Ha iniziato la Corte costituzionale con la sentenza 22/2012 del 16 febbraio scorso (vedi nelle “Ultime notizie”), ripresa poi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quindi dal Servizio Studi del Senato che ha pubblicato un breve dossier dal titolo piuttosto esaudiente: Convertire un decreto legge e legiferare non sono tutt’uno.
Per lo studio redatto da Palazzo Madama, la sentenza 22/2012 della Corte costituzionale è stata chiara: se in fase di conversione di un decreto si approvano emendamenti «flagrantemente estranei all’oggetto e alle finalità di questo, la loro approvazione importa un “uso improprio” del potere parlamentare e concreta un vizio di legittimità costituzionale in parte qua della legge di conversione».
La sentenza, del resto, ha aperto un dibattito antico di dieci anni, dal momento che già nel 2002 l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi con un messaggio inviato alle Camere (29 marzo 2002) chiedeva una nuova deliberazione della legge di conversione del decreto 4/2002 contenente disposizioni urgenti finalizzate a superare lo stato di crisi per il settore zootecnico, per la pesca e per l’agricoltura.
I richiami di Ciampi
Anche in quell’occasione il Presidente Ciampi lamentava le molteplici modifiche intervenute nel corso dell’iter parlamentare, che avevano aumentato a dismisura il numero e la sostanza stessa degli articoli, con il risultato di rendere il testo definitivo assai diverso da quello emanato da Palazzo Chigi.
Ciampi nel messaggio del 2002, in particolare sottolineava che lo stesso governo aveva inserito con un emendamento la proroga ad un termine già scaduto per l’esercizio di una delega legislativa.
Per questa e numerose altre correzioni, sia dell’esecutivo che dei parlamentari di tutti gli schieramenti, il presidente si vide costretto a richiamare l’importanza ordinamentale della legge 400/1988 che stabilisce il corretto impiego della decretazione d’urgenza.
Molti altri sono stati, nel corso del suo “settennato” i messaggi inviati alle Camere e altrettante sono state le leggi rinviate; tra le tante vanno ricordate, la legge Gasparri sul sistema radiotelevisivo o la riforma dell’ordinamento giudiziario e la legge Finanziaria 2003.
In particolare per quanto riguarda l’ordinamento giudiziario e la Finanziaria, Ciampi lamentò anche il ricorso al maxiemendamento sostitutivo dell’intero progetto di legge, vale a dire l’usanza di sostituire numerosi articoli con un “mostro” di emendamento costituito da un solo articolo e tanti commi.
Una pratica che porta non poco scompiglio a chi, negli uffici legislativi deve lavorare per ricostruire leggi e Codici.
Il richiamo di Napolitano
Il presidente Napolitano con il messaggio di giovedì 23 febbraio ha sottolineato che il Parlamento nell’esaminare le leggi di fine anno con le quali vengono prorogati i termini di efficacia di varie disposizioni legislative, non avendo inserito tra i principi di ammissibilità degli emendamenti anche una attinenza con la materia e le finalità del provvedimento di urgenza, ha finito per approvare di tutto. Da qui il richiamo ad una leale collaborazione istituzionale inserendo come vincoli di ammissibilità degli emendamenti riferiti a decreti legge anche criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto dei provvedimenti in esame. Anche apportando, se necessario le dovute modifiche ai rispettivi regolamenti parlamentari.
L’omogeneità
Il punto non è se il decreto milleproroghe sia costituzionale o meno. Il problema si sposta proprio in fase di conversione del testo, ossia sul vaglio dell’ammissibilità degli emendamenti al decreto legge in sede di conversione.
Come si fa a stabilire se una materia è omogenea con quella del decreto legge in esame?
In realtà, sottolinea il dossier di Palazzo Madama, la possibilità di individuare qualche criterio c’è.
Se da un lato è vero che un decreto milleproroghe possa contenere materie diverse ed eterogenee non è detto che questo possa obbedire ad una ratio unitaria, vale a dire, dice la Corte: «Intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento». Oppure «incidere su situazioni esistenti, pur attinenti ad oggetti e materie diversi che richiedono interventi regolatori di natura temporale».
Non va bene, invece quando si verifica «commistione e sovrapposizione – dice la Corte – nello stesso atto normativo di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti a loro volta, eterogenei».
Modificare i regolamenti parlamentari
Della materia si occupano gli articoli 97 del Regolamento, per quanto riguarda il Senato e il 96bis del Regolamento della Camera. “Non stretta attinenza” per essere scartati a Montecitorio, “estraneità” per Palazzo Madama; in entrambi i casi, come ha sottolineato Napolitano, se necessario bastano modifiche per evitare assalti alla diligenza, ma soprattutto per evitare che in tema di proroghe di termini urgenti e in scadenza, si arrivi a parlare della sagra del calamaro fritto.
Dai laghi alpini alla Tarsu passando per l’accademia delle Belle Arti
Tra le materie contenute dalla legge approvata in questi giorni troviamo: il Consorzio nazionale per i grandi laghi alpini, la contraffazione di prodotti agroalimentari, il diritto d’autore su disegni e modelli, le assicurazioni, le carte di pagamento in distributori di carburante, la prevenzione incendi nelle strutture turistico-alberghiere, l’imposta unica sulle scommesse ippiche, i corsi di formazione di salvamento acquatico, i rifugi di montagna…
Praticamente potremmo chiudere il Parlamento per tutto il resto dell’anno e approvare una sola legge che contenga tutto quello che serve all’occorrenza..