In Italia è vietata la cosiddetta “surrogazione eterologa”, più comunemente definita “utero in affitto”, ma in molti Stati esteri, la pratica è considerata legittima e non è difficile per i genitori italiani che non possono avere figli, dichiarare all’estero il bambino come proprio, rientrando in Italia e trascrivendo la nascita negli archivi dello Stato Civile.
La questione è viceversa del tutto diversa allorché l’incarico ad una donna disponibile a portare avanti la gravidanza, venga attribuito da una coppia omosessuale.
Pur dopo la decisione della Consulta la quale, con la sentenza n.162/14, ha dichiarato incostituzionale il divieto della fecondazione eterologa, non è ammesso il riconoscimento di un bambino, ove manchino totalmente legami biologici con “i genitori committenti”, divenendo in questo caso il nascituro sottoposto alla pronuncia di adottabilità.
Recenti decisioni hanno invece ammesso l’iscrizione all’anagrafe italiana di un bambino, come figlio proprio, allorché questi possegga almeno il 50% del patrimonio biologico di uno dei genitori.
La questione diventa delicatissima allorché la procedura “dell’utero in affitto” venga utilizzata da coppie gay che sono costrette a rivolgersi agli Stati Uniti o al Canada (Stati nei quali le donne disponibili richiedono cifre superiori ai 100.00000 euro) tenuto conto che in Gran Bretagna la procedura è ammissibile solo se sussista una precedente residenza.
È estremamente difficile infatti per le coppie gay rivolgersi a donne russe, ucraine o indiane, a cifre ben più modeste ed anzi irrisorie, in quanto in tali Stati semplicemente non sono ritenuti legittimi i rapporti omosessuali.
LE RAGAZZE DISPONIBILI ED IL PREZZO DA PAGARE
Senza dubbio la tendenza è quella di legittimare nei vari Stati l’utilizzazione della maternità surrogata, in genere in quei casi nei quali la coppia eterosessuale non possa avere figli per ragioni mediche o per altre serie problematiche ed anche in Italia, pur se vietata formalmente, in realtà è ravvisabile una sensibile apertura, (ricordiamo di recente la sentenza del Tribunale di Milano del 24/03/2015 con la quale è stata prosciolta una coppia eterosessuale per aver trascritto l’atto di nascita di due gemelli nati in Ucraina grazie ad un contratto di maternità surrogata allorché però il 50% del patrimonio genetico apparteneva effettivamente al padre).
Tuttavia non può sottacersi l’aspetto sgradevolmente economico del negozio giuridico, apparendo assolutamente fuor di luogo e ben poco condivisibili le affermazioni secondo cui le giovani donne disponibili alla maternità lo farebbero per un atto d’amore o per comprensione delle esigenze delle altre coppie.
La realtà è ben altra e va detta a chiare lettere.
Sussiste un preciso tariffario ed un giro di affari enorme.
Soltanto negli USA ci sono oltre 400 cliniche per la procreazione assistita e si possono scegliere gli spermatozoi secondo le caratteristiche genetiche dichiarate, le caratteristiche del donatore e simili.
Quanto agli ovuli, questi vengono di norma venduti dalle studentesse per circa 7mila euro o più.
Il costo di un utero in affitto degli Stati Uniti, e cioè il prezzo di una donna disponibile alla gravidanza conto/terzi, oscilla tra i 100mila e i 150mila euro e permette all’interessata di potersi acquistare un piccolo appartamento, al quale diversamente non potrebbe accedere.
Tutt’altra è la situazione nei paesi poveri, laddove una ragazza dell’Est Europeo o peggio dell’India è disponibile ad accettare il seme e l’ovulo altrui per un prezzo anche inferiore a 20mila euro, compreso il compenso dei mediatori, degli avvocati e della clinica ed ancora meno se si va in Brasile.
Dunque, al di là della legittimità o meno della procedura, che comunque, si ripete, tende ad essere legalizzata nei vari Stati, quanto meno per le coppie eterosessuali, appare senza dubbio una forma di ipocrisia far passare la disponibilità di una giovane ragazza bisognosa come un atto d’amore e non viceversa come una forma mercantile di cessione del proprio corpo.
Tenendo anche conto che nel portare avanti una gravidanza, sussistono comunque dei rischi o delle conseguenze anche per le ragazze disponibili in tal senso e senza contare il trauma psichico nel cedere il proprio bambino a terzi, dietro pagamento della “prestazione”.
