è vero, ci si può mantenere in forma a qualsiasi età, un po’ meno forti è vero (in compenso aumentano altri valori), ma deboli è falso; vi è grande differenza tra meno forti e deboli, e purtroppo la maggior parte degli anziani si sente debole, esagerando, psicologicamente parlando, di molto il loro essere meno forti rispetto a prima. Facendo un esempio in numeri, se prima l’anziano aveva una forza pari a 110 e ora ce l’ha pari a 90, l’anziano sarà convinto di averla non più di 40, quindi avremo tanti pezzi da 90 che si muoveranno come pezzi da 40, e questo li porterà a diventare davvero tali.
E ancora quando si parla di anziani spesso si pensa a una tipologia di persone che non riesce più ad essere indipendente, in realtà non esiste persona al mondo totalmente indipendente: per mangiare abbiamo bisogno che il mattatore uccidi il bue e il macellaio prepari le fettine di filetto pronte da essere messe sul fuoco; per bere acqua potabile abbiamo bisogno che ci siano aziende che vadano alla fonte e ce la portino imbottigliata nei nostri supermercati; per poterci comprare quello che vogliamo abbiamo bisogno di qualcuno che abbia bisogno dei nostri servigi così da riceverne denaro da poter spendere. Quindi siamo tutti dipendenti l’un dall’altro e non esiste persona completamente indipendente, questo ovviamente perché non si può saper fare tutto.
Quindi dallo stereotipo dell’anziano come persona malaticcia, vicina alla morte, debole e dipendente, siamo arrivati a capire che l’anziano è una persona come tutte le altre, che può ammalarsi come può non ammalarsi, che dipende dagli altri come tutti quanti, che non è vicino alla sua morte come invece rischia di esserlo il giovane, e che la sua debolezza assomiglia più a una pigrizia.
A questo punto sicuramente ci sarà qualche contestazione, qualcuno potrà dire “il senso della malattia per un anziano è peggiore del senso che ha per un giovane, perché nell’anziano si perde la speranza di guarire” io posso rispondere a questo punto che moltissimi giovani perdono la speranza di guarire, così come moltissimi vecchi sono pronti alla guarigione, anzi spesso a non permettere al vecchio di guarire è proprio la sua convinzione di non poterlo fare, convinzione passatagli proprio dallo stereotipo sull’anziano.
Ancora si potrebbe contestare “i giovani dipendono tra loro, mentre l’anziano dipende dagli altri e nessuno dipende da lui” Qui ho molte cose da dire, tralasciando che la maggior parte dei senescenti non dipende più di quanto un giovane dipenda dal suo macellaio per mangiare, la prima osservazione che andrebbe fatta è che nel momento in cui questo giovane dipenda dal macellaio per la carne che vuole mangiare, il macellaio non per forza dipenderà da lui per qualche altro servizio, quindi non è una reale dipendenza reciproca, ma semplicemente un “ognuno dipende da qualcuno per qualcosa”. Inoltre non vi è motivo per cui, se io dipendo da qualcuno, debba volere che qualcun altro dipenda da me, del resto siamo tutti stati bambini e dipendevamo dagli adulti senza che nessuno dipendesse da noi, questo però non ci rendeva delle persone peggiori.
Inoltre non dimentichiamoci che in realtà ci sarà sempre qualcuno che potrà dipendere da noi, siano essi ancora i figli nel ricevere il nostro affetto, i nipoti per staccarsi dall’occhio severo dei genitori, il cane per ricevere la pappa o una pianta per ricevere l’acqua o anche solo la ragazza alla pari che dipende da noi per lavorare.
Un’ altra contestazione che mi aspetto su questo argomento è “si ma la vecchiaia è vicina alla morte”, a parte che la morte sembra essere molto più materia di gioventù che di vecchiaia, mi chiedo per vicina cosa si intenda visto che per certo attualmente si può arrivare a vivere almeno fino a 125 anni e chi sa nel futuro cosa ci aspetta, quindi credo sia giusto sostenere che neanche una persona di 100 anni può essere così convinta che la morte sia vicina.
Un’ ultima contestazione su questo argomento mi immagino sia “i giovani muoiono più dei vecchi ma non è detto che muoiano tutti” sarei ben lieta di pensare che fosse vero, ma purtroppo in realtà non esistono gli immortali, la vera cosa che ci dovrebbe far riflettere in questo caso è quando diciamo giovane e quando diciamo vecchio in realtà rispetto a cosa lo intendiamo? Davanti alla morte siamo tutti giovani.
Ma la morte è un pensiero che non ci riguarda perché questa non riguarda la vita, e tornando alla vita penso che ormai sia chiaro che i vecchi stereotipi sulla vecchiaia si debbano ormai sostituire con un’affermazione del tipo: la vecchiaia è la cosa migliore che possa capitare ad un uomo.
Diceva Epicuro: “Non dobbiamo stimare come più felice il giovane, ma il vecchio che ha vissuto bene. Perché il giovane nella pienezza delle sue forze è spesso confuso e sviato dal vento della fortuna; ma il vecchio che si è ancorato nella vecchiaia come in un porto, tiene ormai saldi nella sicura custodia della gratitudine i beni che prima aveva scarsa fiducia di ottenere”. Ecco che la vecchiaia fa meno paura!