Nuovo Cinema Palazzo di Roma, Teatro Valle di Roma, Teatro Marinoni di Venezia, Teatro Garibaldi di Palermo, Teatro Coppola di Catania, sono luoghi pubblici e privati che sono stati occupati da cittadini, da quasi un anno. Si tratta di un esercizio di resistenza alle politiche di incuria e disinvestimento culturale, accompagnato dalla prassi dell’occupazione.
Ai teatri menzionati si è aggiunta il 5 maggio scorso la torre Galfa di Milano di proprietà del plurindagato Ligresti. Un orrido edificio di 35 è stato occupato da un gruppo di persone (tra questi, molti gli architetti) che lo hanno rimesso in sicurezza, organizzato, strutturato, riattivato.
E’ stato dato un senso a tutto quel cemento abbandonato con amianto annesso. Salvatore Ligresti possiede la torre – che ha abbandonato – insieme a un impero edilizio ed economico, grazie all’intreccio di interessi politici e finanziari di cui l’imprenditore siciliano è fulcro da anni. Qui gli occupanti, hanno iniziato attività culturali di vario genere, aperte a tutti. E come avviene anche nelle altre realtà, sono accompagnate da corsi di formazione giacché si parte dall’assunto fondamentale della diffusione del sapere. Gli occupanti che sono arrivati fino a più di trecento, si sono dati il nome di Macao “Movimento Artistico Comune Autonomo Occupato”.
Queste occupazioni maturate politicamente e soprattutto dotate di una visione a lungo periodo e di emancipazione non sono atti illegali in sé, ma sono considerati tali. Pertanto due giorni fa le forze dell’ordine hanno fatto sgomberare la torre su richiesta del ministero degli Interni. Una sorprendente e rapida azione che sarebbe spettata piuttosto al comune. Ma il figlio della ministra Cancellieri, Piergiorgio Peluso, è direttore generale della Fonsai, proprietaria della torre Galfa, la Fondiaria della Sai, il gruppo di proprietà della famiglia Ligresti. La ministra degli Interni, quella che aveva detto che i giovani italiani restano troppo a lungo con mamma e papà, è stata smentita dunque. Infatti Macao voleva prendersi uno spazio per poter sovvertire esattamente il tipo di cultura – familista – della famiglia Cancellieri e del suo Piergiorgio. Dario Fo accorso a sostegno degli occupanti riversati nelle strade ha perfettamente dipinto la situazione con una piccola parabola: “Quello che è successo a Macao è che un ricco aveva un pezzo di pane e non lo voleva, l’ha buttato per terra e gli ha tirato un calcio. Poi un povero ha preso quel pezzo di pane, e allora il ricco ha chiamato la polizia per farselo ridare”.
L’intervento del sindaco Pisapia è stato però propositivo: l’edificio va restituito ai legittimi proprietari. Il comune – che dice il sindaco “ha bisogno di voi” – offre lo spazio dell’ex Ansaldo: 3000 metri quadrati. Considerata paternalista e quindi respinta, la proposta fatta da Pisapia andrebbe letta un po’ più positivamente. Basti pensare che il sindaco di Roma Alemanno non è mai riuscito neppure a passare davanti al Valle. Ha parlato con gli occupanti del teatro più antico della capitale unicamente attraverso stampa e tv. Di tanto in tanto ha fatto pallidi proclami, lanciando nomi di direttori artistici che smantellassero la situazione come spesso si dice in questi casi “da centro sociale” o da “anni ’70” (come se quegli anni fossero caratterizzati dalle peggiori nefandezze rispetto all’attuale rinascimento civico). L’ultimo nome elaborato da Alemanno per la direzione artistica del Valle è stato quello di un giovanissimo novantenne, Giorgio Albertazzi, che però una volta conosciuti meglio gli obiettivi degli occupanti del Valle, ha preso ad appoggiarli.
Cosa spingerebbe allora Macao a preferire rimanere a accampati fuori alla torre Galfa e a non voler accettare uno spazio tutto per loro?
In realtà il valore intrinseco del luogo ha un grande senso. Osceno in sé ma fondamentale per il tipo di battaglia che questa “rete” di occupazioni, estesa su tutta la penisola, intende fare.
La torre Galfa restituisce alla “rete” di occupazioni lo specifico italiano, ne tiene le fila probabilmente, anche se arrivata per ultima: si tratta di un edificio simbolo del malaffare mafioso, in più a Milano dove è nato formalmente il fascismo e patria del berlusconismo. E proprio dalle macerie di quell’egemonia culturale nata negli anni ’80, e dal ciarpame da essa prodotto, si configura questa rivendicazione tutta politica che parte da un dato culturale prima, e giuridico in seconda battuta, ma fondamentale, anzi fondante, e intrinseco a essa. Il senso di queste rivoluzioni ancora in embrione, che non riescono sempre a nominarsi con chiarezza, viene esattamente dalla “legalizzazione” delle attività necessarie per l’identità di una nazione, come appunto la produzione di cultura nel senso più alto, e non “calata dall’alto”, del sovvertimento dell’abuso all’origine di quella proprietà, come nel caso della torre Galfa, o dell’abuso del bene pubblico gestito a vantaggio di pochi. E questo è il caso ad esempio della gestione artistica fallimentare dell’Eliseo di Roma di Luca Barbareschi, che pure è stato nuovamente riproposto come direttore artistico del Valle.
Tutte queste occupazioni sono dunque formalmente illegali ma legittimate dalla volontà di affermare la nozione di bene comune, in un contesto sociale in cui si è perso di vista cosa è legale.
Scrive il giurista Ugo Mattei nella lettera inviata alle autorità cittadine milanesi :
“in questo contesto, se ciò che più conta è la funzione che tale bene può rivestire e gli interessi con cui esso è collegato, indipendentemente dalla titolarità pubblica o privata dello stesso, Torre Galfa rappresenta un bene comune, che la collettività può anzi deve valorizzare nell’esercizio della cittadinanza attiva. Tale categoria giuridica trova un riconoscimento anche in giurisprudenza (cfr. SS.UU. sent. n. 3665/2011), dopo essere stata descritta in dottrina e aver trovato un pratico riscontro nella campagna referendaria “acqua bene comune” e nelle esperienze di occupazione del Cinema Palazzo e del Teatro Valle di Roma, del Teatro Marinoni di Venezia, Del Teatro Coppola di Catania, dell’Asilo della Creatività a Napoli e del Teatro Garibaldi di Palermo, tutti luoghi riconosciuti come essenziali beni comuni culturali, e recuperati per motivi morali e sociali alla fruizione collettiva. Si noti che tutte le suddette dimostrazioni di cittadinanza attiva sono state accettate da istituzioni del più diverso colore politico.”
Per Ugo Mattei è questo il cuore della ribellione. La difesa e la costituzione di un bene comune. In quest’ottica si capiscono meglio le resistenze degli occupanti a accettare l’offerta del comune. Tardiva più che mai. Perché si devono aspettare le barricate per far agire le istituzioni? Perché gli manca sempre una visione e un progetto a lungo raggio? Pertanto occupare quella torre, simbolo di una contraddizione forte e quindi non negoziabile per non snaturare il senso di Macao, ha un suo significato dirompente che non deve essere sottovalutato.
D’altro canto però accettare l’offerta del comune di Milano, potrebbe essere un inizio davvero rivoluzionario di lavoro. Anche da quello spazio si possono fare moltissime cose, stabilendo da subito i confini di “non ingerenza”. Può essere davvero la rinascita di un nuovo modello di diffusione della cultura in Italia.