Si sente spesso parlare di stalking ma a volte si ha l’impressione che non si sappia realmente di cosa si stia parlando, addirittura capita che si faccia confusione tra la definizione di stalking e quella di mobbing.
Cerchiamo di chiarire tutti i dubbi e di approfondire la questione.
Definizione di stalking
E’ abbastanza noto che lo stalking sia riferito a comportamenti intrusivi di un individuo che vuole ottenere attenzioni da parte di un altro, ma esattamente cosa vuol dire stalking?
Stalking è un termine inglese che letteralmente vuol dire “fare la posta”, esattamente come i predatori fanno con le loro prede.
Detto questo si può quindi sostenere che lo stalking sia esattamente l’inverso del mobbing, col quale viene spesso confuso, che invece ricorda l’espellere dal branco. Quindi mentre nel mobbing abbiamo una persona di un gruppo che subisce allontanamento, nello stalking abbiamo una preda che subisce avvicinamento da un “cacciatore”.
In pratica mentre nello stalking il predatore ha bisogno della propria vittima per “vivere”, nel mobbing il desiderio è quello di disfarsene per mantenere l’equilibrio sociale.
Tipi di stalking
Lo stalking viene messo in atto per due motivi principali: la ricerca dell’amore, da conquistare o riconquistare; il desiderio di umiliare coloro che sono visti come punto nevralgico delle proprie pene, delusioni e sensazioni di inferiorità.
A prescindere dalle motivazioni, vi sono principalmente due modalità comportamentali in cui viene messo in atto lo stalking.
La prima viene definita comunicazione intrusiva, e come dice stesso il termine riguarda tutti i tipi di comunicazione non desiderati messi in atto dallo stalker, ovvero le telefonate insidiose, le lettere, le e-mail e gli sms con messaggi adulanti o offensivi, inviati nonostante una richiesta esplicita da parte del destinatario di sospendere tale attività indesiderata.
La seconda riguarda il vero e proprio contatto, il quale si divide ulteriormente in controllo e confronto. Per quanto riguarda il primo tipo siamo di fronte a comportamenti messi in atto dallo stalker in modo nascosto e insidioso, ovvero tramite pedinamenti e sorveglianza; per quanto riguarda il secondo, il confronto, lo stalker viene a contatto diretto con la vittima: la tampina aspettandola sotto casa, o si presenta sul posto di lavoro, altre volte passa direttamente all’azione, aggredendola (fisicamente o verbalmente) o tentando un approccio sessuale.
Gli stalker solitamente adottano a seconda dei casi una o l’altra una modalità comportamentale: molti preferiscono rimanere nell’ombra, altri escono allo scoperto trovando nell’aggressione la loro principale soddisfazione. Nonostante la propensione verso uno o l’altro comportamento, non è raro che vengano messi in atto entrambi. In particolare coloro che arrivano a stabilire un contatto con la loro vittima spesso sono passati per la comunicazione intrusiva, senza mai abbandonare del tutto questo tipo di intromissione.
Vi sono anche altri comportamenti che possono essere annoverati nello stalking e che solitamente “condiscono” le altre due modalità, ovvero l’invio di doni, le inserzioni di annunci su riviste o social network, e procedimenti legali di varia natura.
E’ veramente stalking?
Non bisogna confondere il corteggiamento o i tentativi di riavvicinamento di un ex innamorato, seppur indesiderati, con lo stalking. Quest’ultimo è un reato vero è proprio punito dal codice penale “con la reclusione da sei mesi a quattro anni” prevista per “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita” (art. 612-bis c.p.).
Perché si possa definire realmente stalking vi deve quindi essere continuità temporale, insistenza e ripetitività, inoltre il comportamento deve indurre un fondato timore nella vittima tale da condurla potenzialmente a cambiare la propria quotidianità.
A livello psicologico si deve notare nello stalker un investimento affettivo condito di idealizzazione nei confronti della vittima e di passione o sentimenti squilibrati.
Sono quindi la frequenza, la potenziale pericolosità e l’intensità emotiva investita a trasformare un corteggiamento in stalking. L’intensità emotiva di un “corteggiamento malato” la si comprende dalla mescolanza dei diversi tipi di approccio e dalla loro reiterazione. Un corteggiatore che si limita a mandare solo lettere d’amore non si può considerare uno stalker o per lo meno non ancora, lo stesso vale per un uomo che si limita a seguire con lo sguardo la sua amata durante il tragitto per tornare a casa.
Cosa accade nella vittima
Sono diverse le sensazioni che prova la vittima di stalking e cambiano in relazione al tipo di stalking e al modo di viverlo.
Solitamente le vittime di stalking, provano grande paura, terrore che arriva a condizionare tutta la loro vita. Frequenti saranno i disturbi quali ansia, insonnia, attacchi di panico, irritazione, flashback intrusivi e tutti quei sintomi che caratterizzano i disturbi post traumatici da stress, tra cui depressione, rabbia, improduttività, incubi, stanchezza cronica, variazione del peso, aumento o perdita dell’appetito, ecc. Talvolta la vittima vive anche sentimenti di colpa sviluppando la convinzione di meritare quanto stia accadendo.
