Musica di sottofondo di Superquark (Aria sulla quarta corda di Bach). Voce fuori campo di Piero Angela: “Oggi parliamo dell’evoluzione della tv. E’ già qualche anno che stiamo assistendo ad un evento epocale paragonabile all’estinzione dei dinosauri. Siamo qui in groppa ad un tirannosauro intento a sgranocchiare placidamente una carogna per colazione quando alziamo per un attimo gli occhi al cielo ed esclamiamo: Toh! Una enorme palla di fuoco sta venendo verso di noi! Che sarà mai? Ha la forma di un’offerta di contenuti che tende all’infinito e, tra satellite e digitale terrestre, on demand o internet, free o pay che sia, raggiunge e supera le svariate migliaia di canali. Che facciamo? Ben poco se non assistere, altrimenti che tele-spettatori saremmo? Il tirannosauro nel frattempo riabbassa la testa e ottusamente riprende a mangiare la carcassa illudendosi che sia “Per tutta la vita” tanto per il Rex un format fresco o uno di 15 anni fa pari sono, basta aggiungere un punto interrogativo a mo’ di spezia e diventa gustosissimo.”
Non me ne voglia Piero Angela col quale sono cresciuto a pane e documentari sulle orche che giocano a palla con le foche ma non riuscirei a descrivere meglio questo momento storico: la tv generalista finge di non aver visto il meteorite che nel frattempo si è già spatasciato al suolo e continua placidamente a tirare avanti con un palinsesto immutato da più di un decennio pensando che per stare al passo coi tempi basta moltiplicare i canali e riempirli di repliche o, al massimo, comprare qualche format da qualche nota società di produzione. Poi ci sono gli “eventoni della stagione”: l’anno scorso Fiorello e Quello che non ho, quest’anno ci sarà nientepopodimenoche… la Carrà con Boncompagni in attesa della Revolution di Vasco, problemi di salute permettendo… ma si può sempre puntare su un Benigni che fa tanto cultura e quei sette-otto milioni di sopravvissuti li porta a casa.
La situazione non è totalmente catastrofica, ci sono le eccezioni, poche, ed è divertente constatare che queste ultime sopravvivono con risorse economiche talmente risibili rispetto alla pappa del tirannosauro che sono sempre sul filo del rasoio, sull’orlo dell’estinzione. Sappiamo però come è andata a finire nello scontro tra i vecchi dinosauri e i piccoli mammiferi e la storia ha un innato senso dell’umorismo e una straordinaria coazione a ripetersi.
E allora parliamo di “Sepolti in casa”, un piccolo capolavoro in questo scenario televisivo in evoluzione. Non c’è il conduttore (e già questo migliora di parecchio la fruizione) e vedi la vita per quel che è… che poi è un modo di dire perché la tele-visione, la visione a distanza di una cosa ha in sé qualcosa di straordinario e quindi ecco che veniamo a contatto con una certa tipologia di persone: “gli accumulatori seriali”, quelli che accumulano oggetti in maniera compulsiva al punto da rimanere letteralmente “sepolti in casa” appunto. Le fasce d’età sono differenti e sono prevalentemente donne ma ho visto episodi anche con degli uomini ed è interessante e inquietante allo stesso tempo vedere quanti oggetti riescono ad accumulare. Lo confesso, il mio interesse è anche molto personale. Penso di essere anche io un “accumulatore seriale” in erba e quindi sono affascinato dal tipo di rapporto morboso che queste persone hanno con gli oggetti . In ogni episodio incontriamo almeno due se non tre storie che partono da un assistente sociale o da un funzionario pubblico o da uno psicologo che interviene in una situazione che ha dell’inverosimile e che io per primo bollerei come “leggenda metropolitana” se non avessi visto con i miei occhi cadaveri di animali (gatti e topi) mummificati venir fuori da stratificazioni di oggetti di ogni tipo. Parliamo di metri, sì, ho detto metri in altezza in ogni angolo della casa. Queste persone vivono nelle proprie abitazioni immersi nei prodotti e creano dei percorsi angusti al loro interno sopravvivendo a loro stessi: il minimo indispensabile per lavarsi (ma spesso anche no) e per mangiare. E’ la società dei consumi che ti prende a schiaffi e ti fa vedere il suo lato oscuro. Perché parliamo di una patologia psichica è chiaro ma poi rifletti un attimo e vedi che anche la tua casa trabocca di cose inutili. Ricordo ma non bene di aver letto una ricerca che diceva che dal 1950 ad oggi il numero di oggetti, cose, prodotti presenti in una casa italiana è aumentata da circa 600 a ventimila… 20000!!! Sembra un numero enorme… poi però ti giri attorno e vedi che sei circondato. “Sepolti in casa” è affascinante per questo. Quando le figlie, i volontari, lo psichiatra, mettono fuori casa tutti gli oggetti dividendoli in quelli da destinare per forza alla discarica perché vera e propria immondizia e quelli che potrebbero si essere riutilizzati ma che non possono più rientrare nell’abitazione perché non c’è spazio assistiamo a scene strazianti. Gli “accumulatori seriali” soffrono fisicamente, lo vedi in quello sguardo, tra il deluso e il rabbioso. Tornano bambini, spesso piangono, imprecano ed è toccante vedere questa gamma di sentimenti espressi verso cose inanimate. Alcuni si rendono conto di essere affetti da una malattia e accettano l’aiuto degli psichiatri svuotando le case e cominciando una terapia ma molti sono gli episodi che finiscono tra le lacrime dei parenti e con le case sigillate per sempre e dichiarate inagibili dal comune per l’incapacità di separarsi anche dal più insignificante, inutile e spesso inutilizzabile degli oggetti.
E con questo Andalù vi saluta e si porta via “Sepolti in casa” e lo mette in bella mostra sulla mensola della vetrinetta accanto alla collezione di videogiochi vintage degli anni’80. Devo cominciare a fare un po’ di spazio però o mettere una nuova mensola… magari un’altra vetrinetta…