La soppressione del parco catanese della Valle dell’Aci potrebbe aprire la strada a interventi di lottizzazione che mettono a rischio la sopravvivenza di quelle ricchezze naturali, paesaggistiche e archeologiche immortalate nei leggendari racconti che hanno fatto di questo lembo di Sicilia la “terra del mito”.
A metà febbraio ha destato grande scalpore la notizia data dal dirigente generale dei Beni Culturali Sergio Gelardi della soppressione dei quattro parchi archeologici di Catania e provincia, su decisione di Vera Greco sovrintendente della città. Il provvedimento ha suscitato dubbi e preoccupazione in quanto uno degli obiettivi principali del parco archeologico è la tutela del territorio dalla speculazione edilizia. Sarebbero proprio i nuovi piani di lottizzazione a minacciare oggi le aree di Casalotto e di Santa Venera al Pozzo (nel Comune di Acicatena) e della Gazzena (nel Comune di Acireale) incluse, in virtù del loro grande interesse archeologico e naturalistico, in quello che sarebbe dovuto essere il Parco della Valle dell’Aci oggi a rischio soppressione. Eppure Gelardi, all’indomani della sua decisione, aveva rassicurato tutti affermando che il territorio è tutelato da rischi di speculazione attraverso alcuni vincoli. Peccato che quello posto a protezione dell’area in esame sia scaduto da un po’ di tempo. È Carmelo Di Stefano, direttore del Parco della Valle dell’Aci, a spiegare che si tratta di un tipo di vincolo di “immodificabilità assoluta temporaneo” utile cioè per l’immediatezza della sua applicazione ma non definitivo: è rinnovabile infatti per un numero limitato di anni trascorsi i quali si dovrebbe provvedere all’approvazione del piano territoriale paesistico. Purtroppo quello per l’intera provincia di Catania, comprendente l’area in questione, è stato avviato anni fa ma non è mai arrivato a conclusione. Di fatto non c’è. Così come non esiste il Parco, “proposto ma mai approvato”, c’è solo un servizio parco istituito dalla soprintendenza ennea. “Sancire il Parco è fondamentale” spiega il direttore “in quanto dichiara l’interesse archeologico dell’area e rende immodificabile il territorio”. Di Stefano spiega che non c’è nulla di ufficiale circa l’approvazione di piani di lottizzazione, ma si sa che “è in atto un movimento per approvarli”. Unica certezza è l’alto potenziale, sia archeologico che naturalistico, della zona e la difficoltà di operarvi data la forte urbanizzazione che ha letteralmente “massacrato” il territorio. Si tenga presente che molte di queste zone non sono ancora state sottoposte ad approfonditi scavi archeologici e che il loro potenziale è stimato soprattutto da quanto è visibile in superficie. In passato l’allora dirigente Maria Grazia Branciforti è riuscita ad espropriare alcuni terreni privati, ora demaniali, nell’area di Santa Venera al Pozzo. Proprio per quest’area però si parla di una “imminente lottizzazione, smentita dal dirigente dell’Urbanistica di Acicatena Mauro Sorbello ma confermata dalla sovrintendente”, come ha riportato La Sicilia in un articolo del 5 marzo scorso. Per quanto riguarda la collina di Casalotto, famosa per la torre che fa parte del sistema di fortificazioni cinquecentesco lungo la costa nota per accogliere la via dei mulini ad acqua medievali, Di Stefano spiega che la Soprintendenza di Catania ha avviato la procedura per apporre sul monumento di Casalotto il vincolo n.1089/39. Si tratta di un vincolo definitivo che permette di ritenere “salvo” soltanto l’edificio. La zona circostante però chi la protegge?
Il piano di lottizzazione Gurne
A preoccupare è soprattutto il piano di lottizzazione presentato da privati, denominato Gurne, che prevede un insediamento residenziale di oltre 9000 metri quadrati sul promontorio di Capo Mulini, fra l’abitato e il complesso turistico della perla Jonica. Gaetano Lombardi, assessore all’Urbanistica del Comune di Acireale, di cui Capo Mulini fa parte, e Salvatore Pulvirenti, dirigente capo settore, hanno affermato che il piano non è ancora stato approvato. “È un piano” tiene a precisare Pulvirenti “che rispetta quanto stabilito nella perimetrazione che abbiamo concordato con la Soprintendenza di Catania un anno fa, in quanto riguarda solo la zona C e cioè quella in cui le attività urbanistiche non sono bloccate, ma sono poste sotto il controllo della Soprintendenza che deve dare il via libera. Sono le zona A e B quelle dove non è possibile edificare”. A mancare all’iter di approvazione del piano Gurne è proprio il parere della Soprintendenza. Il capo settore placa gli allarmismi circa la possibilità di un’edilizia selvaggia ai danni della zona chiarendo che si tratta dell’unico nuovo piano di lottizzazione presentato dal Comune. Aggiunge che lo strumento urbanistico ha già previsto la tutela del Monte Gazzena e il Parco della Valle delle Aci protegge le zone di Capo Mulini e parte della Gazzena. La restante area della Gazzena rientra già nel parco naturale della Timpa. In realtà, se il Monte Gazzena è fuori pericolo in quanto zona agricola, va ricordato che il Parco delle Aci ancora non è stato approvato e che quindi non esiste alcun vincolo che vieti l’edificabilità nelle aree intorno al Monte Gazzena, quelle dove si potrebbe, e forse vorrebbe, costruire. Già un anno fa il presidente di Legambiente Catania, Renato De Pietro, aveva chiesto che il piano Gurne fosse rivisto tenendo conto della nuova perimetrazione avviata da Soprintendenza e Comune, dal momento che il piano sembrerebbe intaccare in parte la zona B contravvenendo al nuovo regolamento che vieta in questa zona la costruzione di nuovi edifici.
