Con la crisi economica, sempre più consumatori Italiani faticano a sostenere le proprie spese, da quelle più contenute e quotidiane a quelle impreviste. Per tentare di ovviare a questo inconveniente è possibile richiedere un prestito ad una banca, avendo però cura di sceglierne uno ad un tasso vantaggioso. Prima di procedere all’effettiva richiesta è infatti indispensabile comprendere le proprie esigenze e informarsi su quale tipologie di prestito potrebbero essere più in linea con il nostro profilo. Per un pensionato o un lavoratore dipendente, ad esempio, capire come funziona la cessione del quinto potrebbe essere utile, dal momento che si tratta di una tipologia di finanziamento molto indicata per questa categoria di consumatori. Oppure altri potrebbero trovare più vantaggioso optare per un prestito online, dal momento che generalmente presentano condizioni più vantaggiose rispetto a quelli tradizionali.
Per quanto riguarda nello specifico la cessione del quinto, va però detto che non si tratta di una proposta particolarmente adatta per quella fetta di italiani che in questo momento si trova a fare i conti più che mai con la crisi economica: sono infatti sempre di più i nostri connazionali che, vessati dalla crisi economica, sono costretti a scegliere dei finanziamenti convenienti per assolvere ai loro doveri di cittadini e consumatori, pagando bollette, rate del mutuo o affitto o, nel peggiore dei casi, anche per sfamare la propria famiglia. Secondo uno studio dell’Osservatorio sulla vulnerabilità economica delle famiglie di Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, infatti, il 2013 ha portato un notevole danno alle tasche delle famiglie italiane, addirittura superando i già scoraggianti dati del 2012.
Per meglio osservare la situazione dell’Italia si è studiata una scala che va da 0 a 10, dove 0 corrisponde alla situazione di minima vulnerabilità e 10 alla massima: se nel 2010 si parlava di una media sul totale degli intervistati che si assestava su un 2,70, oggi la media italiana tocca i 3,16.
Si peggiora quindi del 17%, segnalando che sono solo il 5,5% le famiglie in grado di rispondere a bisogni quotidiani e finanziare senza problemi anche eventi straordinari come malattie, stipendi ridotti e ristrutturazioni. Se ne deduce che una percentuale superiore al 94% si trova invece in quella scala a oscillare tra valori superiori a 1 e 10.
Ben il 10% di quelle famiglie vulnerabili allora dichiara di non riuscire ad arrivare alla fine del mese e di dover per questo motivo chiedere aiuto a finanziarie e banche: qui ci troviamo, sulla famosa scala, al livello 7,5. Per loro, non si tratta di una situazione straordinaria, ma quotidiana e relativa ad ogni mese.
In una posizione più bassa nella scala si trovano coloro che hanno vissuto almeno una volta in situazioni di difficoltà, precisamente nell’arco dell’anno precedente all’intervista: nel 40,7% dei casi non riescono a pagare l’affitto, mentre nel 31,2% il problema sono state le bollette. Il 29,1% non è riuscito a comprare capi d’abbigliamento, mentre il 25,8% e il 25,6% hanno fatto difficoltà a pagare prestiti precedenti e il mutuo. Altro dato che spaventa? Quello relativo al 17,7% degli intervistati, che hanno avuto problemi a fare la spesa quotidiana per mangiare.
Di queste persone, se nel 2011 il 53,6% delle persone si trovava a ridurre la quantità di cibo sulla tavola, nel 2012 il dato cresceva fino al 62,3%. Queste persone hanno anche trovato difficoltà nel curarsi: un 40% nel 2013 non ha potuto fare visite o cure specialistiche.
Nel 2013, il 26% degli italiani non sarebbe in grado di sostenere una spesa improvvisa di 700 euro. Si tratta di una percentuale che cresce di sei punti rispetto al dato estratto nel 2010 e che spaventa molto, considerato in aggiunta che nel 2013 l’86,3% degli italiani in difficoltà economica non è stato aiutato dalle politiche di sostegno previste. Il 13,1% ha ricevuto qualche aiuto e l’esigua percentuale rimasta si è fatta aiutare da parrocchie e privati cittadini.
Ma le cause di questa vulnerabilità dove devono essere ricercate? Il 25,8% dei capofamiglia ha subito riduzioni sull’orario lavorativo (+4,6% rispetto al 2012) mentre il 18% ha perso il lavoro (+6% rispetto al dato del 2012). Ad aggravare o aggiungersi a queste situazioni, malattie, divorzi e separazioni, incidenti di vario genere.