LA QUESTIONE DEGLI OMOSESSUALI
Va innanzitutto chiarito che nessun dubbio sussiste sul diritto di una coppia omosessuale a legalizzare il proprio rapporto ed appare giuridicamente condivisibile anche l’orientamento di alcuni Tribunali dei Minori ed ordinari che pronunciano l’affidamento ed il collocamento del bambino presso la madre biologica anche se unita in un rapporto omosessuali con altra donna.
Così come appare condivisibile l’opinione di coloro che ritengono legittima la step-adoption, cioè l’adozione da parte dell’altra convivente del figlio naturale di una delle due, purchè via sia l’autorizzazione del giudice, per inaffidabilità, pericolosità o semplicemente per l’inesistenza del padre biologico.
Tutt’altro è di contro il discorso circa l’ammissibilità dell’acquisizione di figli da parte di una coppia omosessuale utilizzando il sistema della maternità surrogata e cioè tramite la collaborazione di una donna disponibile a portare avanti la gravidanza, consegnando il nascituro ai due gay.
In Italia tale pratica è formalmente vietata; tuttavia, la possibilità che coppie gay acquisiscano un figlio mediante il sistema della maternità surrogata è ammesso in molti altri paesi.
Ciò anche se l’opinione pubblica italiana, in modo trasversale tra i vari orientamenti politici, pur favorevole alle unioni civili, (obblighi vicendevoli di assistenza, collaborazione economica, diritti di successione, etc.) è fortemente contraria alla possibilità della maternità surrogata da parte di coppie omosessuali (quasi l’80% di contrari secondo le rilevazioni statistiche in Italia).
Per aggirare tale divieto (la maggioranza è soprattutto contraria alle adozioni o “all’acquisto di bambini” da coppie omosessuali maschili), gli interessati ricorrono al mercato americano e cioè fanno concepire il bambino ad una donna americana o canadese, mediante gli spermatozoi di uno dei due componenti della coppia omosessuale.
Al momento della nascita per gli Stati Uniti il bambino appare figlio di entrambi e per la legislazione italiana figlio soltanto del padre.
La questione non è di poco conto ed al di là dei profili giuridici, resta una grandissima perplessità ed opposizione nei contrari, laddove, mentre legittimamente ciascuno di noi può scegliere il proprio compagno o la propria compagna, anche in un ambito di omosessualità, tutt’altro è il discorso allorché al bambino venga sottratta, in un modo che viene percepito assolutamente ingiusto, qualsiasi facoltà di scelta.
Alla nascita, questi viene tolto alla madre e si trova catapultato all’interno di una unione non naturale, e cioè nell’ambito di una coppia omosessuale, non per propria volontà, ma per desiderio ed egoismo dei genitori.
Non crediamo che un bambino, se potesse scegliere, come ritiene la maggioranza degli italiani, preferirebbe una coppia omosessuale, rispetto ad una eterosessuale, soprattutto allorché questa sia composta da due uomini soltanto, privando il bambino del diritto di avere una madre, figura ritenuta, ormai unanimemente, essenziale per la crescita di ciascun piccolo ed in sostanza rendendo artatamente e innaturalmente un bambino orfano di madre.
Le vignette su internet mostrano l’alzata di scudi della maggioranza contro tale possibilità, (una bambina anziché cercare negli album fotografici le proprie origini tramite le foto dei propri nonni, ricerca tra le fatture di pagamento ed in un’altra vignetta, un bambino da poco nato, imbronciato per la mancanza di una mammella a cui attaccarsi, si chiede perchè mai debba aspettare il diciottesimo anno di età per querelare i genitori omosessuali per il danno provocatogli).
L’ADOZIONE DA PARTE DI COPPIE OMOSESSUALI
Un cenno infine va fatto per la questione connessa della possibilità di adottare un bambino da parte di coppie omosessuali.
La percentuale in Italia di contrari è sempre elevata, ma leggermente più bassa dei contrari all’utero in affitto (il 71% contrari secondo i dati ISPES 2016) tuttavia in Europa la pensano diversamente.
Infatti in Austria, Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi ed Islanda, sia pure relativamente da pochi anni, è ammesso che una coppia omosessuale possa procedere alla domanda di adozione.
Singolare, fuori dall’Europa, la posizione di Israele che ammette l’adozione solo da parte di coppie omosessuali di sesso femminile.