Nel 1962 Umberto Eco, oggi famoso semiologo, scrittore e saggista, ebbe qualche problema con l’università dove insegnava per aver osato firmare la prefazione al primo volume dell’esordio italiano dei Peanuts, i personaggi creati dall’inimitabile poeta Charles Schulz. Gli austeri professori del consiglio di facoltà di quell’università, contestavano al professor Eco l’assoluta inopportunità di associare il nome di un docente universitario a un imbarazzante prodotto subculturale come un fumetto.
Cinquant’anni non sono pochi ma, nella scala dell’evoluzione sociale, nemmeno tantissimi. Eppure, per fortuna, in mezzo secolo il fumetto ha conquistato il diritto di entrare nelle gallerie d’arte. E i quadri dei disegnatori, dei fumettisti (qualcuno li chiama fumettari, ma solo per mettere in risalto la componente – che deve essere conservata – artigianale della professione) possono essere acquistati al pari di un Kandinsky.
Giancarlo Caracuzzo (pur non avendo ancora raggiunto le quotazioni di Kandinsky, ma basta aspettare un po’) ha esposto le sue tavole (i suoi quadri, anche se di solito quando i quadri sono di illustratori si chiamano tavole: sottigliezze nominalistiche) alla galleria Interno Rosso, a Roma, in via dei Banchi Vecchi. La mostra, inaugurata il 20 ottobre, resterà aperta fino al 2 novembre. Vale la pena di andare a vedere. Per diverse ragioni.
Innanzitutto per ammirare delle opere d’arte. Caracuzzo, o anche Carac, disegnatore – tra gli altri – per l’italiana Bonelli (la casa di Tex e di Martin Mystere, tanto per intenderci con chi non fosse proprio un esperto) e per le statunitensi Marvel e Dc (Spiderman, Iron Man, i Fantastici Quattro, Batman, Superman), è riuscito a sublimare la categoria del supereroe cogliendone – potremmo dire – l’essenza aristotelica (ciò per cui una cosa è quel che è) o, anche, l’idea platonica (l’essere che veramente è). “Dai supereroi ai Superciccioni” è il titolo della mostra e Giancarlo Caracuzzo fornisce la prova, con i suoi quadri, che del supereroe non esiste un canone estetico ma un’idea intrinseca: e così anche un superciccione può essere supereroe a patto che riesca a vincere sul mondo e liberarsi – e librarsi – in un infinito fantastico e tuttavia, proprio per questo, suggestivo quanto solo il reale può essere. E, per giunta, il tratto dei quadri di Caracuzzo ricorda la migliore scuola francese che, nel campo dell’illustrazione, resta tra i fondamentali esempi di comunicazione per immagini.
Gli studi pittorici di Caracuzzo conferiscono alle sue opere tutte le emozioni, i colori, le prospettive, le scenografie, i profumi (oseremmo dire) di un affresco dimostrando – ancora una volta – che non ha senso la distinzione tra arte “popolare” e arte cosiddetta “alta”. D’altronde filosofi dell’arte come Stanley Cavell hanno da molto tempo riconosciuto che opere come Intrigo internazionale di Hitchcock sono un esempio di arte proprio come l’autoritratto di Rembrandt. Tanto che, nel 1998, Noel Carrol ha suggerito che sarebbe meglio parlare di “arte di massa” nel senso di arte prodotta attraverso tecnologia di massa. E il fumetto è esattamente questo.
La seconda ragione per la quale vale la pena visitare la mostra “Dai supereroi ai Superciccioni” è nella presenza, alla galleria Interno Rosso, insieme con quelle di Carac, delle opere di Flavia Caracuzzo. Figlia d’arte, ma qui il nepotismo non c’entra nulla: i quadri di Flavia in alcuni casi rubano la scena – meritatamente – alle tavole paterne. Realizzati con la tecnica del collage, evocano alcune animazioni della Scuola di Mosca degli anni Sessanta eliminando però qualche ingenuità didascalica di quelle a favore di una sorridente poesia che li rende irresistibili.
La terza ragione è che i Caracuzzo sono come le ciliegie: uno tira l’altro. La mostra propone gli affascinanti quadri di Mauro Caracuzzo che, oltre che valente illustratore (suo è anche il volume “Storia d’amore in bianco e nero – Storia d’amore a colori”, che pure potrete trovare in galleria) è anche l’anima di Interno Rosso. E di questi tempi, tutti reality e centri commerciali, continuare ad “allevare” una galleria d’arte, altro che supereroi!
La fiaba “Ernesto e Mirella”, di Katia Ravaioli illustrata da Giancarlo Caracuzzo è la quarta ragione per cui è necessario visitare la mostra. Se per qualcuno la favola bella ieri ci illuse e oggi ci illude, a differenza di Ermione, Ernesto e Mirella non vivono di illusioni. E grazie a loro diventano realtà anche i sogni di Carmen ed Escamillo. Che però sono due paia di scarpe. Ma realizzare i propri sogni non è facile, bisogna saper volare sugli ostacoli. Proprio come un supereroe. Anzi, scusate, come un Superciccione.
“From SuperHeroes to SuperSized”
Espongono Giancarlo Caracuzzo, Mauro Caracuzzo, Flavia Caracuzzo
Fino al 2 novembre
Roma, Galleria Interno Rosso, via dei Banchi Vecchi 32