La decisione della Corte costituzionale, dicono le Camere penali, deve servire da monito al rispetto delle regole e del modello costituzionale, soprattutto nei confronti di coloro che hanno costruito le loro carriere non solo giudiziarie sulla circolazione delle intercettazioni.
Come “ampiamente prevedibile”, le motivazioni della sentenza della Consulta in merito alla vicenda delle intercettazioni che hanno coinvolto il Capo dello Stato, “ribadiscono la necessità che l’autorita giudiziaria rispetti quelle aree di immunità delle conversazioni che, in uno Stato di diritto, debbono essere sottratte agli ascolti esterni, nelle quali rientra il Presidente della Repubblica, ma non solo”.
E’ quanto si legge in una nota dell’Unione Camere penali (Ucpi).
Per i penalisti, “la violazione delle sedi degli organi costituzionali potrebbe avvenire solo in uno Stato autoritario di polizia, che ovviamente costituisce l’opposto dello Stato costituzionale delineato dalla Carta del 1948”.
Al di là della centralità di tale richiamo è importante sottolineare che, “tra gli argomenti utilizzati per risolvere la questione vi è anche un parallelo con lo spazio di immunità assoluta che dovrebbe, secondo il sistema, garantire l’inascoltabilità – e comunque la pronta eliminazione- delle conversazioni tra avvocati e loro clienti, principio altrettanto chiaramente desumibile dal sistema che invece viene costantemente aggirato nelle prassi giudiziarie, come ripetutamente denunciato in passato dall’Unione delle Camere Penali Italiane”.
E allora – prosegue la nota Ucpi – “la decisione della Corte Costituzionale assume il valore di un monito al rispetto delle regole e del modello costituzionale, non solo nei confronti del Capo dello Stato ma di tutti i cittadini.
L’invadenza di taluni strumenti di investigazione, e la stessa idea che il controllo di legalità si basi sul disconoscimento delle aree di immunità, ci dice la Corte, si pone fuori della Costituzione.
Gli adoratori delle intercettazioni, e quelli che hanno costruito le loro carriere – non solo giudiziarie – sulla loro circolazione, hanno materiale su cui riflettere, ivi inclusi coloro che fanno finta di non capire che la Consulta ha anche stigmatizzato il fatto che la ‘semplice rivelazione ai mezzi di informazione dell’esistenza delle registrazioni’ doveva essere evitato”.