L’Umbria con le sue colline verdi, punteggiate da alti cipressi di guardia ad antichi castelli e chiese medievali, è uno scenario fiabesco. “Qui il paese è veramente bello, tale che fa intendere la Scuola umbra: che linee d’orizzonte, che digradante vaporoso di monti in lontananza!”, appuntava Giosuè Carducci. “Fui ad Assisi: è una gran bella cosa, paese, città e santuario, per chi intende la natura e l’arte nei loro accordi con la storia, con la fantasia con gli affetti degli uomini”.

Le prime frequentazioni dell’Umbria risalgono al Paleolitico inferiore e continuano senza interruzione sino al Bronzo finale. A partire dall’età del Ferro le sedi degli Umbri appaiono stabilmente occupate, con una continuità insediativa che giunge talora sino all’età romana; è il caso di Todi, Spoleto, Amelia e Terni. Con la riforma Dioclezianea l’Umbria, rientrante nella sesta regione augustea, è unita all’Etruria. Molti degli insediamenti di età romana, condizionati sia dalle caratteristiche geomorfologiche che dai preesistenti insediamenti indigeni, hanno continuato ad essere occupati anche in età medievale ed alcuni lo sono tuttora. Dopo la caduta dell’impero romano, la regione viene compresa nel ducato longobardo di Spoleto sebbene alcune città rimangano nelle mani dei Bizantini. Nel IX secolo è la Chiesa a cercare di imporre la sua autorità, tanto che nel 1198 Innocenzo III riesce a sostituire il potente duca di Spoleto con un rettore. I Comuni umbri, il cui sviluppo costituzionale è parallelo a quello dei Comuni italiani, sono animati da una intensa vita religiosa che vede la nascita del movimento francescano. Nei secoli successivi l’Umbria passa, a periodi alterni, dallo Stato Pontificio alla Repubblica Romana all’Impero francese, e così fino al 1860 quando si unisce definitivamente al Regno d’Italia.

