Sintesi di trent’anni di sottosviluppo culturale, i due personaggi Terry De Nicolò, escort e Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, sono totalmente simmetrici: parlano dal fondo del loro inferno, sentendosi invece al centro di un sistema vincente e funzionante.
Secondo Terry, donna usata come tangente da Tarantini, è assolutamente normale vendersi. Un privilegio per donne belle in quanto, osserva : “ come dice Sgarbi, la bellezza è un valore”.
E poiché è un valore presuppone una vendita. Al netto di ogni dignità.
In pochi minuti si forniscono dettagli sulla ’ideologia cultura attuale chiamata “libertà”, che sia ben chiaro, si ferma laddove inizia la retorica sull’aborto, sulla procreazione assistita e sull’eutanasia. Tre espressioni di libertà appunto vietate o ostacolate dagli stessi che esaltano la vendita dell’essere umano.
Terry esprime il suo disprezzo per chi guadagna “solo” due mila euro al mese; per le eguaglianze: “ le racchie devono starsene a casa”, in quanto non potrebbero vendersi appunto, e quindi non in grado di creare ricchezza. Disprezzo per chi ha tentato in questi anni di difendere ultimi spazi di libertà: “quelle che parlano di ruolo delle donne hanno rotto i c…”.
Terry esprime disprezzo anche per chi non vive come Tarantini. Cioè una vita intera passata in una interminabile questua da Berlusconi per poter garantire dipendenze assurde, a se stesso e a sua moglie. “Per poter vivere da leone come lui, uno si dovrebbe vendere la propria madre”, osserva con distacco da economista Terry.
Terry disprezza la libertà, appunto, e esalta la “servitù volontaria” come era stata descritta da La Boétie già nel ‘500.
Sallusti come Terry, in una puntata di Exit , aveva dichiarato tranquillamente che se “a 37 anni non hai una casa di proprietà sei un fallito”, con noncuaranza totale di statistiche, dati e osservatori sulla questione del lavoro dei giovani e sulla mancanza di libertà di accesso a questo. Per l’onorevole Stracquadanio invece “vendere il proprio corpo per fare carriera in politica è una forma di libertà”.
Non importa poi se chi si vende amministra poi la res pubblica come rappresentante dei gusti sessuali di un altro.
Il concetto viene poi quotidianamente ribadito da Sgarbi nei pomeriggi Mediaset. Qui il politico di centro destra esalta la gloriosa libertà della donna “che si vende”, in genere tra strepiti e schiamazzi. Ragioni ottime per invitarlo sempre in tv.
Più che appuntarsi su morale parrocchiale, in realtà, in questi anni si sarebbe dovuta porre un’altra questione: si è liberi di disprezzare la propria vita e di umiliarsi? C’è un limite?
La Francia paese dei diritti umani ha per esempio vietato il “lancio di nani”. Degli esseri umani affetti da nanismo venivano appunto lanciati come delle palle da volley nel corso di show dei record. Ma loro erano felici di sottoporsi a questa umiliazione dietro pagamento. Pur essendo anche quella una forma di libertà, il gioco è stato vietato. E’ solo un esempio e si potrebbe continuare all’infinito. Soprattutto porrebbe non pochi problemi vietare a una donna o a un uomo di vendere il proprio corpo. Ci aveva rozzamente provato la ministra Pari Opportunità Mara Carfagna, ma se la “punizione alla prostituta e al cliente” non è mai riuscita a diventare legge perché avrebbe coinvolto direttamente il presidente del consiglio è spesso diventata ordinanza di qualche sindaco zelante. Le prostitute indecorose, quelle per tutti, un po’ cheap ma egualmente giovani, e soprattutto schiave di un meccanismo feroce di sfruttamento, sono punite.
Le strade non possono essere teatro dell’ignobile spettacolo di compravendita. Mentre è assolutamente lecito che ciò avvenga in tv e sulla scena politica. Sono lecite quelle che, come sostiene Terry De Nicolò, si presentano “al cospetto dell’ imperatore non con un abito da cento euro ma almeno da tremila e gioielli da cinquemila”. Anzi sono incoraggiate dagli uomini del premier come espressione di vitalità e leggerezza necessarie in un mondo di cupezze.
E quale figura più attuale di Sallusti, incarnazione del moralista perverso, che al rientro in studio dopo l’intervista alla prostituta si dissocia dalla “signorina” come se fosse una figura disdicevole, estranea a lui e al suo mondo, dopo che ha consacrato fondi, articoli e invettive unicamente in difesa della libera vendita della donna, e mai sull’opportunità che un capo di governo si attorni di esseri umani in vendita.
Il moralismo del giornalista però va ben oltre. Evoca la necessità di una “libera inchiesta, perché siamo uomini liberi” dice, circa le porte di Arcore che si “spalancano per i poveri e non solo per le depravate come De Nicolò” . Perciò se la depravazione riguarderebbe solo la donna, come in ogni santa ideologia cattolica, si dovrebbe invece far luce sulle generose beneficenze del signore di Arcore, come se questi fosse appunto un “imperatore” e non il servitore della democrazia. Magari quello che dovrebbe adoperarsi a sviluppare politiche per i diritti umani, visto che in materia, la cattolica Italia è il fanalino di coda dell’Europa.
In studio si continuavano a separare le dichiarazioni delle due prostitute De Nicolò – Sallusti dalla situazione economica. Ma erano i migliori protagonisti della cultura neoliberista, così ben descritta nella settecentesca favola “Favola delle api” di Bernard de Mandeville.
La favola sul modello di quelle di La Fontaine racconta la storia di un’arnia in cui ognuno è un po’ ladro. Ognuno scrocca agli altri ma si dice che l’alveare è ricco. Siccome siamo agli inizi del XVIII secolo, e c’è nell’aria una certa influenza religiosa, i furbetti si sentono un po’ colpevoli , e un bel giorno decidono di diventare onesti. I commercianti non rubacchiano più. I bordelli si chiudono, e via di seguito. Le conseguenze sono che, per esempio, le prostitute che avevano bisogno di bei vestiti per sedurre i loro clienti non hanno più bisogno di nulla perché sono diventate virtuose, alcune sono entrate in convento, e dunque i sarti che facevano bei vestiti diventano poveri. E poiché non chiedono più stoffe, anche i commercianti in stoffe diventano poveri. Così l’alveare diventato onesto entra nella decadenza.
La morale sarebbe che “i vizi privati fanno la virtù pubblica”. Ma più di tutti il sottotitolo della favola svela l’antropologia liberale di cui oggi assistiamo al massimo del compimento e della decadenza: “siate il più possibile avidi e egoisti. Spendete al massimo per il vostro piacere perché così fate il meglio per la prosperità della vostra nazione e la felicità dei vostri concittadini”. Liberalismo come liberazione dei vizi privati e delle passioni private , di quelle che si chiameranno all’epoca di Freud le pulsioni. E che hanno confermato il passaggio da un’ economia del desiderio a un mercato del godimento indotto e imposto di cui Terry De Nicolò è espressione perfetta.
Peccato che l’idea che il vizio privato determini la virtù pubblica è un’idea falsa. Perché gli interessi non si armonizzano mai e prevalgono gli interessi del più forte. Così la prostituta non è mai libera perché dipende da un rapporto di potere del cliente.
E così le conseguenze del fallimento di questo sistema sono ogni giorno sotto ai nostri occhi.