Il 21 dicembre, alle ore 12 e 13’, il Sole è entrato nel Segno del Capricorno. Il nome Capricorno viene dal latino capricornus, riproduzione del greco aigokeros, che vuol dire: “dalle corna di capra”. E chi, più di una capra, ha le corna di capra?
In effetti, l’immagine del Capricorno, una tra le più antiche illustrazioni astrologiche rinvenute, appare già nella civiltà sumera come una capra. Non però come una semplice capra; bensì come un “mostro” dall’aspetto composito: una capra-pesce, chiamata Suhur-Mash-Ha. La parte anteriore (dorso, testa e zampe davanti) è caprina; e la parte posteriore è a coda di pesce.
La costellazione del Capricorno nel firmamento non è molto brillante né molto estesa, ma la sua configurazione ha potuto suggerire con una certa verosimiglianza l’aspetto di una capra con la coda di pesce, per lo meno a chi aveva già presente una tale immagine. Ma perché il Capricorno è metà capra e metà pesce? La natura “anfibia” potrebbe legarsi alla sua posizione nel cielo, dove, nelle vicinanze, troviamo anche le costellazioni dei Pesci, della Balena e del Pesce Australe, che richiamano tutte il mare. E del resto altri popoli, oltre a quelli mesopotamici, collegavano la costellazione che dà il nome al Segno in esame con l’acqua e, allo stesso tempo, con una figura caprina. In alcuni zodiaci orientali si rappresenta un pesce nell’atto di ingoiare un’antilope. Anche gli egiziani collocavano un Pesce-Capra, nella zona del cielo contrapposta alla stella Sirio (della costellazione del Cane, vicinissima al Cancro). Gli antichi greci spiegavano lo strano aspetto del Capricorno identificandolo con il dio Pan; ed entriamo così nel regno del mito…
L’orrendo gigante Tifone, più grande d’una montagna, dagli occhi di fuoco, con cento teste di drago al posto delle dita, assalta l’Olimpo, istigato dai Titani. Gli dei, atterriti, fuggono fino in Egitto e si mutano in animali nel tentativo di sfuggirgli: Apollo diviene un nibbio, ma alcuni dicono un corvo; Ermes-Mercurio un ibis; Dioniso-Bacco una capra; Era-Giunone una bianca mucca… Anche Pan, provvisto di corna e zampe di caprone scappa precipitosamente e si immerge in un fiume per tramutarsi in pesce; ma resta aggrappato con le zampe alla riva ed è solo la parte posteriore del suo corpo che, immersa nell’acqua, si tramuta in pesce. Zeus-Giove, ammirato (e riconoscente per l’aiuto ricevuto dallo stesso Pan durante la guerra contro i Titani) lo pone allora in cielo come Capricorno.
E tra capra e pesce, quella che simbolicamente prevale è la capra. Compie, essa, una solitaria ascesa-ascesi, scalando le vette innevate. Punta, dunque, in alto. E questo può essere inteso sia in termini di carrierismo che di spiritualità. D’altra parte, la capra è… capricciosa. E non è solo un gioco di parole. E’ ombrosa, si fida poco, non dà confidenza. Solo accosta chi le offre sale, cioè sapienza (ma anche salario…). Prudente e riservata, può diventare chiusa, scostante, cadere nella misantropia (si ricordi che figure capricornine esemplari sono sia l’avaro che il misantropo di molieriana memoria). Solitaria, spesso, la capra. Solitudine, peraltro, non sofferta, non tormentata, ma soddisfatta di sé, la solitudine dell’autosufficiente. E’ la sobrietà, la morigeratezza, il sacrificio dell’eremita (vestito, spesso, proprio di pelle di capra; solo di latte di capra nutrentesi; automortificantesi con un cilicio di peli di capra). La capra, poi, è animale estremamente frugale: si alimenta con vegetali anche grossolani, disdegnati dalle altre specie. E, procedendo di balza in balza, nell’accurata ricerca del cibo, diviene anche simbolo della fatica e della diligenza. Ed anche del senso di responsabilità: in natura il gregge della capra è guidato dalla femmina anziana più esperta che indica a tutto il gruppo di quali erbe pasturarsi, assaggiandole per prima. Al capro, invece, è affidata la salvaguardia del gregge: attira su di sé l’attenzione degli eventuali assalitori e si fa inseguire sui dirupi, che scala sicuro.
E va qui ricordato il capro espiatorio della tradizione ebraica che, caricato dei peccati del popolo nei giorno dell’espiazione, veniva abbandonato nel deserto, per rimaner preda del demone Azazel. Ancora nell’antica Grecia la capra era animale sacro a Dionisio, e nelle orge rituali a lui consacrate, le Menadi, sue seguaci, sbranavano un capretto e lo divoravano. Evento tragico; tanto che il nome “tragedia” si fa derivare da tragodia che, in greco, vuol dire “canto del capro”. Ascesi, donazione, responsabilità, sacrificio. Tutto in positivo finora. Anche con riferimento al pesce, che può esser simbolo della vita interiore (è immerso nella acque, che alludono alle profondità della psiche o dello spirito), di purificazione, di rigenerazione. Ma vediamo ancora… In India, se il Segno è indicato come Mriga (gazzella) è però anche raffigurato come Makara: mostro marino (o anche coccodrillo), pericoloso divoratore. E altro animale marino che viene attribuito al Capricorno è la piovra che afferra le navi e le trascina sul fondo del mare; a simboleggiare che, se non si è preparati, non si possono affrontare impunemente certe profondità e certi misteri.
Ma torniamo al capro. Non si è mancato di rilevare che il Capricorno somiglia al… diavolo, quello appunto di aspetto caprino, con le corna e gli zoccoli. E’ il libidinoso capro del Sabba che la demonologia medioevale ha preso come immagine di Satana, ispirandosi alle antiche figure di Pan e dei satiri; quel capro la cui testa troviamo a volte iscritta in una stella a cinque punte rivolta verso il basso, antitesi della stella pentagrammatica della spiritualità la cui punta è rivolta verso il cielo. L’allusione, in questo ambito, è alla tentazione del potere. Non a caso il diavolo tenta anche Gesù (che si fa nascere, tradizionalmente, sotto il segno del Capricorno) portandolo sul più alto pinnacolo del tempio ed offrendogli il governo del mondo se lo adorerà. Tentazione e dunque prova; prova e dunque iniziazione. E in quanto iniziazione, morte e rinascita: morte ad uno stato per il raggiungimento di uno stato superiore, per una rinascita nella gloria.