Non c’è pace, a quanto pare, per la Scuola italiana. Sembrava rientrata la polemica fra il ministero dell’Economia e quello dell’Istruzione in merito alla restituzione, prospettata da Saccomanni, di 150 euro che alcuni docenti si erano ritrovati in busta paga nel 2013. La vicenda è,invece, tutt’altro che conclusa.
Anche se chi ha percepito gli ormai famosi 150 euro nel 2013 non dovrà restituirli, nel 2014 si troverà comunque con una busta paga più leggera, perché il Governo ha deciso di bloccare, per l’anno in corso, l’aumento di stipendio già maturato dagli insegnanti. A riaccendere i riflettori sul caso è stata la nota diffusa da Palazzo Chigi in settimana: «Con lo stipendio ordinario di gennaio è stata data applicazione al Dpr 122/2013 con blocco degli scatti di anzianità dal 2013 e recupero degli eventuali debiti per un importo massimo mensile di 150 euro lordi». Il comunicato del Governo precisa poi che: «Come da disposizioni concordate tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, è sospesa l’attività di recupero e l’importo di 150 euro lordi verrà rimborsato con esigibilità contestuale a quella dello stipendio ordinario in pagamento nel mese di gennaio 2014». Quindi, per l’anno in corso, «il pagamento degli scatti potrà essere assicurato solo a seguito delle decisioni che verranno assunte nel prossimo Consiglio dei ministri per gli insegnanti che ne abbiano beneficiato nell’anno 2013».
Gli “scatti” della discordia
La polemica è dunque destinata a rinfocolarsi. Ma andiamo con ordine: lo scorso dicembre gli insegnanti si trovano, in busta paga, l’avviso dell’avvio della procedura di recupero per gli «scatti stipendiali» relativi al 2013. Traduzione: stipendio, a partire da gennaio, “alleggerito” di 150 euro fino alla completa restituzione del “debito”. Il Governo, con il ministro dell’Economia Saccomanni, annuncia la trattenuta della somma dallo stipendio dei circa 90mila insegnanti che avevano, dopo tre anni di blocco, iniziato finalmente a percepire gli scatti di anzianità previsti dal contratto. Un’Epifania tutt’altro che dolce per i docenti italiani che, concluse le feste di Natale,tornano fra i banchi di scuola letteralmente inferociti. La bufera politico-mediatica causata dall’annuncio shock non si fa attendere: il mondo della scuola insorge, i sindacati annunciano le barricate e il ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, scrive a Saccomanni per «sospendere la procedura di recupero degli “scatti” stipendiali per il 2013». Ma il ministro delle Finanze non ci sta a prendersi tutta la colpa del pasticcio governativo e parla di un «atto dovuto» di cui anche il ministro dell’Istruzione era a conoscenza da tempo. Fra i due ministeri è scontro aperto mentre, contro il recupero crediti ai danni dei prof, scendono in campo anche i partiti: il Nuovo Centro Democratico prende le distanze da provvedimento per bocca del suo leader Alfano, mentre il neo segretario del Pd Matteo Renzi si scaglia contro Saccomanni : «Se un ministero dell’Economia e delle finanze chiede indietro 150 euro agli insegnanti mi arrabbio perché non siamo su Scherzi a parte, è il governo italiano» – dichiara il sindaco/segretario -«si tratta di una figuraccia a cui il Pd intende rimediare». Detto fatto: l’8 gennaio arriva il dietrofront del Governo annunciato via Twitter dal ministro. I 90.000 insegnanti non dovranno restituire gli aumenti di stipendio già percepiti tuttavia, per il futuro, gli agognati scatti di anzianità rimangono avvolti nella nebbia che circonda il futuro del governo delle larghe intese.
Un atto dovuto?
