Il diritto alla fedeltà non è altro che uno degli aspetti della comunione materiale e spirituale del rapporto coniugale.
La violazione di tale obbligo viene fatta consistere attualmente nel mancato rispetto vicendevole e nel difetto della fiducia dovuta fra coniugi. Tra le situazioni invocate per l’addebito della separazione è quella forse con un maggior riscontro giurisprudenziale.
Di norma perché si possa parlare di violazione della fedeltà coniugale non si pretende l’esistenza di un adulterio conclamato, né la prova di rapporti sessuali extraconiugali, ma di contro è sufficiente l’esistenza di una relazione, magari anche solo platonica, ma con caratteristiche tali da incidere in maniera rilevante nel rapporto di fiducia vicendevole e nella stima reciproca che deve sussistere in un normale menage matrimoniale.
La diffusione delle relazioni sentimentali attraverso l’uso ormai comune del web, ha costretto la giurisprudenza a rivedere alcune posizioni pregresse.
L’adulterio costituisce ovviamente una delle motivazioni più comuni che portano poi alla richiesta di separazione e così come ogni altra violazione dei doveri matrimoniali, (previsti dall’art. 143 c.c.) anche le relazioni extraconiugali possono portare all’addebito della separazione.
L’addebito per infedeltà
Va innanzitutto chiarito che la pronuncia di addebito da parte del Tribunale (a parte la valenza morale), ha scarsi effetti sul piano pratico, contrariamente a quanto comunemente si crede. Le conseguenze dell’addebito sono rilevabili infatti solo sotto due profili e cioè ai sensi dell’art. 156 c.c. ed ai sensi dell’art. 548 c.c.
Nel primo caso la norma precisa che il giudice pronunciando la separazione stabilisce a vantaggio del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione stessa il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto necessario per il suo mantenimento.
Dunque l’addebito della separazione a carico del marito adultero, il quale in genere non ha diritto al mantenimento da parte della moglie, non ha conseguenze concrete, così come non ha conseguenze l’addebito sotto tale profilo, nei confronti della moglie la quale sia autonoma economicamente e quindi, comunque non potrebbe vantare alcun diritto al mantenimento.
Di contro, l’addebito della separazione diventa importante allorché questa sia richiesta a carico di una donna che non sia titolare di un adeguato reddito proprio o comunque allorché sussista una rilevante disparità di redditi fra il marito e la moglie, talché il Tribunale ben potrebbe attribuirle un assegno di mantenimento, se non vi fosse l’addebito.
L’altra conseguenza prevista dall’art. 548 c.c. è quella della perdita dei diritti ereditari.
Si tratta di una norma di scarsissima importanza atteso che comunque, dopo tre anni, con il divorzio il matrimonio verrebbe risolto con perdita comunque dei diritti successori.
Non sempre l’infedeltà comporta addebito
Anche per porre un freno alle continue domande di addebito per infedeltà la Cassazione ormai ha stabilito in modo univoco che, perché possa essere accolta la domanda di addebito, è necessario che il fallimento del matrimonio, che trova fondamento nell’intollerabilità della prosecuzione del rapporto, derivi direttamente da tale infedeltà e non da altre concomitanti cause.
In sostanza in tema di separazione personale dei coniugi la violazione del dovere di fedeltà non legittima automaticamente la pronuncia della separazione con addebito al coniuge adultero.
Infatti il giudice dovrà valutare globalmente e comparativamente i comportamenti di entrambi i coniugi, così che la trasgressione ai doveri familiari da parte di uno di loro non possa essere considerata apoditticamente come assorbente, così da rendere ininfluenti, nella genesi della separazione, le trasgressioni ai doveri da parte dell’altro coniuge.
In sostanza dunque, allorché il Tribunale accerti che il matrimonio era già terminato per incompatibilità caratteriale, per contrasti precedenti o per altra causa, non potrà ritenere la successiva relazione extraconiugale quale motivo di addebito.
Va tuttavia precisato, che anche di recente, sempre la Corte Suprema (vedasi sentenza n° 19606 del 26/09/2011) ha chiarito come pur dovendosi estendere la valutazione del Tribunale alle condotte dei coniugi anche precedenti all’adulterio, tuttavia non esiste una doppia prova da imporsi al coniuge che chieda l’addebito e cioè una prima relativa all’adulterio ed una seconda prova relativa al fatto che la crisi coniugale sia stata provocata dalla relazione extraconiugale intrattenuta dall’altro coniuge e non da altro, essendo semmai tale onere a carico del colpevole.
Rapporti sessuali – Amore platonico
L’orientamento giurisprudenziale era stato comunque quello di considerare addebitabile la separazione anche in presenza di una relazione solo platonica.
