Ci sono lacrime d’amore. Le ho viste in questa storia. Lui ha ottantasei anni, catanese, e si chiama Orazio, lei ha ottantacinque anni e si chiama Rachele (catanese anche lei) e sono follemente innamorati dopo sessantasette anni di matrimonio. Lei ora è ricoverata in una clinica a causa di una frattura, a letto, e aspetta ogni giorno la visita del marito. Ogni volta la scena si ripete, entrambi al momento dell’incontro si emozionano e scendono le lacrime. A niente valgono le raccomandazioni dei figli a Orazio: “Papà non piangere quando la vedi, che non la aiuti”.
Lui sistematicamente come entra nella stanza e la vede nel letto si emoziona e piange. Anche lei si commuove sempre quando lo vede e le lacrime escono copiose. Succede anche quando arriva l’orario di visita e Orazio non spunta, quando arrivano i figli e non c’è l’amato marito, le lacrime silenziosamente rigano il volto. Rachele e Orazio sono una sola persona, legati uno all’altro da un amore sconfinato che non è stato assolutamente consumato dal tempo, anzi si è consolidato. Orazio vive la giornata in funzione dell’incontro con la sua amata Rachele: quando si avvicina l’orario di visita si aggira nervosamente in casa in attesa dell’ora giusta per uscire. Orazio è un uomo semplice che ha fatto il pescatore per tanti anni e ha lavorato anche nelle ferrovie dello Stato come operaio e poi come capo squadra, è un uomo di grande fede. Lui e la moglie sono Evangelici. Orazio conserva gelosamente un piccolo componimento che racchiude con intensità quest’amore senza tempo: “A quindici anni Ti incontrai- A Sedici anni di te mi innamorai- A diciotto anni il mio amore dichiarai- E il tuo consenso trovai- Il quindici novembre del 1945 ti sposai- E il mio sogno d’amore appagai”.
E’ un foglietto che nonostante sia stato scritto tanti anni fa, quasi non mostra i segni del tempo, è solo un po’ ingiallito. Racchiude un amore di due ragazzini che durante la guerra si sono innamorati e hanno deciso di sposarsi, anche se non avevano nulla. Le bombe che cadevano non li hanno scoraggiati. Tutto intorno c’era distruzione e morte. Entrambi orfani di madre, ma per loro contava solo vivere insieme, unirsi in un’unica vita. I primi anni sono stati duri, per gli sposini, spesso capitava che non ci fosse nulla da mangiare a tavola, erano i tempi della guerra e del primo dopo guerra. Quando la moglie faceva presente al marito che non avevano nulla per la cena, Orazio senza battere ciglio diceva che era meglio così, quella sera non aveva fame. Le difficoltà, che di quei tempi erano tante, le incomprensioni che capitano anche nelle migliori famiglie, non sono mai state motivi di litigi o per alzare la voce tra loro. Ora che sono anziani, hanno cinque figli e tanti nipoti e nuore affezionate, e il loro amore è di esempio per tutti. In questo momento il disagio più grande dei due coniugi non è il ricovero, ma il fatto che non possono stare sempre insieme, per loro è questo il dolore più grande, in oltre settant’anni non si sono mai separati.
Che dire… per le coppie attuali ogni motivo è un litigio, ogni divergenza è un divorzio. Ci lamentiamo dei momenti difficili, ma la maggior parte delle difficoltà non sono nemmeno paragonabili a quelle che Orazio e Rachele hanno affrontato. E’ stato sufficiente solo il loro amore. Ora, perché non basta più solo essere innamorati per vivere una vita insieme?