Ma gli insegnanti hanno diritto a questi scatti? La risposta è sì : l’attuale contratto nazionale degli insegnanti è scaduto da quattro anni, tuttavia gli scatti percepiti dai fortunati 90mila al termine del blocco non fanno parte di un nuovo accordo contrattuale, ma di quello in vigore che prevede la presenza di 7 fasce di anzianità con relativo aumento di stipendio dopo un congruo numero di anni passati in una determinata fascia di retribuzione. Nel 2010 però, sotto la pressione dei mercati, il Governo Berlusconi introdusse il blocco degli scatti di anzianità per i dipendenti pubblici: una misura per evitare il “rischio Grecia” ovvero il default del Paese che all’epoca sembrava piuttosto imminente. Più che di un vero e proprio blocco si è trattato di un prolungamento dei tempi di permanenza in una determinata fascia. Nel 2013, con lo scadere del provvedimento, gli scatti sono ripresi in maniera autonoma e alcuni docenti hanno visto arrivare i primi aumenti nelle loro buste paga fino a che , lo scorso settembre, il Governo ha pensato bene di prolungare la misura di congelamento anche per il 2013, ma nessuno si aspettava che si trattasse di una misura retroattiva. Un atto dovuto secondo Saccomanni, una vera e propria figuraccia secondo molti altri. Chi ha ragione? Se delle somme sono state erogate per errore è possibile, dal punto di vista giuridico, chiederne la restituzione: un principio che vale per lo Stato come per i cittadini o le imprese. Ben diverso è il caso di somme percepite non per errore ma in base ad un contratto tuttora in vigore, come nel caso degli insegnanti. Nel caso dell’ormai celebre congelamento degli stipendi dei dipendenti pubblici si tratta non di una norma ordinaria, ma di una legge speciale, nata per far fronte ad una particolare situazione di emergenza finanziaria in cui si era trovato, nel 2010, lo Stato italiano. In questo caso si tratta dell’eccezione dunque, non della regola. Un’eccezione con una precisa data di scadenza (l’inizio del 2013), espressa a chiare lettere dalla stessa legge. Trattandosi di una norma speciale il legislatore avrebbe dovuto rinnovarla prima del suo scadere, per impedire che si tornasse automaticamente alla norma ordinaria. Ciò non è avvenuto, per questo le somme percepite nel tempo intercorso fra la decadenza della norma speciale e la sua riproposizione nel settembre 2013, non sono state un errore. Per questo la richiesta di rimborso avanzate dal ministero dell’Economia non è un atto dovuto ma piuttosto un vero e proprio scivolone. Se la norma speciale non viene prorogata prima della sua scadenza, dal punto di vista tecnico, si tratta di una nuova norma non di una proroga di quella vecchia. Un’altra legge speciale dunque e per di più retroattiva. Ma nel nostro Paese il Diritto vuole che le norme non siano mai retroattive a meno che non siano più favorevoli di quelle precedenti: un principio che vale soprattutto per l’ambito penale e per quello fiscale. Cosa sarebbe accaduto dunque se il Governo non avesse ritirato la sua richiesta di rimborso nei confronti dei docenti? Qualcuno avrebbe probabilmente impugnato il provvedimento con il rischio concreto di finire davanti alla Consulta per un giudizio di costituzionalità. In questo caso la Corte Costituzionale avrebbe certamente dichiarato incostituzionale la norma in questione.
Caos e rilancio
Bene ha fatto dunque il Governo a ritirare le pretese di restituzione delle somme legittimamente percepite dagli insegnanti, tuttavia la questione è tutt’altro che risolta. La sensazione di caos che aleggia ormai attorno alla questione fiscale in Italia sembra confermata da questa vicenda dai tratti kafkiani. Nel frattempo i soldi che non saranno recuperati dalle buste paga dei 90.000 docenti dovranno essere reperiti in altri modi e la soluzione del rebus scuola sembra ancora lontana. L’ipotesi di reperire i fondi necessari dal Mof, fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, che finanzia tutte le attività scolastiche non strettamente didattiche, sta già mettendo in allarme i sindacati, sempre più sul piede di guerra. Se negli anni scorsi infatti il Mof è servito anche per coprire gli aumenti previsti dal contratto nazionale, ormai si è quasi del tutto esaurito e ben presto le scuole dovranno cercarsi altre risorse per pagare corsi di recupero e gite scolastiche. Una situazione esplosiva dunque che rischia di travolgere i già fragili equilibri del governo Letta-Alfano che inizia nel peggiore dei modi l’anno della “svolta” tanto attesa. Se davvero il 2014 può essere l’anno della ripresa, provvedimenti e polemiche come quelli visti in questi giorni riguardo alla scuola rischiano di vanificare i sacrifici e i passi in avanti fatti dal Paese negli ultimi anni. Senza il rilancio della Scuola e della Formazione non ci sarà ripresa, questo è ormai chiaro ai più e sarebbe necessario un vero e proprio “Piano Marshall” per tutto il mondo dell’Istruzione, della formazione e della ricerca, invece che tagli e restrizione sempre più incongruenti anche dal punto di vista giuridico.