Di sera tornava nella sua Canonica di periferia. Il parroco non si era piegato come quel personaggio di Alessandro Manzoni alle prepotenze dei Bravi e senza cattivi pensieri rientrava con la sua utilitaria da una festa di compleanno improvvisata dai suoi amici.
Era il giorno del suo compleanno ma il prete era così preso dalla rettitudine che altri glielo avevano ricordato. Soddisfatto del convivio dopo una lunga giornata di lavoro nella sua mente contemplava una speranza per la sua gente che viveva in un quartiere senza servizi sociali. In pochi anni l’aveva trasformato con altre persone di buona volontà in un luogo più umano che anelava al riscatto. Molti cittadini di quella città avevano ritrovato la dignità e la libertà semplicemente nel mettere insieme risorse e passione. Il parroco che insegnava in un liceo aveva conferito il suo stipendio per comprare una casa. La dimora di tutti quelli che avevano il bisogno di sentirsi uniti e vivere. Non aveva mai chiesto agli altri ma quel suo gesto evangelico aveva aperto il cuore dei più generosi che contribuivano in silenzio con i mezzi a loro disposizione. Non era solo la povertà che corrompeva l’esistenza ma la corruzione del vivere tra droga e violenza.
Palermo Quartiere Brancaccio: 15 settembre di venti anni fa. Un colpo alla nuca, del killer dietro le spalle che fotografa la codardia dell’assassino che fredda l’innocente. Ricorda le esecuzioni sommarie dei nazisti contro gli ebrei di Meina nel 1943, la violenza efferata nei confronti dell’innocente Maria Grazia Cutuli uccisa nel 2003 in Afghanistan. Il vigliacco sapeva di toccare un inerme che non poteva difendersi e lo prese alle spalle come si prende un agnello per non guardarlo negli occhi.
Mario Lancisi nel suo libro “Don Puglisi il Vangelo contro la Mafia” ripercorre quel terribile anno 1993. Nel maggio il discorso del Papa Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi, un luogo degli ultimi giorni dove riecheggia come un uragano il dolore del pastore che ha perso la speranza di recuperare buona parte del gregge che è sull’orlo del precipizio. La terribile estate delle stragi di Milano, Roma e Firenze. La sfida della mafia al cuore della cultura italiana e del cattolicesimo. La formazione di Don Pino Puglisi viene dal Concilio. Sobrietà e studi rigorosi non solo di religione per capire la contemporaneità dell’Uomo. Grande povertà e alta cultura non esibita interiorizzata ed elargita agli umili.
Una biblioteca selezionata di autori del rango di Emmanuel Mounier, Jacques Maritain, Don Milani, Chiara Lubich, Giorgio La Pira, e Oscar Romero ucciso mentre celebrava messa. Una biblioteca non solo religiosa che si allarga ad altre religioni e alla cultura laica per capire il travaglio della transizione. Testimone scomodo e attivo in un processo di trasformazione. Don Puglisi quel 9 maggio ascoltò in tv l’omelia del Papa. Gli erano piaciute le parole che erano nel solco del suo impegno pastorale. Era un mite don Pino. Gli esecutori furono individuati e i mandanti presi a Milano ma rimane il mistero del movente. La mafia colpì un uomo per intimidirne mille con metodo nazista. Una sorta di risposta al discorso di Siracusa di Giovanni Paolo II secondo le deduzioni del pm Lorenzo Matassa. Dopo 20 anni festeggiamo la proclamazione del Beato Puglisi che non verrà mai raffigurato nelle immaginette per evitare i riti di iniziazione alla malavita. Sarà invece un grande quadro a raffigurarlo nella gloria dei Santi. Un affresco alla Tintoretto con il popolo di Palermo raffigurato nel sollevarlo dalle sue spoglie mortali nell’immane sforzo di salire su quella strada gaudiosa e celeste di redenzione degli ultimi.
Mario Lancisi, Don Puglisi – Il Vangelo contro la mafia, Piemme editore