La spesa complessiva per il 2013 ammonta a 541 milioni e 500 mila euro, dicono i senatori Questori De Poli (Scelta civica) e Malan (Pdl), con una diminuzione dell’1,6% rispetto al 2012. Rispetto al 2010 poi, quando sono stati spesi 594,5 milioni, la riduzione è di 53 milioni di euro.
Un’operazione del tutto trasparente, dicono i senatori questori rimandando al mittente le accuse della senatrice del Movimento 5 Stelle Laura Bottici che ha parlato invece di “trucchi”.
Le spese del Senato per il 2013, sostiene Bottici, sono di 561.800.000 euro e non di 541.500.000, quindi niente riduzione della spesa che sarebbe frutto solo di un espediente contabile.
“Questo bilancio creativo – ha detto Bottici oggi in aula – non è altro che un trucco contabile che ha permesso di realizzare un risparmio immaginario di 20 milioni”.
Dove sono finite, si chiede Bottici, le entrate derivanti dagli avanzi di cassa degli anni precedenti? Dove sono i 23 milioni di quello in corso?
Non solo, nel rendiconto 2012 si parla di contributi in beneficenza per oltre un milione di euro: “Ho chiesto chi erano i beneficiari – ha detto Bottici – mi è stato risposto che c’è la privacy”.
Strano Paese il nostro che invoca la privacy per qualsiasi stupidaggine (da me per esempio i professori non possono più mettere le note sul registro di classe per privacy!!) e poi vengono pubblicate intercettazioni di ogni tipo.
Comunque sia, ci sono alcune voci nel rendiconto che andrebbero spiegate meglio. Spese per servizi e forniture sono in aumento, aumentano pure le spese per acquisti di beni e materiali di consumo che passano da 844 mila euro e 1.357.000 euro: ben il 60,74 % in più.
I documenti (leggibili in allegato) sono passati con il voto favorevole di tutti i gruppi e con l’astensione del M5S.
Accolti gli ordini del giorno G1 che impegna il Consiglio di presidenza e il Collegio dei Questori a disciplinare il rapporto contrattuale tra senatore e collaboratore, a ridefinire i benefici spettanti agli ex presidenti del Senato, a razionalizzare gli spazi, a proseguire nella direzione del contenimento della spesa per il personale dipendente e a ricorrere alla Consip per la fornitura di beni e servizi. Accolti anche altri ordini del giorno che mirano ad allineare progressivamente gli stipendi del personale con quello delle altre pubbliche amministrazioni, a ridurre i vitalizi, a razionalizzare le spese di funzionamento e a stipulare convenzioni con compagnie low cost.
Da segnalare due interventi importanti nel corso della discussione.
Pietro Ichino ha richiamato l’attenzione di tutti sulla questione bilanci trasparenti dei gruppi parlamentari: neanche i duri e puri del Movimento 5 Stelle ne sono usciti indenni: “Nel sito del loro Gruppo alla Camera – ha detto Ichino in Aula – trovo pubblicato soltanto il bilancio con le voci aggregate. Ad esempio, si indica con voce aggregata 22 mila euro di spese per consulenze, questo non è adempimento di un obbligo regolamentare che prevede che di ogni consulenza si conosca chi è il percettore di questo pagamento”.
Ichino ha chiesto quindi di rivedere il meccanismo di mobilità che dal 1993 in poi, ad ogni cambio di legislatura, va a favore dei dipendenti esterni dei Gruppi che risultino estinti al passaggio dalla vecchia alla nuova legislatura. I dipendenti esterni sono personale dipendente dei gruppi, quindi soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di diritto privato e non avrebbero nessun diritto alle clausole interne di stabilità.
E a proposito di leggi esterne e disciplina autonoma del Senato, il senatore Enrico Buemi è intervenuto di nuovo sul principio dell’autodichia come ribadito dal presidente Giuliano Amato (vedi articoli di Goleminformazione: il Principio dell’autodichia e la foglia di fico, 5 ottobre 2012; Senato, e se arrivasse un giudice terzo? del 10 maggio 2013).
Perché sottrarre alla legge esterna gli apparati organizzativi delle assemblee rappresentative, ha dichiarato in Aula il senatore socialista, che ha anche ricordato come anche una sentenza della Cassazione abbia messo in dubbio la legittimità di questa “zona franca” entro la quale la legge non può entrare se non richiamata dal Consiglio di presidenza.
Adesso, ha continuato Buemi, il Senato si è costituito parte davanti alla Corte costituzionale per difendere questo principio e “un ex magistrato (il presidente del Senato) ha firmato un atto di intervento che smentisce le considerazioni dei suoi ex colleghi delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione”. La magistratura, aggiungiamo noi, non può essere invocata ad intermittenza, una volta è buona, quando emette sentenze che ci piacciono, una volta è da contrastare davanti alla Corte costituzionale.
“Perché si dia ingresso alla legge del lavoro e dell’appaltistica nell’ordinamento parlamentare – ha detto in Aula Buemi – abbiamo presentato un disegno di legge, sotto forma di legge ordinaria perché siamo convinti che non occorra alcuna revisione costituzionale. Occorre soltanto dare ingresso al buon senso in questi palazzi”. Verrebbe da rispondere al senatore, più facile a dirsi che a farsi.
Rendiconto Senato 2012
Bilancio Senato 2013