Della vicenda di Berlusconi che ha caratterizzato questi ultimi anni di ricatti forse la manifestazione a Piazza Farnese indetta da Giuliano Ferrara è stata la migliore fotografia dell’infantilismo collettivo che tiene prigioniero il paese.
L’indomani della sentenza che ha condannato Silvio Berlusconi a 7 anni per concussione e prostituzione minorile e di conseguenza – come previsto dal codice – all’interdizione dai pubblici uffici, una piccola folla variegata, ma manco troppo, uniforme nell’indignazione e negli abiti lucidi e fuori moda, come le camicette e le pettinature di Santanché, le bretelle di Ferrara, e il completino giallo di Pascale la fidanzata a favore dei rotocalchi, si accalcava sotto a un palco allestito per un comizio contro la morale di Stato appena incarnata dalla condanna.
Il sottotesto era:
“Voglio che tu creda a delle cose smaccatamente false. Io so che sono false. Ma tu devi credere a me. Se non lo fai significa che vuoi la guerra”.
Trionfalmente infantile quel produrre spiegazioni affinché la sentenza anneghi nel rumore della comunicazione e dello slogan issato come una bandiera in mezzo alla piazza: “siamo tutti puttane, no all’ingiustizia puritana” .
I reati per i quali è condannato Berlusconi non sono per aver frequentato prostitute ma 1) le pressioni che avrebbe esercitato nei confronti dei funzionari della Questura di Milano per far “rilasciare”, nella notte tra il 27 e il 28 maggio di tre anni fa Ruby, fermata per via di un furto di 3 mila euro 2) connesso al primo reato, gli atti sessuali che il Cavaliere avrebbe compiuto con la ragazza ancora minorenne in cambio di denaro e altre regalie, come gioielli e vestiti.
L’ adunata era stata convocata da uno spot di Giuliano Ferrara – considerato all’unanimità un genio della comunicazione – mentre si mette il rossetto per lanciare la sua campagna a favore delle puttane. Non c’era nessun nesso con i reati di cui è accusato Berlusconi, ma il comizio era tutto a favore delle ragazze dell’harem, sempre in primo piano nella stampa moralista, che soggiornavano nell’ormai noto comprensorio milanese l’ Olgettina a spese del cavaliere. In sostanza Ferrara, e la maggior parte dei commentatori assieme a lui, accusano i magistrati di ciò che può pensare l’opinione pubblica grazie alle rivelazioni dei giornali.
Inoltre, come si è appreso dalle intercettazioni rese pubbliche, si tratta di ragazze che con un certo libero arbitrio si concedevano in cambio di un minimo di mille euro (destinati in genere ad un paio di scarpe ) e che odiavano Berlusconi al quale dovevano concedersi per mantenere lussi e privilegi. Talmente era falso l’argomento sostenuto che sicuramente non si è mai sentito né Ferrara né Capezzone né Verdini presenti in quel comizio adoperarsi in campagne contro lo sfruttamento della prostituzione a favore delle donne nigeriane o altri argomenti che vengono invece relegati alle osteggiate “veterofemministe”. Questioni poco glamour e dove i governi passati non hanno certo brillato.
Le divise da soap opera delle signore in difesa della libertà delle prostitute da cinquemila euro, erano state occultate da magliettine con lo slogan “siamo tutti puttane”.
E’ esattamente questo il senso della politica di questi anni e di quella manifestazione di indignati a Piazza Farnese: rinnovare di continuo un “patto di creduloneria”. Una messa in scena con un pubblico però solo televisivo. Un dato che sorprende è infatti proprio l’esiguità dei convenuti a piazza Farnese. Daniela Santanché è una delle donne più popolari in tv. Ma sicuramente la meno apprezzata nella realtà. E esattamente la sua antipatia, le sue pettinature, il volto così deformato e capace di interpretare l’era Berlusconi, il disprezzo perenne, l’astuzia – sempre concessa – di pastrocchiare argomenti, l’hanno trasformata in diva. Come Ferrara e la moglie Dall’Olio. Sono loro che più di tutti tengono le fila del contratto di finzione plateale e di morale stipulato col pubblico. Compreso quello che non voterebbe mai Berlusconi.
Così sul palco dove era stata allestita la sagoma di Mubarak, cioè della patacca appunto alla quale quel pubblico era chiamato a credere, Ferrara e la moglie, così reazionari, clericali e antiabortisti inneggiavano alla libertà dei corpi. Reato per il quale Berlusconi non è certo stato condannato, ma che è stato “inventato” per tessere la trama del complotto contro di lui.
“Berlusconi” – spiegava Ferrara “per aver invitato delle giovani donne a cena e aver passato la sua crisi matrimoniale come piaceva e pareva a lui è stato sottoposto a un’indagine tipica degli stati di polizia”.. Gli fa eco Santanché “dobbiamo tornare in piazza per difendere una cosa importante per noi umani: la nostra libertà” . Le domande della giornalista del Fatto alla piazza (che evidentemente crede anche lei che Berlusconi è stato accusato di andare con tante donne) sono tutte nella linea appunto moralista “ lei manderebbe le sue figlie a Arcore?” . Le rispondono “ci andresti a Arcore tu?” “no, non sono quel tipo di persona” risponde incauta la giornalista del Fatto, provocando la replica: “ma nun te farebbero entrà per quanto sei brutta”.
E ancora una volta riemerge l’ansia dei corpi. Così Santanché “non vorrei vedere la Boccassini. Ultimamente l’ho vista gonfia e ingrassata” e Lele Mora per smentire il reato di prostituzione minorile chiosa: “Ruby puzzava, non sarebbe mai andato con lei”.