L’accusa di plagio, sollevata dalla rivista Nature, è arrivata a pochi giorni dall’inizio della sperimentazione del “Metodo Stamina”, decisa dal Ministero della Salute.
La polemica si riferisce al controverso metodo di cura ideato da Davide Vannoni, il quale afferma di aver scoperto un particolare “cocktail” di cellule in grado di curare malattie neurodegenerative molto gravi che colpiscono soprattutto i bambini. Dopo una campagna mediatica, durata mesi, lo scorso 9 aprile Vannoni ha ottenuto la liberalizzazione della sua cura, non sperimentata né protocollata, grazie al decreto (approvato dal Senato) dell’allora ministro della Sanità Balduzzi.
Successivamente il testo è stato modificato dalla Camera consentendo di continuare ad usufruire del metodo stamina solo a chi aveva già iniziato le cure. Tuttavia il procedimento che consentirebbe alle cellule staminali del midollo spinale di trasformarsi, in breve tempo, in neuroni rimane ancora misterioso. Nessuno conosce, ad oggi, l’esatta composizione del “cocktail” cellulare di Vannoni, né le modalità con cui trapianta le cellule. Una cura mai sperimentata riguardo alla quale non esistono né studi né pubblicazioni scientifiche. Se si aggiunge il fatto che Vannoni non è un medico, ma un docente di Psicologia Generale laureato in lettere, si capisce lo scetticismo che la comunità scientifica ha, da sempre, nutrito verso la questione. Nonostante i dubbi degli scienziati, il Ministero della Salute aveva deciso di avviare la sperimentazione del metodo sotto la pressione dell’opinione pubblica e delle sentenze di numerosi giudici del lavoro che hanno disposto l’accesso alle cure per alcuni pazienti. Ma, dopo l’articolo pubblicato da Nature, tutto potrebbe tornare in discussione.
L’articolo di Nature
L’ennesima, forte, denuncia (http://www.nature.com/news/italian-stem-cell-trial-based-on-flawed-data-1.13329)della prestigiosa rivista scientifica Nature nei confronti del controverso “Metodo Stamina”, è arrivata mercoledì 3 luglio e ha sollevato, fin da subito, un vespaio di polemiche. L’accusa lanciata dall’articolo in questione è addirittura quella di plagio: Vannoni avrebbe copiato il protocollo da una ricerca russa, per ottenere il via libera alla sperimentazione. A dimostrarlo ci sarebbero due foto allegate alla richiesta di brevetto avanzata da Vannoni negli Stati Uniti. Le foto in questione mostrano le cellule staminali trasformate in presunti neuroni ma, purtroppo, le foto sono quelle di uno studio condotto in Russia qualche anno fa. Oltre alle “prove” del plagio, Nature elenca i motivi per cui gli Usa hanno rifiutato la domanda di brevetto di Vannoni nel 2010. L`ufficio brevetti americano, ha rigettato la richiesta della Stamina Foundation perché non includeva sufficienti dettagli sulla metodologia e perché, secondo gli scienziati americani, il metodo non sarebbe, realmente, in grado di trasformare le cellule mesenchimali (del midollo) in neuroni.
L’ “olio di serpente”
Tutta la metodologia di cura messa in piedi da Vannoni non sarebbe altro che un bluff e già molti, a partire dai vertici dell’Aifa (agenzia italiana del farmaco), chiedono che venga sospesa la sperimentazione del Metodo Stamina, sperimentazione per la quale il Ministero ha stanziato ben 3 milioni di euro. Al di là dell’ingente investimento pubblico per sperimentare la cura, una valutazione scientifica da parte delle massime istituzioni sanitarie è più che mai opportuna per dare delle risposte a quanti, ammalati e familiari, hanno riposto e ripongono speranza nel metodo Vannoni. Nell’attesa che si dica una parola definitiva circa l’efficacia della sua cura, Vannoni avrebbe tutti i motivi per fornire i dati di cui è in possesso (se esistono) e dimostrare così al mondo la validità delle sue teorie. Sfortunatamente, però, a quattro giorni dall’inizio ufficiale della sperimentazione non è ancora stato fornito alcun protocollo ufficiale da parte della Stamina Foundation. Anzi l’articolo di Nature ha spinto Vannoni a chiedere al Ministero della Salute ulteriori condizioni, ovviamente respinte al mittente, per avviare le sperimentazioni. Fino a questo momento, dunque, l’unico dato di fatto certo nell’intera vicenda sembra essere la totale assenza di certezze. Per questo il metodo Vannoni è stato paragonato, dagli studiosi italiani, all’olio di serpente americano, diventato sinonimo di un rimedio di nessun valore che viene spacciato come una cura miracolosa.
