Sono le Iadi (gruppo di sette stelle) che, disposte grosso modo a V, hanno potuto suggerire, schematicamente, la testa di un Toro all’osservatore del cielo. Il resto del corpo non è facilmente individuabile, formato – com’è – da stelle poco brillanti.
Omero, che menziona le Pleiadi e le Iadi, ignora del tutto il Toro e sono stati assai probabilmente i Babilonesi, tra il IX e il VII secolo a.C. a distinguere Gud An Na, il Toro del cielo, con la sua stella principale is-li-e, la mascella del Toro, oggi chiamata Aldebaran. Ed è al più tardi nel VI secolo che la costellazione viene indicata come Toro presso i Greci, pur se spezzata, ridotta alla sola testa, probabilmente perché l’animale intero avrebbe occupato una enorme parte di cielo. Ne derivava che il sesso dell’animale restava indeterminato e se ne parlava a volte come di un maschio, a volte come di una femmina. Al contrario, fiori della civiltà greco-latina, la bestia figurava nella sua interezza e gli Egizi la identificavano con Api. Il nome greco, Tauros, è ripreso perfettamente nel latino Taurus. Quanto alle Iadi (Yades), l’etimologia più probabile del nome è quella che lo ricollega ad us, porco. E in Aldebaran è stata vista una scrofa con i suoi porcellini (le altre stelle meno brillanti). Gli Arabi, invece, vi scorgevano un grande cammello accompagnato da cammellini.
Ora, va ricordato che il sistema simbolico dell’astrologia è fondato, per così dire, su dei miti. Il susseguirsi dei segni zodiacali è un susseguirsi di narrazioni mitiche. Ogni segno possiede un mito e ne è rappresentato e vivificato. E se, come noi pensiamo, alle costellazioni celesti corrispondono le costellazioni interiori allora è chiaro che queste ultime possono essere interpretate, attraverso l’astrologia, conoscendo profondamente i miti che vivono in noi.
E veniamo al mito del Toro….
Spensierata, felice, gioca lungo la spiaggia fenicia di Sidone, la giovinetta Europa con le sue compagne; e le loro risa argentine musicalmente si fondono col murmure della risacca. Cade, sulla fanciulla in fiore, lo sguardo di Zeus-Giove che, subito, si fa voglioso delle sue fresche braccia, della sua bocca profumata. – Non spaventiamola con il nostro fulgore – pensa il dio e, rapido, si muta in un superbo toro bianco dalle corna splendenti come la luna. S’accosta, mansueto, l’animale ad Europa, la fissa con gli occhi lucenti, l’annusa, la sfiora col muso, s’inginocchia ai suoi piedi. Accarezza, Europa, il candido mantello, il collo possente, e appende ghirlande alle lucide corna, e sale sulla groppa invitante. S’alza, il toro, e trotterella lungo la battigia; poi, d’un tratto, s’avventura decisamente tra le onde e s’inoltra nel salso mare. Grida, Europa, invano; e così le sue compagne. Quasi vola sull’acqua l’imponente bestia divina e giunge a Creta. E là, presso una sorgente, Zeus, in aspetto umano (o d’aquila, per alcuni) gode della fanciulla. Solo i platani assistono all’unione e ne ottengono di non perdere mai le foglie. Un toro, a memoria dell’evento, è posto da Zeus nello Zodiaco.
Tre figli ottiene Zeus da Europa (Minosse, Sarpedonte e Radamente) e poi la marita al re di Creta, Asterio. Muore, Asterio e Minosse è in lite coi fratelli per il regno. Si rivolge allora a Poseidone-Nettuno, il dio del mare: – Fa’ sorgere dall’acque un toro, a segno della legittimità del mio potere, ed io, grato, te l’offrirò in olocausto! -. Invia, il dio, il toro, bellissimo. Quale prestigio il possederlo! E Minosse ne sacrifica un altro al suo posto… Sventura su chi non rispetta i patti. Né s’ingannano impunemente gli dei: il toro fatidico s’infuria e semina il terrore nella regione. Di più: Pasifae, la moglie di Minosse, lascivamente s’invaghisce dell’animale e si fa costruire dall’abile artefice Dedalo una lignea struttura, coperta da pelle di vacca, in cui si inserisce per ricevere il fallo e lo sperma del toro. Così avviene. E dal bestiale accoppiamento nasce Minotauro, mostro dal corpo d’uomo e dalla testa di toro, che viene chiuso da Minosse nel dedaleo labirinto: la casa del labrys, l’ascia bipenne (che ritroviamo al Nord come simbolo del fulmine, martello di Thor delle tempeste). E morte – sappiamo – infine giunge all’uomo-toro, dall’eroe Teseo, aiutato da Arianna che, pure, da Minosse e Pasifae era stata generata.