Una vera e propria partita a scacchi quella che sta giocando Telecom Italia. L’anno si è aperto con l’ordinanza del Consiglio di Stato del 7 gennaio con la quale si è rigettato il ricorso del ministero dell’Interno contro la decisione del Tar Lazio che aveva dato ragione a Fastweb nella diatriba sull’affidamento della fornitura dei servizi di comunicazione elettronica del dipartimento.
E mentre sul fronte interno si aspetta la decisione dell’Antitrust sul procedimento avviato su segnalazione di Fastweb e Wind (l’ultima udienza è fissata per il 6 di febbraio), è dall’Europa che arriva una carta buona per l’amministratore delegato di Telecom, Franco Bernabè: la proposta di un’unica infrastruttura di rete di telecomunicazione per tutta la Ue, in grado di competere per dimensioni con il mercato degli Stati Uniti o con quello cinese. La notizia di un incontro tra Almunia, il commissario Ue alla concorrenza con i leader dei più grandi gruppi europei di Tlc è stata pubblicata nei giorni scorsi dal Financial Times e apre una strada per gli ex monopolisti in equilibrio tra necessità di investimenti in banda larga e di risanamento dei propri debiti. A quanto sembra, l’idea sarebbe quella di creare una società ad hoc nella quale far confluire tutte le infrastrutture di rete e i relativi debiti.
La posizione del Consiglio di Stato – La decisione dei giudici di Palazzo Spada intanto mette a rischio il maxi-contratto siglato da Telecom con il Viminale, pari a 521 milioni di euro. L’ultima parola non è ancora detta, però, perché la Terza Sezione ha trasmesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, sospendendo di fatto il giudizio e la decisione di non riformare la pronuncia del Tar Lazio.
«Il contratto è inefficace?», si sono chiesti i giudici ragionando sulle disposizioni contenute nell’articolo 2 quinquies, paragrafo 4, della direttiva ricorsi n. 2007/66/CE e ricordando che «l’affidamento diretto degli appalti rappresenta» per i giudici di Lussemburgo «la violazione più grave del diritto comunitario degli appalti» e che pertanto «un contratto risultante da un affidamento diretto illegittimo dovrebbe essere considerato in linea di principio privo di effetti».
Molto dipenderà da come la Cgue vorrà leggere l’applicazione della disciplina comunitaria: il 26° Considerando della direttiva infatti prevede che «per evitare l’incertezza giuridica che può derivare dalla privazione di effetti, gli Stati membri dovrebbero prevedere una deroga diretta ad escludere ogni profilo di privazione di effetti anche nei casi in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore considerano che l’aggiudicazione mediante affidamento diretto di un qualsiasi contratto senza pubblicazione preliminare di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sia consentita conformemente alla direttiva 2004/18/CE e alla direttiva 2004/17/CE e hanno applicato un termine sospensivo minimo che consente mezzi di ricorso efficaci».
Ordinanza con conseguenze – Sull’inefficacia del contratto o sulla previsione che questa regola non si applichi al caso di specie «a discrezione del diritto nazionale» si pronuncerà la Cgue. Mentre si aspetta la pronuncia, però, all’orizzonte si profila l’opzione “risarcimento del danno” per la commessa che comprendeva, oltre alla telefonia fissa e mobile, anche la trasmissione dati, la videosorveglianza, il 113 e i braccialetti elettronici.
Sul fronte Viminale ci si prepara a mettere in piedi più gare e frazionare quell’affidamento in servizi separate. A rigor di logica c’è da aspettarsi che Telecom riesca a presentare offerte in più di un settore e accaparrasi la gestione di più di un appalto. Il punto interrogativo resta sui costi a carico dello Stato a seguito della parcellizzazione: non è detto che l’assegnazione di tutti i capitolati faccia lievitare il costo oltre il tetto dei 521 milioni previsti dall’affidamento unico.
Consiglio di Stato, sezione terza, decisione 25 2013 del 7 gennaio 2013