Sulla falsariga della PRIMA PARTE di questo articolo (GOLEM della scorsa settimana) arriviamo al tormentone dell’estate 2012… In radio c’è il pulcino Pio, è il pulcino Pio. E il pulcino Pio… sperando di non seguirne la sorte, di cui al finale splatter di questa canzone-filastrocca per i bambini… evoluti del XXI secolo, lanciata da Radio Globo.
Sulla stessa falsariga, ai fini delle tematiche qui in trattazione, va sottolineato come, in contestualità con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la Chiesa Cattolica si sia saldamente impossessata di Roma (e della “romanità”).
Questa considerazione rende più agevole rispondere agli altri “che fine hanno fatto”:
La Grande Italia (non quella originariamente dominante in modo indiscusso sul Mondo – vedi la prima parte dell’articolo, leggibile in allegato – mi riferisco ora a quella della quale si celebra, di questi tempi, il 150° anniversario dell’unità) e, qualche tempo dopo, l’Italia rinata dalle batoste della II guerra mondiale, sempre nel quadro espositivo delineato nella parte introduttiva, ovviamente.
La Grande Italia, nata, sia pure in modo controverso e forzato, dal Risorgimento, dopo che i piccoli Stati Sovrani della Penisola avevano dato onorevole contezza di sé nelle amministrazioni, nelle arti, nei progetti, nell’economia e nel commercio, è andata certamente incontro a consistenti passi falsi e incidenti di percorso. Parliamo di un giovane Stato nazionale con obiettivi e programmi già realizzati o addirittura superati dalle altre Grandi Nazioni europee. Ci furono scandali, errori e assoluta carenza di coesione e spirito creativo nella formazione di una cultura nazionale post-unitaria, la mancata promozione di una identità e dignità nazionale; ci fu la logica del gattopardo, ci furono anacronistiche guerre coloniali, quando il colonialismo era già in fase calante e Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo si limitavano ad amministrare l’esistente e uscirsene rimanendo nel solco della Storia, senza scossoni; titubanze nella Grande Guerra, poi fortunosamente risolte in modo, diciamo, abbastanza soddisfacente, ci fu una incredibile incapacità degli Organi di Governo e delle Classi dirigenti di rapportarsi alla questione meridionale e al fenomeno dell’emigrazione, pressoché sconosciuto prima dell’Unità d’Italia; ma quale fu la cancrena divorante, la voragine oscura alla quale facevo cenno? Quale fu il vuoto di dimensioni macroscopiche, che nessuna postuma rielaborazione e rivisitazione, per quanta buona volontà si metta in essa può riempire, tale da corrodere e spezzare dall’interno tutto l’apparato su cui si reggeva quello che avrebbe dovuto essere il porto sicuro e, al tempo stesso, il trampolino di lancio delle nuove generazioni?
Indubbiamente, a chiare lettere, il Fascismo, o più compiutamente, dopo l’11 febbraio 1929, il Clerical-fascismo, ed anche questo generò Santi in Paradiso. Inutile percorrere qui, in modo più ravvicinato, il Ventennio che condusse alla distruzione completa dell’Italia; abbondando gli scritti in materia. Basterà dire che, come si sa, volevamo spezzare le reni a qualcuno, ed è andata a finire, invece, che un po’ ci siamo spezzati le reni da soli, un po’ ce le hanno spezzate, dividendosi il compito, gli Alleati e i Tedeschi.
Poi, ad un certo punto, per fortuna e per l’impegno di chi si è rimboccato le maniche e ci ha messo la caparbietà, l’ingegno e il sudore della fronte, anche questo è stato superato ed è diventato periodo storico. Ma se ce lo fossimo scansati, credo che nessuno se ne sarebbe doluto.
Arriviamo così al dopoguerra. A dire il vero ci starebbe bene un’altra canzone qui, che fa “tengo ‘o core scuro scuro”, ma lasciamo perdere.
