Signora del Cancro è la Luna. Il nome Luna si può collegare alla radice leuk/louk (brillare), da cui anche lux (luce). Luna, quindi, aveva in origine il significato di “luminosa”, “splendente” ed era il soprannome cultuale di una divinità lunare. E quando Luna divenne un semplice nome comune, apparvero altre personificazioni come, ad esempio, Diana, che significa pure “luminosa”. In greco, poi, Luna è Mene, dalla radice me da cui anche men e mensis che, rispettivamente in greco e in latino, indicano il mese. Ed è lunare – si sa – il ciclo mensile.
Ma vediamo le mitiche figure lunari. Selene splendente, Luna piena nel massimo del suo fulgore. Seléne, nome legato a sélas (sanscrito svargah). Selene, detta anche Mene, figlia dei Titani Iperione e Theia, sorella di Elios-Sole e di Eos, l’Aurora. Guida, Selene, come il fratello, un carro cui sono aggiogati una coppia di cavalli o buoi; ma anche cavalca un cavallo o un mulo o un bue. Leggenda d’età alessandrina la fa innamorata del pastore o cacciatore giovinetto Endimione che ha spinto Zeus ad immergerlo in un eterno sonno. E ogni notte scende, Selene, in una grotta nella Caria, per contemplarlo. Ma si narra anche che Pan, preso di lei, l’abbia attirata nei boschi. E che da Zeus abbia generato la rugiada o Herse. Anche detta “bicorne” e “taurina”, Selene, poi identificata con Artemide. Ma è diversa, Artemide, vergine olimpica, figlia di Zeus e di Latona, sorella di Apollo. Dea delle grandi solitudini, ricorda Luigia Stella, “dove la mano dell’uomo non ha ancora modificato, anzi neppure scalfito il volto della terra, ella non è dea di grandi città come Atena, né dea di grandi santuari come Apollo”.
Mai calma, mai serena come il solare fratello, come lui impugna ed usa l’arco. Bimba di nove anni – verseggia Callimaco – chiede al padre il privilegio dell’arco, come fosse un balocco. E senza tema si reca dai Ciclopi a farselo costruire insieme alle frecce. Né è puramente decorativa quest’arma, ma spesso usata. Con essa uccide le figlie di Niobe, che aveva vantato una sua superiorità su Latona, con essa libera Ares, imprigionato in un orcio di bronzo dai giganti Aloadi, con le sue frecce trafigge il gigante Tizio che tenta di usare violenza a Latona. E da lei vengono le morti femminili improvvise: colpisce le donne “con frecce che non fanno male” e, per questo, anche è detta “leonessa per le donne”. Ma anche senz’arco uccide. Non suscita uno scorpione dalla terra perché colpisca Orione? E non è lei che muta in cervo Atteone, che l’ha vista nuda, perché sia sbranato dai suoi stessi cani? Non meraviglia che il suo nome, Artemis o Artamis, sia stato popolarmente accostato ad artamos che significa macellaio, uccisore. Ma è anche presentata, Artemide, come potnia theron, signora delle fiere, delle bestie selvatiche, protettrice delle creature della selva.
Si aggira, a piedi o su un carro tirato da cervi, con lieto corteggio di ninfe, votate, come lei, alla castità. E guai se infrangono il voto! Le attende il destino della giovane Callisto, mutata in orsa dalla dea perché amata da Zeus, o della figlia di Merope, trasformata in cerva perché troppo attenta alla sua bellezza. Ma la dea vergine, stranamente, protegge le partorienti: Latona s’è sgravata di lei senza dolore. Nell’Attica, a Braurone, bambine con vesti color zafferano (forse per imitare il vello orsino) danzavano per lei la danza dell’orso: arkteuein (fare l’orso) il verbo che l’indicava. Ed orse, arktoi eran dette le stesse bimbe. Fin dall’antichità, poi, viene identificata con Artemide l’italica Diana. Famoso il culto che le era reso ad Ariccia.
Come oscura, invisibile Luna Nuova, può essere intesa la terribile Ecate. Ecate Trivia, venerata nei crocevia e associata con il mondo degli spiriti e con le cose ultramondane. Vista spesso come un’orchessa che viene incontro ai viandanti ed è legata alla magia nera. Ci sono rimaste invocazioni che la scongiurano di portar via spiriti molesti o di favorire filtri amorosi che possano distruggere le persone alle quali sono destinati. Ogni mese, nei crocevia, venivano esposti i “banchetti di Ecate” a base di carne di cane ed uova.