Sedersi in una capanna del VI secolo a.C., una delle tante che affollavano il territorio parmense, e immaginare di vivere una giornata come 2500 anni fecero gli antichi abitanti; attraversare un ponte che, traghettando da una fase storica a quella successiva, porta a spasso nel tempo oggi è possibile al Museo Archeologico Nazionale di Parma.
Il Museo ospita una mostra sulle origini della città. Fino al 2 giugno sarà possibile visitare Storie della prima Parma. Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche, un’iniziativa promossa da Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per le Antichità e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, con il sostegno di Fondazione Cariparma e con il contributo del Comune di Parma. Presentando al pubblico le nuove scoperte di scavo avvenute negli ultimi anni nel territorio parmense fino ad ora inedite, l’esposizione mira a promuovere e diffondere la conoscenza dell’archeologia in ambito locale ed internazionale. Queste scoperte sono fondamentali dal momento che hanno contribuito a ridisegnare il quadro storico della città. Da una parte si è quindi scelto di “restituire” i dati emersi alla cittadinanza mediante un’esposizione temporanea rivolta al grande pubblico, dall’altro si è voluto mettere a disposizione degli specialisti una serie di pubblicazioni edite da L’Erma di Bretschneider contenenti approfondimenti storico-critici, quali il catalogo della mostra, una guida breve e un volume di studi miscellanei (Parma Etrusca). La speranza è che quest’evento, mirando a fare diventare le scoperte di Parma patrimonio di tutti, contribuisca all’acquisizione di una identità culturale e alla consapevolezza di quanto sia importante l’azione di tutela svolta dalla Soprintendenza.
Le quattro sezioni
La mostra si articola in quattro sezioni. Le prime tre si riferiscono alla fase preromana, l’ultima parla invece della colonia romana. La prima sezione approfondisce la fase arcaica (fine VII – inizio V secolo a.C.), dove si registra una forte influenza etrusca, spiegata attraverso pannelli su cui sono illustrati scavi e nuove scoperte, e attraverso l’esposizione dei materiali che maggiormente mostrano i legami tra Parma arcaica ed Etruria, e le sfaccettature che questi contatti potevano avere. Alcuni materiali ad esempio testimoniano i contatti commerciali tra le due civiltà (vasi in bucchero con stampiglie), altri indicano la presenza di etruschi nel territorio della futura Parma (vasi riportanti iscrizioni etrusche). La seconda sezione mostra come si viveva in un villaggio dell’età del Ferro. La vita e le attività lavorative quotidiane sono narrata attraverso l’esposizione di reperti inerenti la tessitura, l’abbigliamento, la conservazione e il consumo dei cibi. Su un lato della sala il visitatore potrà sedersi all’interno di una capanna di VI secolo a.C., ricostruita in base ai resti di quella rinvenuta a via Saragat, mentre pannelli illustrativi spiegano l’evoluzione di queste strutture abitative nel corso dei secoli. Su un altro lato della sala è stato ricostruito un settore dello scavo di San Pancrazio famoso per il ritrovamento di un impianto per la produzione di ceramica.
