La tv è una scatola magica: consente infatti la tele-visione, la visione a distanza di immagini, distanti sia sull’asse dello spazio che del tempo. Siamo fortunati ad aver inventato la televisione, grazie ad essa e a differenza di chi ci ha preceduto abbiamo la possibilità di vedere ciò che è stato, viverlo con buona parte dell’energia che lo ha generato.
Perché quell’evento è stato ri-preso, catturato per sempre. Per questo le immagini di repertorio hanno un fascino enorme. Fino a quando l’umanità non inventerà la macchina del tempo è questo il nostro unico worm-hole, la nostra finestra sui fatti del passato.
Forse è per questo che non abbiamo memoria? Naaa, troppo filosofico. Resta il fatto che con le “teche” si possono fare tante cose. Le audio-video-teche sono la nostra biblioteca di Alessandria e con il loro preziosissimo materiale si possono fare i “tappeti” ovvero quei supporti di immagini grazie ai quali se stai vedendo nel pomeriggio del 2013 Gigliola Cinquetti discettare della sua esperienza a Sanremo puoi contemporaneamente “vedere” la Gigliola Cinquetti del 1964 cantare o addirittura sentirla se invece la Cinquetti stessa è ospite d’onore della puntata e allora si è preparato un filmato apposito dove la giovane Gigliola allietava con la sua voce il pubblico del festival. Le immagini sono vive, le immagini raccontano e possono raccontare un giorno in particolare. Abbiamo talmente tante immagini che possiamo ricostruire un intero giorno e riviverlo attraverso di esse.
E’ questa la bella idea di “E’ uno di quei giorni che”, un programma di Raitre che va in onda in seconda serata, alle 23 circa di venerdì. Ho rivissuto l’11 luglio del 1982. Dov’ero l’11 luglio di 31 anni fa? Ero in Sardegna, in vacanza con i miei genitori, me lo ricordo bene: ero a Budoni dove nell’82 non c’era praticamente nulla se non un mare splendido e incontaminato e un albergo dignitoso, gradevole, con uno scivolo dove le vespe ci facevano il nido e per salirci su rischiavi prima una terribile puntura e poi un’ustione di primo grado alle chiappe per il metallo rovente. Erano le vacanze avventurose di un dodicenne in piena astinenza televisiva. Ricordate anche voi l’effetto che faceva rivedere lo schermo di casa quando tornavate dalle vacanze dove avevate perso la vista su quegli apparecchi (di solito il Brionvega rosso o sottomarche simili) da 17 pollici? Sembrava di avere il cinema in casa: uno spettacolo.
Le immagini fanno questo effetto ti consentono di accedere immediatamente a “cluster” di memoria che pensavi non fossero più recuperabili. Ma torniamo a quell’11 luglio del 1982 perché quel giorno avremmo vinto mondiali di calcio in Spagna ed è questo il giorno scelto dagli autori: Francesco Valitutti e Massimo Bernardini, Mario Lavezzi, Francesco Linguiti. Valitutti ha una vera passione per la memoria sia essa audiovisiva o materiale. Colleziona vinili, giochi d’epoca, memorabilia e la competenza è il suo tratto distintivo, la sua sensibilità è un valore aggiunto nei programmi che firma: dai “migliori anni” a varie edizioni di “Sanremo” passando per “Sfide” e “Porta a porta”. Anche stavolta l’intuizione è davvero valida, ma non posso dire altrettanto in termini di ritmo della conduzione e degli accadimenti in studio. Massimo Bernardini è molto a suo agio nel moderare il suo Tv talk ma come anchor di un programma diverso si arrotola più volte e incespica in quel suo moralismo che può andar bene nel gestire il commento dei programmi andati in onda durante la settimana, non altrettanto nel commentare “Mork & Mindy” telefilm in programmazione su Raidue in attesa della partita. A Bernardì, con tutto il poco rispetto, ma “chissei” (con due esse) per bollare la conduttrice Federica Gentile che fa il gesto con la mano “Nano Nano” con la frase “questi sono i ragazzini dell’82… noi eravamo al concerto dei Rolling Stones” (capirai, c’era andato per il giornale “Avvenire” ovviamente mostrato col suo articolo dell’epoca) e continuare in una misera pantomima scandendo “Mork e Mindy” come fosse un elemento chimico di difficile pronuncia e ribattere ancora, quando gli viene fatto notare che vi recitava Robin Williams, “ognuno ha avuto i suoi inizi tragici”. Ecco! Basta una frase come questa per vanificare un bel programma. Quando ho studiato, ovviamente male, Marketing all’università il professore citava il grande guru Philip Kotler, (colui che ha dato dignità scientifica al marketing) dicendo: il tempo che un consumatore impiega per scegliere un prodotto piuttosto che un altro varia tra i 5 e i 7 secondi… è in questo lasso di tempo che vi giocate il successo o il fallimento del vostro prodotto. Il marketing serve ad orientare la scelta in quei 5-7 secondi. Se poi qualche minuto dopo, citando i film in programmazione in quel periodo, il Bernardini rifà la stessa scenetta da “adulto un po’ snob, infastidito o comunque annoiato dalle espressioni di cultura bassa e popolare” e spala merda su “Paradise” dicendo “so che ci infliggerai la visione” alludendo all’angelica Phoebe Cates che canta la canzone portante del film capisci che il programma è ostaggio di un’anziana malmostosità che poco si coniuga con la bellezza e l’emozione offerta dai filmati. Che, ripeto sono davvero la colonna portante. Vedere il Papa (Giovanni Paolo II) che benedice i giocatori del mondiale davanti ad una folla oceanica con quei colori così belli e quella grana dell’immagine che solo la pellicola sa restituire è stato davvero emozionante. Meno, vedere Mario Lavezzi che, per carità, è un grandissimo artista, chitarrista di grande fama, compositore e cantautore che canta in un’ora almeno 4-5 canzoni. Perdonatemi, ma preferisco quando racconta aneddoti e vedere le canzoni originali.
Federica Gentile è ostaggio dei due e si ingessa anche lei perché al minimo movimento che possa quantomeno far intuire che si tratta, ohibò, di una quarantenne, viene stoppata dal Bernardini che la tratta come fosse una ragazzina. Non oso pensare se nelle prossime puntate dovessero comparire i cartoni animati giapponesi: partirebbe di sicuro il pippone socio-antropologico di area cattolica impregnato di bacchettonismo sulla deriva dei valori a causa dell’invasione dei manga (puntualmente li confondono con gli anime) ed a quel punto sarei costretto a sfoderare l’alabarda spaziale. Correrò il rischio: per il livello delle immagini che ho visto vale la pena sorbirsi anche qualche rottura… magari andrò avanti veloce e salterò giusto qualche parte.