Quando il welfare di sistema va in crisi, scende in campo, quando può, quello aziendale che con accordi sindacali o con intese dirette con i lavoratori propone modelli ed iniziative di sostegno del quotidiano, in fabbrica e non solo. Un sistema integrato a cui a volte partecipano non solo azienda, lavoratori e sindacato ma anche gli enti territoriali e l’associazionismo locale che contribuiscono realizzazione di una ”mappatura” della realtà e dei bisogni del territorio. La situazione naturalmente è diversa da Nord a Sud e varia anche da un distretto industriale all’altro; è quindi difficile stilare un ”indice di gradimento”, comune a tutti. Tuttavia, nella classifica delle priorità, troviamo ai primi posti la flessibilità del lavoro (adottata dalla maggioranza delle imprese), che consente, ad esempio, l’assistenza ad un anziano o di accompagnare i figli a scuola, la gestione di asili aziendali, l’aiuto diretto al ”carrello della spesa”, con contributi diretti o con la presenza di spacci aziendali con prodotti a margini zero o poco più, l’acquisto di libri scolastici e l’erogazione di borse di studio ai figli dei dipendenti. Ancora tra i provvedimenti adottati dalle imprese e “graditi” dai lavoratori troviamo la gestione delle emergenze , con la concessione di permessi straordinari che non gravano sul monte ferie o sulla busta paga, i supporti per la cura degli anziani con la messa a disposizione di convenzioni con centri specializzati. E poi ancora la possibilità per il lavoratore di accedere a prestiti, a check up gratuiti o con una quota di costi a carico dell’azienda.

Di Golem

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