Il Metodo Stamina a confronto con la scienza
Vannoni stesso sembra ammettere che la sua cura non possiede un vero e proprio metodo, perché, come ha dichiarato alla rivista Wired: “Il ministero della Salute ci chiede un protocollo standard, ma Stamina ha una tecnica diversa. Gli esseri umani sono diversi l’uno dall’altro, quindi anche le cellule che li compongono hanno comportamenti diversi”, tuttavia, se così fosse ogni pretesa di scientificità della sua teoria andrebbe a farsi benedire. Se infatti il procedere scientifico prevede la corroborazione di una teoria attraverso l’osservazione e la ripetibilità dell’esperimento, la comunicabilità e la condivisione di dati e risultati ottenuti è una parte altrettanto fondamentale del metodo della scienza, da Galileo ai nostri giorni. E serve a poco sostenere che gli esseri umani sono diversi e quindi il metodo funziona solo su alcuni. In che percentuale è efficace? Purtroppo non si sa nemmeno questo e Vannoni sembra ignorare che la ricerca scientifica di solito va alla ricerca delle Leggi di natura, che, secondo logica, dovrebbero essere quanto più possibile universali.
Ancora una volta dunque, come negli anni ’90, ai tempi della cura anticancro del prof. Di Bella, l’Italia si spacca in due: la società da un lato e la comunità scientifica dall’altro, in un contrasto che sembra inconciliabile. Al netto della sacrosanta emotività dei parenti e delle vittime di malattie così gravi, è chiaro che nel nostro Paese non abbiamo un buon rapporto con la scienza, o meglio con la mentalità scientifica e la razionalità che essa implica se, sull’onda dell’emozione, si liberalizza un trattamento mai sperimentato prima in laboratorio. La cautela in questi casi è d’obbligo, soprattutto se a essere trattati con la nuova “cura” sono dei bambini. La procedura di sperimentazione di un qualsiasi farmaco prevede una fase di sperimentazione in laboratorio prima di qualsiasi test clinico su pazienti umani. Se e quando la sperimentazione inizierà, sarà forse il primo caso in Occidente di una teoria sperimentata direttamente sui pazienti, prima di qualsiasi verifica e controllo empirico. Di certo la scienza non fornisce delle verità ultimative ma anzi è, per sua stessa natura, sempre soggetta ad essere rimessa in discussione, aperta a nuovi contributi, idee, teorie e, proprio per questo, è, ad oggi, il miglior metodo disponibile per risolvere i nostri problemi. Sebbene la sperimentazione appaia, per molti versi, come un azzardo conviene , a questo punto portarla a termine per accertare l’efficacia del metodo stamina e arrivare così ad una sua valutazione scientifica e il più possibile definitiva.
Nel frattempo però, gli appelli di illustri ed esperti studiosi, internazionali e italiani, si moltiplicano e chiedono con insistenza che il Governo blocchi la sperimentazione di una cura considerata, oramai, una vera e propria truffa da tutta la comunità scientifica. Il tempo a disposizione di Vannoni e della sua Stamina Foundation, sta, dunque, per scadere e dal Ministero della Salute è arrivato un vero e proprio ultimatum: se entro lunedì prossimo il metodo e i protocolli di applicazione della cura Stamina non saranno consegnati, la sperimentazione rischia di saltare definitivamente. Se ciò dovesse accadere è chiaro che Vannoni e i suoi collaboratori non potranno più accampare nessuna pretesa di “scientificità” per il loro metodo perché, come sosteneva il padre dell’epistemologia moderna, Karl Popper: “Quelli che non espongono volentieri le loro idee al rischio della confutazione non prendono parte al gioco della scienza”.