E’ il 22 febbraio del 1980 quando tre ragazzi armati, con il volto coperto, entrano nella casa di via Montebianco 114, a Roma, dove abita Valerio Verbano con la sua famiglia.
Valerio, 18 anni, militante del comitato di Lotta Valmelaina, gruppo considerato emanazione di Autonomia Operaia, non è ancora tornato a casa dalla scuola, il liceo scientifico Archimede.
Sono circa le 13.
I tre ragazzi dicono ai genitori, Carla Zappelli e Sardo Verbano, di essere amici di Valerio, poi però li legano e li imbavagliano. Mentre attendono l’arrivo del giovane rovistano nella stanza di Valerio. Passano circa 50 minuti prima che il giovane rientri a casa. Cinquanta minuti interminabili. Quando Valerio apre la porta di casa si trova davanti i tre ragazzi, c’è una colluttazione poi un colpo di pistola. Il proiettile gli entra nella spalla sinistra e gli recide l’aorta. Il giovane muore prima dell’arrivo dei vicini che sentito lo sparo raggiungono l’appartamento. Lì trovano i genitori legati. Nella concitazione della fuga i tre ragazzi lasciano un paio di occhiali da sole, un guinzaglio per cani e una pistola. Per terra viene poi trovato un bottone. Le indagini partono dalla testimonianza di un vicino, che dice di aver visto i tre ragazzi. Grazie alla sua testimonianza si ricostruisce un identikit. L’uomo aggiunge di aver visto il giorno prima quei tre parlare con Valerio. Versione in seguito ritrattata dallo stesso vicino che si scusa con il padre di Valerio. ”Ho un figlio di 15 anni”, gli dice al telefono.
L’omicidio viene rivendicato più volte da diversi gruppi, tra cui il Gruppo Proletario Rivoluzionario e i Nar. Quella che più convince gli inquirenti, anche se smentita più volte dai Nar, è la seconda rivendicazione. Al telefono qualcuno riferisce un dettaglio che non era ancora stato reso noto: Valerio è stato ucciso con una calibro 38. Anche la prima telefonata, in cui viene riferito che Valerio Verbano sarebbe stato ucciso perché accusato di essere una spia della polizia, viene smentita il giorno successivo dal Gruppo Proletario Rivoluzionario.
Oltre alle diverse rivendicazioni, sono in molti, tra cui anche alcuni pentiti, a raccontare le loro verità sull’omicidio, ma nessuna di queste trova riscontri e il caso rimane irrisolto.