L’economia dei parchi
I parchi in Sicilia sono stati istituiti (L.R. 20/2000) nel 2010 dall’allora dirigente dei beni culturali Gesualdo Campo. L’attuale responsabile, Sergio Gelardi, contesta questa istituzione, perché non avrebbe rispettato la procedura prevista dalla normativa vigente, e critica il fatto che mentre dei 26 parchi previsti ne sono stati creati solo due, Naxos e Imera, al contrario il numero degli uffici archeologici è aumentato considerevolmente sebbene, normalmente, prima dovrebbe essere istituito il parco e poi gli uffici relativi. Da qui la necessità di fare il punto della situazione e la decisione della soprintendente Vera Greco di sopprimere i parchi etnei per affidare la gestione dei siti in questione direttamente alla Soprintendenza, scelta ritenuta di maggiore convenienza economica.
“Non è vero che le spese diminuiranno sopprimendo i Parchi”, sostiene invece il direttore del Parco della Valle dell’Aci, Carmelo Di Stefano, “perché i costi di manutenzione, luce e gas saranno sempre gli stessi così come gli stipendi dei funzionari che oggi lavorano negli uffici del Parco in quanto dipendenti regionali e un domani saranno riassegnati alle sovrintendenze”. Il Parco non è un costo per l’amministrazione in quanto ha un suo bilancio, sottolinea Di Stefano. Basti pensare che “nel 2012 il parco archeologico di Catania ha incassato oltre 110.000 euro contro i quasi 3.000 avuti dalla Regione per la sua gestione e manutenzione, mentre negli anni precedenti l’incasso era di pochi spiccioli”.
Il Parco della valle dell’Aci
Per quanto riguarda il Parco della Valle dell’Aci, la procedura per la sua istituzione è stata fatta un anno fa in concerto tra Soprintendenza e Comune di Acireale, interessato quest’ultimo a fare escludere dalla perimetrazione le aree già urbanizzate o in fase di urbanizzazione, proprio a seguito della delibera dell’8 febbraio 2012 del Dirigente dell’Urbanistica volta all’approvazione del piano di lottizzazione Gurne. A capo della Soprintendenza stava già colei che oggi questo stesso parco lo vuole sopprimere: Vera Greco. Si è arrivati all’individuazione di tre zone: la zona A “di grande interesse archeologico” protetta con vincolo, la zona B “di rispetto” di metri 200 intorno alla zona A e in cui vige il regime di immodificabilità assoluta, la zona C di “interesse archeologico/paesaggistico” in cui si può operare urbanisticamente ma previa nulla osta della Soprintendenza. A marzo Cartografia e Regolamento sono stati inviati a Palermo, al Dipartimento di Urbanistica. L’iter sarebbe dovuto continuare con l’emanazione, da parte del responsabile dei Beni culturali, di un decreto di approvazione della nuova perimetrazione e la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di Sicilia. E invece la macchina burocratica si è bloccata.
La Terra del mito
In quest’area sono ambientate alcune delle più poetiche leggende dell’antichità. Nella striscia di costa jonica contrassegnata dai Faraglioni di Acitrezza si svolge la vicenda passionale della bella ninfa Galatea, figlia del dio marino Nereo, e del suo innamorato, il mite pastorello Aci. Secondo l’antico racconto, il rozzo ciclope Polifemo, invaghitosi della ninfa, schiacciò il rivale sotto un macigno e gli Dei, impietositi dallo strazio di Galatea, trasformarono il sangue del pastorello in un fiume che trova pace nel mare dove l’attende l’abbraccio affettuoso dell’innamorata. Un mito che attraverso la poesia ha ammantato e donato l’immortalità a tre elementi simbolo di questa zona: la furia dell’Etna (il violento Polifemo), il mare (la candida Galatea) e, infine, il fiume Aci (il pastorello innamorato).
Il territorio ha inoltre una grande valenza naturalistica e paesaggistica dato che, grazie al vincolo di immodificabilità di cui ha goduto, si è trasformato in un luogo di rifugio e di transito di diversi esemplari di avifauna. Aspetti di unicità sono riscontrabili sia dal punto di vista botanico che geomorfologico, basti pensare al litorale lavico. Anche dal punto di vista archeologico l’interesse è importante. Capo Mulini sorge su un promontorio ritenuto sin dall’antichità strategico perchè permette di tenere sotto controllo il mare che va dalla Calabria a Siracusa. Qui infatti sorge torre S Anna, oggi faro, in origine postazione di guardia del XVI secolo. Nella zona circostante l’abitato è stato rinvenuto un insediamento tardo antico con stati di crollo datati all’età bizantina.
