Dalla morte alla vita. Ci sono vite che hanno dell’incredibile e quando le conosciamo non riusciamo a sottrarci a una valanga di interrogativi. La storia di Antonio Mele è una di queste.
“Quando avevo sedici anni, ero contrario alle droghe pesanti – spiega Antonio- capitava che fumassi qualche canna, ma non mi sono mai spinto oltre. Mio fratello, più grande, faceva uso di droga e un giorno, in un raid punitivo, lo uccisero insieme con altri due giovani (spacciatori) in una masseria del brindisino. Mio fratello aveva solo ventun’ anni. Il dolore e la disperazione erano più grandi di me: volevo trovare i colpevoli. Preso dalla rabbia feci l’errore più grande della mia vita (avevo 18 anni): entrai nel giro delle droghe e cominciai a tirare eroina e in seguito a bucarmi”.
E’ strana la vita… si è convinti di poter fare giustizia e il mondo che si vuole affrontare è un mostro a tante teste che ci avvinghia e non ci lascia.
Antonio non scoprirà nulla su chi aveva ucciso il fratello a sangue freddo e in più finirà per drogarsi per cinque lunghi anni. Poi, a 23 anni, mentre era insieme ad uno spacciatore, viene arrestato. Finisce in galera per un mese. Il giudice nelle successive indagini capisce però che Antonio è estraneo al traffico di stupefacenti e lo scarcera.
Appena libero, Antonio si fuma una canna e resta intontito. Una novità, per lui. La cosa lo porta a riflettere seriamente. E quando un amico lo invita ad andare a farsi di eroina, Antonio lo respinge bruscamente. Da questo gesto comincia la sua rinascita.
La sua ragazza gli propone di lavorare come venditore nel campo dell’abbigliamento. Frequentare tante persone nuove, cambiare zona, lo appassiona e nel 2000 decide di comprare una piccola attività ambulante, tutta per lui. Da rappresentante diventa commerciante e tre anni dopo compra addirittura un negozio a Oria, nel Brindisino, dove è nato, e si lancia come imprenditore nel settore dell’abbigliamento.
Ma nel 2006 il destino torna a far sentire la sua violenza: il papà di Antonio, fermo sul ciglio della strada, viene investito e ucciso. Il conducente dell’auto era un giovane che faceva uso di stupefacenti. Fantasmi del passato che tornano nella vita di Antonio.
A questo punto scatta la voglia di reagire, decisamente: Antonio s’impegna nel volontariato in un’associazione che combatte la droga. La stessa dove già suo figlio, che ora ha 22 anni, operava da qualche tempo. A gennaio di quest’anno Antonio ha fondato, insieme con altre tre persone, una nuova associazione che offre aiuto a chi è prigioniero della droga. Antonio ne è il presidente, Erminio Palmisano, un passato da detenuto, è il suo vice e Patrizio Pipino, anche lui con una storia difficile alle spalle, è il segretario. E poi c’è Orlando, il figlio di Antonio.
L’associazione “Speranza per la vita” organizza tanti incontri con i giovani, i suoi fondatori mettono a disposizione le loro testimonianze per far capire che ad entrare nel giro della droga c’è solo da perdere.
Un numero è attivo 24 ore su 24 (3895261635) per dare consigli, per ascoltare, per avviare dei percorsi per chi è in difficoltà con le droghe, l’alcool. Ora hanno anche un sito http://www.speranzaperlavita.it/ e una pagina Facebook. L’associazione ha sede a Oria, in piazza Lama, con un centro ascolto. Adesso la strada di Antonio, a 48 anni, è una strada di speranza: è sposato, padre di due figli, è un imprenditore e ogni giorno lotta per far ritrovare il futuro a chi l’ha perso.