umb7Il castello di San Girolamo, la Curia e i sequestri
Il Castello di San Girolamo è un antico convento francescano situato a Narni. La chiesa, risalente al Trecento, è una delle prime in stile gotico costruite in Italia. Ad una sola navata, un tempo era ornata con pitture di scuola umbra e fiorentina, tra cui una celebre pala del Ghirlandaio oggi conservata nel Museo Eroli e una tela raffigurante San Girolamo collocata in fondo all’abside. Il fabbricato, appartenuto inizialmente alle monache benedettine e ristrutturato dal Cardinale Bernardo Eroli nel 1471, passò sotto la proprietà del Municipio nel 1860 a seguito della legge che imponeva la soppressione delle corporazioni religiose. Fu allora spogliato di tutto e i mobili furono venduti all’asta. Alcuni anni dopo, nel 1896, l’edificio fu acquistato per 25 mila lire dal conte di Valbranca che lo trasformò nella costruzione che possiamo ammirare oggi, destinata a residenza della propria figlia Enrica, moglie del principe Luigi Alfonso di Borbone. Oggi il castello, di proprietà del Comune di Narni, è un cumulo di rovine: tetti sfondati, mura pericolanti, infissi divelti, la vegetazione oramai fa da padrona. Il degrado si è impadronito lentamente del castello, un tempo bellissimo, ricco di saloni lussuosi e con un grande chiostro. Eppure fin dal 1993 si è cercato di alienarlo attraverso gare pubbliche purtroppo senza successo così come vani sono stati i tentativi da parte dell’amministrazione di reperire fondi pubblici per la ristrutturazione. Nel 2007 si è cercato di metterlo a disposizione dei privati, differendo nel tempo la cessione di proprietà, ma anche allora si registrò un concreto disinteresse. Nel 2010 il Comune vende il castello  per un costo di 1 milione e 760 mila euro. Ad aggiudicarsi l’asta è una cordata capeggiata dall’Istituto diocesano per il sostentamento del clero e composta da Edilizia Marconi di Todi, B&P e Società Iniziative Immobiliari di Terni. Il progetto vincente prevede la trasformazione del castello in una struttura a quattro stelle, con 50 camere, sala convegni e piscina, volta al turismo religioso, sportivo, culturale e didattico: una ristrutturazione del valore di circa 5 milioni di euro, con un contributo pubblico derivante dal Piano urbanistico complessivo (Puc) di 600 mila euro. A gennaio 2012 il pagamento è completato: l’Istituto versa 1 milione e 66 mila euro, il restante gli altri umb10acquirenti. Il Comune gioisce, tutti sperano che il maniero, una volta ristrutturato, possa tornare a svolgere un ruolo importante nella vita economica e sociale della città. Altri invece, come Il consigliere Sergio Bruschini, fanno subito notare che “si è arrivati a svendere una struttura solo per incassare i soldi e risolvere il problema della riqualificazione”. A novembre 2012 l’Istituto diocesano, avvalendosi di una clausola di recesso, restituisce le proprie quote dell’immobile alla Società Iniziative Immobiliari che a sua volta le vende alla Diocesi di Terni che versa 900 mila euro e all’Ente seminario vescovile di Narni che versa i restanti 166 mila euro. I soldi vengono rigirati all’Istituto. I nuovi acquirenti però si riservano il diritto di recedere dall’acquisto entro il 31 dicembre 2013. Il dato che preoccupa maggiormente è il fatto che dalla vendita ad oggi sono passati quasi tre anni e “negli uffici comunali non sia mai stato consegnato alcun progetto”, nessun disegno. A confermarlo è il sindaco Francesco Rebotti, eletto a maggio 2012. Insomma è tutto fermo, anche i soldi previsti dal Puc. L’unico che continua a cadere a pezzi è proprio il castello. A marzo 2013 gli agenti della Digos fanno un blitz al Comune di Terni e sequestrano documentazione dagli uffici tecnici. A luglio vengono arrestati Luca Galletti, direttore tecnico dell’ufficio della Curia di Terni, Narni, Amelia e  presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, Paolo Zappelli, economo della Curia di terni e Antonio Zitti, dirigente del comune di Narni e responsabile unico del procedimento di vendita del castello. L’accusa è associazione a delinquere e turbativa d’asta. Il castello è subito messo sotto sequestro. L’inchiesta è partita dai presunti ammanchi alla Curia di Terni, il cui bilancio ha registrato “un passivo di circa 23 milioni di euro” causato, come ha spiegato Renzo Nicolini, avvocato della Curia ternana, da  “operazioni che hanno comportato un saldo finanziario negativo per la crisi del settore immobiliare che caratterizza l’attuale momento”. Tra questi affari finiti male figurerebbe l’acquisto del castello di San Girolamo. Per la procura di Terni invece la vendita del castello potrebbe essere una speculazione immobiliare realizzata con l’avvallo economico della diocesi ternana. Gli inquirenti stanno indagando intorno alle numerose società che gravitavano intorno alla diocesi, molte delle quali riconducibili ai due arrestati. Intanto sia il sindaco che le forze politiche di maggioranza oltre a ribadire piena fiducia nella magistratura hanno espresso la convinzione che “l’amministrazione comunale abbia seguito con responsabilità e perseveranza soltanto il concreto e non semplice obiettivo della valorizzazione di un bene del patrimonio comunale a vantaggio della comunità e della città”. Il problema è proprio che della valorizzazione del castello non ci sia ancora traccia.

