La sentenza della Terza sezione civile della Cassazione ha accolto il ricorso di Luisa Davanzali, erede di Aldo, proprietario della compagnia aerea Itavia fallita sei mesi dopo il disastro di Ustica.
La corte di appello di Roma aveva respinto la richiesta di risarcimento danni allo Stato avanzata dagli eredi ma oggi la Cassazione ha messo nero su bianco che i giudici di appello avevano sbagliato ad escludere l’eventuale efficacia di quella attività di depistaggio e di conseguenza l’effetto di questo sul dissesto della compagnia.
La tesi del missile sparato da un aereo ignoto, scrivono i giudici di piazza Cavour, quale causa dell’abbattimento del DC9 Itavia, caduto al largo di Ustica il 27 giugno 1980, risulta ormai consacrata anche nella giurisprudenza della Cassazione. Dal momento quindi che è accertato il depistaggio da parte di ufficiali dell’Aeronautica diventa anche “irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro e questo nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai ministeri della Difesa e dei Trasporti, risulti ormai consacrata pure nella giurisprudenza di questa Corte”.
Il Dc-9 ITigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870, scomparve dagli schermi radar del centro di controllo aereo di Roma alle 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980. L’aereo era precipitato nel mar Tirreno tra le isole di Ponza e Ustica; 81 le vittime, 77 passeggeri di cui 11 bambini e 4 membri dell’equipaggio.
Il volo era partito in ritardo, alle 20.08 anziché alle 18.30 ed era atteso a Palermo Punta Raisi alle 21.13. Alle 20.56 il comandante Domenico Gatti aveva parlato con “Roma Controllo” e il volo procedeva regolarmente. L’aereo era nel raggio d’azione dei radar di Ciampino, Licola e Marsala.
Alle 21.21 Marsala avvisò del mancato arrivo dell’aereo al centro della Difesa aerea di Martinafranca; alle 21.55 decollarono i primi elicotteri per le ricerche.
Alle 7.05 del 28 giugno vennero avvistati i resti del Dc9, le operazioni di ricerca proseguirono fino al 30 giugno e vennero recuperati i corpi di 39 degli 81 passeggeri, più alcuni relitti dell’aereo e qualche bagaglio.
Con la sentenza di oggi i ministeri coinvolti torneranno ad essere processati.
“Siamo solo all’inizio – ha dichiarato l’avvocato della famiglia Davanzali, Mario Scaloni – ora la verità dovrà venire fuori, si scoprirà chi ha compiuto la strage e chi l’ha scoperta”.
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