Poco distante ci sono i resti di un tempio di età ellenistico romana, interpretato da Tortorici come un ninfeo successivamente trasformato in edificio. Sempre qui è stata rinvenuta una testa marmorea di Cesare. Tra Capo Mulini e il monte Gazzena affiorano in superficie frammenti ceramici acromi mentre sulla sommità dell’altura sono stati rinvenuti frammenti ceramici di età greca. La collina di Casalotto accoglie invece i resti della via dei mulini ad acqua medievali. Il sito di maggior importanza archeologica è sicuramente Santa Venera al Pozzo, baricentro del Parco. L’area, un terreno demaniale di circa 9 ettari, è ricca di sorgenti e corsi d’acqua, motivo per cui fu abitata sin da tempi molto antichi e vi furono costruite strutture connesse al suo sfruttamento. Il sito oggi è famoso per la sorgente d’acqua sulfurea, forse scoperta dai greci, che si origina dal vulcano Etna e alimenta le moderne terme di Acireale. Sono stati rinvenuti i resti di un impianto termale di epoca romana, un sistema di ambienti forse di origine greca successivamente trasformato dai romani in impianto industriale con la costruzione di fornaci per laterizi e vasellame, infine la piccola chiesa dedicata a Santa Venera. Connesso alla chiesa c’era un ospedale, con funzione curativa e che sfruttava gli effetti terapeutici dell’acqua, ed un pozzo. Davanti la chiesa sono state ritrovate statuette fittili legate ad un precedente culto di Demetra e Kore, divinità protettrici dell’agricoltura e della terra. Secondo la tradizione, durante le persecuzioni romane contro i cristiani in questo luogo fu decapitata santa Venera e la sua testa fu gettata dai soldati nel pozzo delle acque termali, ritenuto per questo miracoloso nel Medioevo. Alla Santa venne eretta una piccola chiesa che nel tempo subì diversi rifacimenti e la sua ricostruzione presumibilmente sullo stesso sito nel 1620. E ancora, sono state rinvenute canalizzazioni connesse all’uso di mulini databili al XIV secolo. Dalla metà del 1400 agli inizi del 1600 il sito venne scelto per ospitare una fiera a cui partecipavano mercanti provenienti da tutta l’Italia meridionale. Nonostante l’intensa urbanizzazione circostante, Santa Venera si mostra un’isola felice dove flora e fauna si sono appropriate degli spazi. L’importanza di aree archeologiche come quelle in esame, è dato sia dal valore storico artistico sia dal fatto di preservare al loro interno aree verdi che, miracolosamente salvatesi dalla cementificazione, sono diventate rifugio di animali e piante.
Le decisioni del neoassessore regionale
È chiaro che per bloccare lo scempio ambientale che potrebbe essere provocato dalla realizzazione di simili piani di lottizzazione è necessario vincolare immediatamente l’area o portare a compimento l’istituzione del parco della Valle dell’Aci. A tal fine la Soprintendenza di Catania ha proposto all’Assessorato regionale dei Beni Culturali un provvedimento di vincolo di temporanea immodificabilità, valido cioè per 2 anni, inerente varie zone tra cui quella in esame. La speranza di chi ha a cuore le meraviglie naturalistiche e archeologiche che il territorio siciliano conserva è riposta nella nomina dell’archeologa Maria Rita Sgarlata quale nuovo assessore ai Beni Culturali della Regione. “Ci si augura che un’archeologa abbia grande interesse e cura per il patrimonio archeologico”. Ed è a lei che il circolo acese del Partito Democratico ha ufficialmente chiesto di favorire l’istituzione del Parco della Valle delle Aci. Ciò in conformità alle nuove linee guida nazionali per i parchi archeologici adottate con decreto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (18 aprile 2012). “Il parco archeologico e paesaggistico, comprendendo anche aree di interesse architettonico, storico e naturalistico-ambientale, può assumere anche la valenza di parco naturalistico e di corridoio ecologico nel quale individuare percorsi ed itinerari che permettano la fruizione di tutti gli ambiti interessati». Qualcosa si sta muovendo. Il 22 aprile Sgarlata ha firmato i Decreti Assessoriali che dispongono il vincolo proposto dalla Soprintendenza di Catania, riprendendo perimetrazioni di precedenti provvedimenti e comprensive dell’area del Monte Gazzena. I Decreti sono in corso di pubblicazione sulla GURS, dove sono attesi per metà maggio. Inoltre, la decisione del neo assessore di firmare, lo scorso 19 aprile, i decreti di istituzione del parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa e del parco archeologico di Segesta, sembrerebbe indicare una volontà di conferma dei parchi siciliani. La speranza è che l’assessore confermi i quattro parchi di Catania, contro la cui soppressione si è espressa anche la Commissione cultura della regione, affinché possa essere finalmente istituito il Parco della Valle delle Aci.
(13./ Continua. In allegato le puntate precedenti)