Molti delle nuove generazioni mi chiedono e molti della mia generazione si chiedono: che fine ha fatto l’Italia sì malconcia, ma piena di fermento e di spirito costruttivo, uscita dalla II guerra mondiale? Quell’Italia di grandi trasformazioni, dalla agricoltura latifondista alla “terra a chi la lavora”, dai palazzotti signorili ai piani urbanistici e all’architettura più avanzata, di grandi esperimenti innovativi nell’arte e nella tecnologia, delle avanguardie industriali, soprattutto nel campo dei veicoli e dei treni, del famoso “settebello”, della 500 che ci ha fatto sognare, dell’Alfa Romeo, della Vespa e della Lambretta, dello sbocciare di nuovi germi della letteratura, citiamo i Pasolini, Levi, Flaiano, Moravia, Calvino, e così via, come esili fiori di campo, dopo l’ubriacatura fascista, sull’innesto robusto di un passato da giganti, successivamente sommersi e probabilmente annientati per un tempo indefinito, da esorbitanti cumuli di concime alla Franzoni, Schettino, Scilipoti, buttati a valanga o a camionate, per usare un termine in voga, dai “nuovi regimi” di Destra e di Sinistra, quell’Italia delle vacanze romane, del varietà e del Grande Cinema, della individuazione del significato elevato e della valorizzazione in concreto dell’artigianato, a partire dalla moda, la cucina, l’Italia del pesce fresco di paranza acquistato al momento stesso in cui le reti venivano tirate a riva, dei grandi giardini, frutteti, vigneti e della libertà, per i bambini, non ancora imbottiti di iper-vitamine e super-proteine, di addentrarsi e scorrazzare in essi, come nei cortili, senza nessun intoppo, nessuna cintura di sicurezza, nessun divieto condominiale, e così via?
Beh… non si esce dalla Dittatura per dare vita alla Democrazia, di punto in bianco, così come non si passa dalla Monarchia alla Repubblica da un giorno all’altro, non si crea una Costituzione dal nulla, senza problemi e contraccolpi, così come non si muovono agevolmente i primi passi del suffragio universale, né si spazzano via le macerie morali e materiali in pochi giorni. Bisogna, quindi, tenerne conto nell’affrontare le problematiche della Nuova Italia.
D’altronde anche qui… fu forse Dante Alighieri ad imprimere un marchio imperituro sul nostro sventurato destino, ma l’intento di un sommo poeta può essere solo distruttivo? E siamo alla storia più recente; non mancano voragini oscure, cancrene corrosive di sproporzionate dimensioni che divorano dall’interno il nostro “bel Paese”, e di cui, oggi come oggi sentiamo direttamente gli effetti. Anche di questo, anzi soprattutto di questo, dobbiamo tener conto e fare tutto il possibile per inventarci dei riempitivi, affinché non si spezzi l’architrave, non collassi tutto intorno a noi, come accade nei nubifragi e terremoti, disastri, da noi, abbastanza frequenti, grazie ai quali siamo abituati a vedere, ormai, sconquassati territori, città e provincie italiane tra inefficienze, ignoranza e sataniche risate telefoniche, e si riesca, infine, a venirne fuori nel miglior modo possibile.
Come fare?
Io credo che, bene o male, con più o meno marcata onestà intellettuale, coerenza e forza d’animo, ci stanno lavorando un po’ tutti (o quasi) da varie angolazioni; ma la prima regola (e su questo avvertiamo certamente una notevole carenza… la “solita” notevole carenza) è la conoscenza della situazione (inconsistenza dell’informazione = inconsistenza della conoscenza).
Quale è allora il “male” da conoscere? La cancrena?
Bisogna rendersi conto e farsi una ragione, secondo me, e da questo muovere i giusti passi per cambiare, che la Democrazia Cristiana, arbitra del Paese per 50 anni, lo ha plasmato non secondo quelli che sarebbero stati gli interessi e la volontà del popolo italiano, ma le direttive dei nuovi padroni: Stati Uniti d’America, i vincitori, e il Vaticano, forte dei privilegi e del potere acquisiti dai Patti Lateranensi e investito di una forza ancora maggiore, in quanto garante, nei confronti degli Americani, di essere un inespugnabile baluardo contro il Comunismo e, in particolare l’Unione Sovietica, soprattutto in epoca di guerra fredda.
La Democrazia Cristiana come altro può definirsi infatti, se non un Partito fantoccio nelle mani del Sistema Occidentale e della Chiesa? Ricordate i manifesti elettorali dove i Comunisti mangiavano i bambini?
