La riforma della professione forense va approvata così com’è, non è più procastinabile ha affermato il 16 marzo scorso il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa in un’intervista al Sole 24 ore. Ma se dovesse entrare in vigore il testo della riforma forense «così com’è», che ne sarebbe del regolamento sulle specializzazioni approvato dal Consiglio nazionale forense il 24 settembre scorso e che entrerà in vigore dal 30 giugno 2011, ma che non è proprio in linea con l’attuale stesura dell’articolo 8 della riforma?
Prevarrebbe, ovviamente, la legge statale. Ma allora perché affrettarsi a stilare un regolamento con la riforma dell’ordinamento forense all’esame del Parlamento che proprio per questa è pressato più che mai dall’organo istituzionale dell’avvocatura?
Ricostruiamo la vicenda. La riforma dell’ordinamento forense è attesa dalla categoria da decenni. Nonostante la folta schiera di avvocati-parlamentari dell’argomento se ne parla da almeno un decennio ma nessuna riforma passa il vaglio delle Camere. Appena insediatori, nel 2008, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, da bravo avvocato, si dichiara subito disponibile ad un confronto sull’argomento e al Congresso nazionale forense di Bologna (novembre 2008) e dice: «se da tutta l’avvocatura arriverà una proposta condivisa di interventi, io non avrò alcuna difficoltà a portarla in parlamento».
Il testo infatti è stato presentato in Parlamento alla fine del 2008 e, in concomitanza con un altro Congresso nazionale forense, quello di novembre 2010 a Genova, con una improvvisa accelerazione dopo due anni di “stasi”, ha visto il via libera da parte del Senato proprio il giorno prima che iniziasse il 30° congresso forense.
Il Parlamento procede troppo a rilento, questo il motivo che avrebbe spinto il Consiglio nazionale forense a presentare il 24 settembre un regolamento oer il riconoscimento del titolo di avvocato specialista che però ha suscitato molte polemiche nel mondo dell’avvocatura. Dimostrazione pratica ne è stata data proprio al Congresso di Genova, dove l’assemblea ha approvato a maggioranza una mozione che chiede al Cnf di ripensarci e ritirare il Regolamento (la mozione è leggibile tra i documenti correlati).
Sull’argomento l’avvocatura è letteralmente spaccata in due: ad essere favorevoli al regolamento sono sicuramente le Camere penali, dalla pluriennale tradizione in materia di formazione specializzante, l’Agi, associazione giurislavoristi, l’Aiaf, avvocati per la famiglia, l’unione nazionale delle camere civili e l’Uncat, avvocati tributaristi. A criticare il testo sono invece l’Organismo unitario dell’avvocatura, l’Associazione nazionale forense e alcuni Ordini forensi come Bari, Firenze, Napoli e Palermo. Il Tribunale amministrativo del Lazio, infatti, ad aprile affronterà l’argomento, visti i ricorsi presentati.
Le principali critiche al regolamento del Cnf riguardano sia il merito che il metodo portato avanti dall’istituzione. Per quanto riguarda il modo, non è stato ritenuto proprio democratico l’aver voluto disciplinare una materia senza condividerla con tutto il mondo forense (da dimostrazione del fatto che la materia non fosse stata concertata ci sono ancora i ricorsi presentati al Tar). Nel merito poi le maggiori critiche riguardano l’esclusività lasciata ai soggetti sulla formazione e la disciplina transitoria, che vanifica il senso stesso delle specializzazioni perchè permette l’iscrizione per “anzianità senza nessuna formazione specifica e quindi senza dare garanzie ai cittadini.
Secondo la mozione approvata al Congresso poi, il regolamento favorirebbe alcune associazioni, abilitandole ad organizzare corsi di formazione. Secondo il testo del Cnf, infatti, per ottenere il titolo di specialista occorre frequentare un corso biennale, una scuola o un corso di alta formazione riconosciuti dal Cnf. Corsi che possono essere tenuti dalle associazioni riconosciute dal Cnf che abbiano una disciplina degli organi associativi su base democratica e non avere fini di lucro.
Il problema però è sorto quando le associazioni specializzate hanno costituito una società, la Gnosis Forense srl il cui CdA è composto da rappresentanti delle stesse associazioni, proprio per organizzare i corsi di specializzazione (vedi verbale del CdA del 15 giugno allegato). I corsi stanno partendo in questi giorni, hanno la durata di due anni e costano 3600 euro più Iva, divisi in tre rate da 1200 euro ciascuna.
«Non c’è alcune intenzione di guardagnare sulle specializzazioni» ha sottolineato il presidente delle Camere penali, Valerio Spigarelli. «le Camere penali hanno una tradizione pluriennale nel circuito della formazione altamente specializzata – ha continuato Spigarelli – Gnosis è una società strumentale, costituita solo per organizzare i corsi, uno strumento tecnico, il veicolo più idoneo per prendere in affitto locali, gestire materiale e fondi per le segreterie». Se alla fine dei giochi ci fosse anche un minimo guadagno, ha concluso Spigarelli, questo verrebbe subito reinvestito nella formazione.
Ma le polemiche non si sono affatto placate perchè il Cnf ha chiesto a fine gennaio 2011 un ulteriore contributo alle componenti dell’avvocatura al fine di meglio definire il regolamento di settembre 2010.
Una definizione illegittima per alcuni Consigli dell’ordine e per l’Associazione nazionale forense, perché l’Assemblea di Genova avrebbe chiesto il ritiro del testo e la partenza di una discussione ex novo.
Ad aprile, intanto, si aspetta la pronuncia del Tribunale amministrativo.
Regolamento specializzazioni
Mozione Genova
verbale Gnosis 15.06.2010