umb4Priamo e il bassorilievo di Canova in polvere
Ad Assisi lo scorso 10 agosto è stata inaugurata la mostra “Canova”, presentata come uno dei più grandi eventi di quest’anno finalizzati alla diffusione della cultura canoviana e alla riscoperta dei legami tra l’artista e la città umbra. Tra le 50 opere esposte avrebbe dovuto figurare il bassorilievo in gesso raffigurante l’uccisione di Priamo, conservato nel museo dell’Accademia di Belle Arti di Perugia dal 1829, anno in cui fu donato all’istituto dagli eredi dello scultore. Un’opera di cui esistono solo altri due esemplari. La scena rappresenta l’ultima battaglia condotta da Priamo, re di Troia, che si scaglia senza speranze di vittoria contro Pirro reo di aver ucciso il figlio Polite davanti ai suoi occhi. Pirro lo fredda senza pietà. Il cadavere di Priamo giacerà, smembrato e disonorato, sulla spiaggia, senza alcuna dignità o compostezza. Pirro è simbolo del destino e della sua disumanità, capace di togliere freddamente la vita ad un vecchio senza rispetto della sua statura o dignità. Il dramma di Priamo invece è il dramma dell’uomo che vede svanire tutto ciò per cui ha lottato, l’uomo che vede crollare i propri ideali per colpa di avvenimenti di cui non è responsabile. A crollare però non sono stati solo gli ideali del re troiano. Infatti, pochi giorni prima dell’inaugurazione, mentre gli addetti stavano calando l’opera dalla parete del museo per trasferirla ad Assisi, “il bassorilievo è caduto, frantumandosi”. La notizia è stata data dal consigliere d’amministrazione umbria 14Massimo Duranti. La Soprintendenza, prontamente avvertita dai tecnici dell’accademia, ha disposto l’immediato intervento tecnico di uno storico dell’arte e di un restauratore. Il soprintendente Fabio De Chirico ha subito chiarito che “nell’ambito del sopralluogo sono state verificate le dinamiche del crollo del pesante pannello”, precisando che “il prestito del calco era stato autorizzato dall’organo ministeriale, recependo le particolari prescrizioni dettate dalla soprintendenza per l’insita fragilità del materiale, nonché per la rilevanza delle dimensioni e del peso”. Il calco era coperto da una polizza assicurativa, si parla di 700 mila euro. Cifra ritenuta da molti irrisoria rispetto al valore del pezzo andato irrimediabilmente perduto. Lo storico dell’arte Francesco Federico Mancini ha definito questa perdita “gravissima per il nostro patrimonio, una perdita che suscita sconcerto e indignazione”.

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Il recupero delle urne di Perugia
Di positivo si è registrato l’intervento dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale (TPC) che a giugno hanno recuperato a Perugia 23 urne funerarie etrusche di età ellenistica e oltre 3000 reperti archeologici di inestimabile valore. Il generale Mariano Mossa lo ha definito “il più importante recupero di arte etrusca, frutto di una complessa attività investigativa svolta su tutto il territorio nazionale”. Le urne, tutte integre, sono in travertino bianco, decorate ad altorilievo con scene di battaglie, tauromachie, fregi e raffigurazioni tratte dal mito di Ifigenia. E’ presente anche un ricco corredo funerario, costituito da un elmo frigio, uno scudo in bronzo, uno schiniere, uno strigile e un raro kottabos in bronzo. L’eccezionalità della scoperta, oltre al valore storico artistico di ogni singolo reperto, è dovuta al fatto che sia le urne che il corredo appartengono alla stessa tomba a ipogeo, riconducibile ad un unico gruppo familiare, quello dei Cacni. L’approfondimento delle investigazioni ha altresì permesso di individuare il sito di provenienza del corredo funerario: determinanti sono stati i supporti tecnici, le attività info operative condotte successivamente al sequestro e la proficua collaborazione degli stessi indagati, convinti dagli investigatori a favorire il recupero di tutti i beni in favore del patrimonio culturale nazionale. Complessivamente, cinque persone sono state denunciate all’autorità giudiziaria per ricerche illecite, impossessamento e ricettazione di beni culturali. Intanto la Soprintendenza di Perugia ha già avviato le operazioni necessarie per una campagna di scavo sull’area individuata dai Carabinieri del TPC per verificare l’esistenza di altri ipogei collegati e per recuperare altri frammenti mancanti che potrebbero essere ancora nel sottosuolo.

In allegato il video operazione Ifigenia:
http://www.youtube.com/watch?v=vdGfCkmAYLY#t=16

(20./Continua. Le precedenti puntate sono leggibili negli articoli correlati) 

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