Le modalità per i nostri “veri padroni” di pilotare il consenso popolare, le scelte ecc. non dobbiamo certo andare ad insegnargliele noi.
E così, da che eravamo al centro dell’Impero, siamo finiti ai margini, certo non oltre il perimetro, ma nei lembi estremi dell’Impero, sì. Per tutto questo dovremmo maledire gli uomini politici della Cassa del Mezzogiorno, dell’IRI, della “legge truffa”, del boicottaggio del divorzio e dell’aborto in caso di necessità (oggi come oggi, inoltre, esemplificativamente, della fecondazione assistita, delle unioni gay, degli studi sulle cellule staminali, dell’eutanasia in casi estremi, della libera scelta da parte dei coniugi del cognome dei figli) e così via, e non già intitolare ad essi piazze, redigere monografie e intasare i media di loro interviste e proclami. Cominciare da questo sarebbe un gran passo, ma non puoi pretendere la Luna, quando non hai in mano nemmeno un telescopio amatoriale per vederne la superficie da lontano.
Ed eccoci al primo decennio del XXI secolo e III millennio – i tempi sono relativamente cambiati (e non mi riferisco solo all’ambiguo e instabile discorso dell’”Europa unita”), per molti versi sono peggiorati, ma c’è anche maggiore presa di coscienza; ad ogni modo le radici sono quelle. Se è vero allora, come dice Gregg Braden che bisogna guardare al passato per influire sul futuro, anzi, prima o poi, secondo una certa teoria quantistica, come già anticipato in diversi romanzi e film, tra cui una famosa saga cinematografica, sarà possibile, fisicamente, viaggiare nel passato e, magari, modificarlo, dobbiamo tenerne conto e trarre elementi per operare nel senso di una vera Democrazia, non di una Democrazia-fantoccio.
Per la tranquillità dei Cattolici più o meno osservanti (tra i quali io stesso mi colloco), costituenti la componente di gran lunga maggioritaria del popolo italiano, dirò che non ho assolutamente nulla contro la Religione Cristiana, liberata da tutti gli orpelli e gli arabeschi di cui l’hanno gravata principi e vescovi, Papi ed, in genere gli uomini. Ricordiamo qui le varie gravidanze e nascite, in stato di verginità, le assunzioni in carne ed ossa nel Regno dei Cieli, la varietà di apparizioni della Madonna, le stimmate, i volti santi; così come ricordiamo le caccie alle streghe, il genocidio dei nativi del Nuovo Mondo e la Sacra Inquisizione (Auto da fè – il momento culminante dei processi della Sacra Inquisizione – è il titolo in italiano, per volontà esplicita dello stesso autore, dell’unico romanzo del premio Nobel Elias Canetti, che non esito a definire un romanzo dell’orrore). Anche in tempi moderni, del resto, non mancano stragi ed obbrobri di ogni genere. Ma, allo stesso tempo, non dimentichiamo gli insegnamenti di Gesù Cristo, e gli innumerevoli martiri colpevoli solo di aver avuto fede nel suo messaggio. E’ per questo che credo, nonostante tutto, che il Cristianesimo sia una via maestra verso la percezione di Dio che, in varia misura è diffusa sulla Terra, soprattutto per il fondamento del “libero arbitrio” che, oggi come oggi, è molto svilito e illegittimamente compresso, proprio dai massimi esponenti del Vaticano. Verso quest’ultimo ho, al contrario, molto da protestare per la sua insopportabile ingerenza nelle questioni politiche dello Stato italiano, per definizione, come ogni altro Stato democratico e moderno, laico e indipendente.
Credo che Roma, l’Italia, quel che resta di essa, ma più aderentemente, diciamo, il popolo italiano in generale, ricomprendendo in esso i numerosissimi italiani all’estero, legati alla Madrepatria più di quanto non si immagini, proprio da qui dovrebbero riprendere il cammino (“adesso” come dice Braden); ritornare, per intenderci e riallacciare, così, le fila del discorso, alla dimensione ideale di un Costantino il Grande, non al dominio sulle coscienze di un San Teodosio.