I rituali sacri e funerari
La terza sezione è dedicata ai rituali sacri e funerari. Attrattiva principale della sala è sicuramente lo scheletro di bue, rinvenuto all’interno di una fossa in via Saragat. Il fatto che sia stato deposto integro e con le zampe legate a due a due lascia supporre che si tratti di un’ offerta a una divinità dell’oltretomba. Un video mostra le fasi della scoperta, dello scavo e dell’asportazione dello scheletro. Sono esposti esemplari di vasellame in bucchero legato ai riti per il culto dei morti e i corredi delle diverse tipologie di tombe rinvenute. Si inizia con i corredi di due tombe a dolio, tipiche nel VI secolo a.C. di questa parte del territorio emiliano, così dette perché le ceneri del defunto venivano messe dentro grandi contenitori (doli) insieme a elementi dell’abbigliamento in bronzo (fibule, cinture, pendagli). Si passa ai corredi della necropoli del Botteghino, datati tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. Si tratta di tombe a tumulo, ossia di grandi cumuli di terra a copertura della sepoltura spesso recintati e spesso accoglienti più sepolture di appartenenti alla stessa famiglia. Il tumulo serviva a rendere visibile la tomba, quindi chi vi era sepolto, in conclusione la famiglia. Erano strumenti di celebrazione delle famiglie. I corredi sono molto ricchi e presentano oggetti, quali ambra, corallo e conchiglie, che indicano i contatti che queste ricche famiglie dovevano avere con altre genti del mediterraneo. Le prime tre sezioni mostrano una Parma arcaica certamente sotto la forte influenza etrusca ma al tempo stesso, essendo situata in una zona di frontiera, con un cultura “mista” dovuta alle molteplici influenze delle regioni circostanti.
L’età della colonia
La quarta sezione è dedicata alla romanizzazione. È illustrata la costituzione della colonia, le prime fasi di vita della città sino al suo epilogo durante le guerre civili quando, schieratasi con il Senato, fu distrutta da Marco Antonio. E pensare che pochi anni prima Giulio Cesare, grato dell’aiuto fornito dai parmigiani nella conquista della Gallia Transalpina, aveva onorato la città col titolo “Julia”. Vetrine contengono materiali romani che documentano la vita in età repubblicana. E’ esposto un ponte di legno a simboleggiare il passaggio dal popolamento sparso del periodo precedente alla fondazione della città. Un ponte sotto cui passa il corso del fiume ma soprattutto il corso del tempo.
A conclusione della mostra la foto dell’epigrafe monumentale di Lucio Mummio, storico conquistatore di Corinto nel
Le origini
Parma è sorta su un sito che ben si prestava ad ospitare una città in quanto, oltre ad usufruire di una grande disponibilità di acqua, era collocato lungo le importanti vie commerciali che attraversavano il territorio emiliano. La città ha attraversato diverse fasi di sviluppo, alcune hanno costituito delle vere e proprie cesure e segnato di conseguenza dei rinizi, tanto che il titolo “Storie di Parma” allude proprio al fatto che la città sia nata più volte.
Tito Livio (Ab urbe condita) racconta che nel
La fase “mista”
I recenti scavi hanno dimostrato l’esistenza di un abitato già prima della fondazione della colonia, ma ne hanno soprattutto evidenziato l’importanza in questa parte occidentale del territorio emiliano, importante crocevia per le comunicazioni con i Celti d’Oltralpe e confine tra Etruria propria e le culture dell’Italia settentrionale (come veneti e liguri). Si tratta di una serie di insediamenti di tipo stabile e di sepolture rinvenuti intorno l’area dell’attuale città. Mostrano una continuità di occupazione a partire dal VII secolo a. C. avanzato. I profondi legami con il mondo etrusco sono testimoniati dai numerosi materiali rinvenuti ma quello che emerge è una “cultura mista” dovuta al contatto con le diverse culture circostanti.
La fase celtica
Sono venute alla luce le prime testimonianze materiali riferibili alla fase gallica ascrivibile ai secoli V e IV a.C., periodo dell’occupazione celtica della Pianura Padana. Le testimonianze riferibili a questo periodo sono molto scarse e sembrano indicare la riduzione o la scomparsa dei centri abitati precedenti, causata probabilmente dalla ridefinizione delle vie commerciali e dalla ristrutturazione del territorio conseguente all’avvento della fase urbana.
La fase romana
Nel corso del III secolo a.C. il popolamento di Parma conosce un rinnovamento in forme strutturate, concentrate nella zona dell’attuale città, che anticipano l’installazione della colonia nel
Ciò che Tito Livio scrisse 2000 anni fa ha finalmente avuto la meritata conferma.