A proposito di vittime dobbiamo accennare ad alcune situazioni in cui la vittima prova una segreta soddisfazione e gratificazione nel subire stalking: ognuno è libero di trovare soddisfazione in ciò che vuole se questo non arreca male ad altri, ma probabilmente in questi casi le vittime sono gli stalkers che non riescono ad abbandonare un sentimento, per quanto espresso in maniera insana, arrecando invece gratificazione nel falso “martire”.
Come aiutare la vittima
La prima cosa da fare è non allarmare la vittima dello stalking, spesso infatti la comunicazione mass mediatica, così come gli amici e i familiari con le loro preoccupazioni, vanno a creare una profezia che si autodetermina.
La vittima impaurita può infatti avere proprio l’atteggiamento che lo stalker richiede per sentirsi importante e gratificato. Invece un comportamento di totale indifferenza può far terminare lo stalking sul nascere in quanto lo stalker non trova soddisfazione.
Ma nei casi in cui lo stalking abbia già avuto l’effetto desiderato, bisogna che si agisca in modo più mirato. In questi casi utile sarà rivolgersi ad un sostegno psicologico, a gruppi di auto aiuto ben preparati, oltre che ad un buon avvocato che segua gli eventi.
Sarà ovviamente necessario che la vittima non risponda a nessuna comunicazione intrusiva e non ceda alle provocazioni durante i contatti diretti: qualsiasi tipo di risposta negativa o aggressiva non fa che aumentare l’azione di stalking.
All’inizio ignorare lo stalker sembra incrementare la sua persecuzione ma in realtà è solo una tempesta prima della quiete, è un tentativo da parte dello stalker di spingere la vittima nel terrore ma non riuscendo tale tentativo, lo stalker rinuncia all’assillo.
Se la vittima non riesce a fare a meno di leggere le e-mail e gli sms, se le è possibile dovrebbe cambiare numero di telefono e indirizzo di posta elettronica, tenendo cura di comunicare i nuovi contatti solo agli amici intimi o alle persone cui è strettamente necessario.
Ma se lo stalker, come più spesso accade, conosce l’indirizzo della vittima o dove essa lavori, cambiare numero ed email potrebbe aumentare le sue visite a domicilio, sarà allora più utile aggiungere una linea telefonica e un indirizzo e-mail, che diventino quelli ufficiali, lasciando l’altro numero e l’altro indirizzo di posta elettronica attivi, ma “abbandonandoli” così che lo stalker continui a sfogarsi su contatti fantasma in modo che non si senta tagliato fuori del tutto dalle comunicazioni. In questo modo si evita che arrivi a cercare un contatto diretto, pian piano si stancherà di non ricevere alcuna risposta e smetterà del tutto con la sua persecuzione.
Per coloro che subiscono pedinamenti, utile sarebbe non essere abitudinari nei percorsi e negli orari. Inoltre non sarebbe una cattiva idea sviluppare sicurezza in se stessi tramite attività gratificanti. Adatto allo scopo potrebbe essere un corso di difesa personale o di arti marziali, il quale di per sé crea una sicurezza psicologica utile a vincere quel sentimento che mantiene vivo lo stalking, ovvero la paura.
Contesti e tempi dello stalking
Sia gli uomini che le donne stalker prediligono vittime di sesso femminile. La causa principale dello stalking è la relazione sentimentale, ovvero un rapporto ormai finito o la probabilità che finisca, o anche dal desiderio di far nascere un rapporto. In particolare l’uomo tende a fare stalking soprattutto ad ex amanti o ex fidanzate, mentre la donna tende a fare stalking a persone con le quali non è entrata in intimità sessuale, per lo più “amici”, amanti del coniuge, e partner desiderabili.
Altri contesti in cui avviene lo stalking sono in ordine di frequenza: il proprio condominio, il posto di lavoro (o l’università) e la famiglia. In questi contesti può avere cause diverse che vanno dall’amore ossessivo all’“odio catartico”, passando per entrambi i sentimenti mescolati assieme.
Molti tipi di stalking nascono da un rapporto di tipo professionale: coloro che esercitano professioni di aiuto, come gli psicologi e gli psichiatri, sono tra le categorie maggiormente a rischio stalking.
Solitamente lo stalking dura da 3 mesi a un anno, ma è anche vero che più vi è stata intimità tra la vittima e il persecutore, più questo è longevo. Oltretutto se la vittima “fa il gioco” dello stalker mostrandosi impaurita da quello che le sta accadendo, questo gioco potrebbe potenzialmente perdurare per tutta la vita, o fino a che la vittima non smetta di essere impaurita o irritata, insomma non smetta di dare corda al suo stalker.
Ma chi è lo stalker? Esiste un profilo tipico di personalità che lo caratterizza? Quali sono le sue motivazioni più segrete ad indurlo a tale gesto? Di questo e altro parleremo nella prossima puntata. (fine prima parte – continua)