In sostanza la Suprema Corte aveva chiarito che, una relazione sentimentale, pur non concretizzantesi in rapporti fisici, ma con caratteristiche di continuità, tali comunque da incidere in maniera rilevante sul rapporto di fiducia vicendevole e nella stima reciproca che deve sussistere in un normale menage familiare, può comportare l’addebito della separazione.
Per inciso ricordiamo storicamente che fino a non molto tempo fa l’obbligo di fedeltà coniugale sussisteva anche durante il processo, mentre successivamente al 1994/1995 (sentenza n° 105/94 e n° 3098/95) gli obblighi vicendevoli di fedeltà dei coniugi sussistono solo fino all’udienza presidenziale, ben potendo successivamente nascere legittimamente relazioni sentimentali con terzi.
Sul punto dei rapporti platonici è tornata la Suprema Corte con la recentissima sentenza n° 8929 depositata il 12/04/2013.
Rapporti amorosi tramite internet
La questione riguardava una serie continuativa di rapporti amorosi a mezzo internet, e-mail e telefonate tra due soggetti, entrambi sposati, peraltro ben lontani tra loro.
La sentenza della Corte di Appello di Bologna aveva rivisto la sentenza del Tribunale la quale, tenuto conto dell’esistenza di tali rapporti sentimentali, sia pure a distanza, aveva ritenuto di addebitare la separazione alla moglie.
Con ciò le aveva fatto perdere il diritto al mantenimento, al quale invece la donna avrebbe avuto diritto, se non vi fosse stato l’addebito.
La Corte d’Appello di Bologna osservava viceversa che aveva errato il Tribunale, in quanto non vi era alcuna prova certa dell’infedeltà fisica, ma le uniche prove riguardavano i contatti via e-mail.
Non vi era però alcuna sicurezza circa incontri carnali, addirittura neanche sugli incontri personali tra i coniugi.
Pertanto riteneva la Corte Territoriale che non vi fossero elementi sufficienti per addebitare la separazione alla donna e quindi statuiva il diritto di questa di ricevere un congruo assegno di mantenimento dal marito.
L’adulterio a mezzo internet
Quest’ultimo, irritato oltre che dalla relazione, sia pure (a dire della controparte) solo platonica, anche dell’obbligo del mantenimento, ricorreva alla Corte Suprema rilevando che la prova dell’adulterio era tanto più provata, dal fatto che il compagno della propria moglie, si era separato, sia pure consensualmente dall’altro coniuge, e comunque era indubbio che proprio il comportamento dei due avesse dato luogo al fallimento dell’unione.
In sostanza se non vi fosse stato questo rapporto sentimentale, sia pure provato soltanto sotto l’aspetto psichico, il matrimonio sarebbe perdurato.
Valutazione del comportamento
Sul punto la Corte di Cassazione con numerose pronunce (vedasi anche n° 15557/08) in precedenza, come si accennava aveva ritenuto che l’infedeltà psichica, anche se non confluiva in rapporti sessuali fisici, tuttavia potesse egualmente dar luogo alla separazione, in quanto veniva lesa la fiducia reciproca e l’obbligo di dedizione di entrambi, impegni che venivano concordati in sede matrimoniale.
Ciò tuttavia purché il contegno tenuto, risultasse contrario ai doveri del matrimonio e quindi fosse rilevabile un comportamento irrispettoso ed umiliante nei confronti del coniuge che avrebbe dovuto sopportare tale situazione.
La Corte con la recente pronuncia in esame, prosegue in tale solco ed aggiunge delle precisazioni.
I giudici dell’appello avevano deciso in modo ineccepibile, escludendo che lo scambio interpersonale elettronico ed extraconiugale, avesse potuto assumere concreti connotati di una relazione sentimentale adulterina e comunque quelli di una infedeltà coniugale traducibile in comportamenti offensivi per la dignità e l’onore del marito.
Una volta accertato che si era trattato di un comportamento platonico concretizzatosi soltanto in contatti telefonici o via internet, e considerata anche la notevole distanza tra i posti di residenza, venivano a mancare proprio quelle caratteristiche richieste dalla giurisprudenza per portare all’addebito, connesse con una manifestazione esteriore del rapporto, facendo scaturire solo in questo caso, una reale lesione alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge.
Nel caso specifico mancavano tali caratteristiche, sia per essere il rapporto soltanto platonico, sia per essersi limitato soltanto a manifestazioni comunicative, sia per essere mancata qualunque forma di esternazione della situazione, con compromissione della dignità e dell’onore del marito.
Pertanto conclusivamente la Cassazione confermava la sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato il marito a versare 700 euro per il mantenimento del figlio minorenne affidato ad entrambi, ma collocato presso la madre ed ulteriori 300 euro per il mantenimento della donna.