Si concludono oggi le otto giornate di astensione dalle udienze proclamate dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (Oua) con un’adesione massiccia in tutto il Paese, sia nel penale che nel civile. Per Nicola Marino, presidente dell’Oua, «le otto giornate di astensione, sono state una dimostrazione di forza e unità dell’avvocatura per la tutela dei diritti dei cittadini, una protesta dolorosa che danneggia gli stessi avvocati, ma necessaria. E i primi risultati non si sono fatti attendere: a partire dalle prime modifiche apportate al decreto del fare in sede di conversione in Commissione alla Camera: positivo che siano stati respinti gli emendamenti tesi a reintrodurre la RC auto nel novero delle materie “obbligatorie”.
Significativo l’emendamento che prevede la gratuità della mediazione in caso di mancata conciliazione dopo il primo incontro. Bene sull’obbligatorietà della presenza del legale, sull’esecutività dell’accordo delle parti, sull’estensione dell’autentica delle firme agli avvocati. Ma anche sulle necessità di una revisione del sistema tra due anni e del limite a quattro anni della sperimentazione. Respinto, infine, il tentativo di ingerenza del ministero dell’economia sul processo civile e i decreti ingiuntivi. Certo non basta, ma è un punto di partenza, la strada da seguire, lo ribadiamo, è quello di puntare sulle camere arbitrali, la negoziazione assistita e la facoltatività della mediazione».
«Non è stato – aggiunge il presidente Oua – come si è insinuato, un atto di una corporazione che difende i propri privilegi, chi lo sostiene dice il falso o non sa di cosa parla: abbiamo in Italia 230 mila avvocati, in Francia sono solo 50mila, per intenderci è una categoria che per vedere rinnovata la propria legge forense ha dovuto attendere più di 70 anni e, oltretutto, in modo non del tutto soddisfacente. La verità è che da anni assistiamo a continui provvedimenti che limitano l’accesso alla giustizia, invece di intervenire per rendere il sistema più efficace; si propongono interventi inadeguati che renderanno ancor più oneroso l’esercizio di difesa per i cittadini più deboli senza per altro produrre alcun vantaggio per le imprese».
«La mediazione obbligatoria così come concepita in Italia, bocciata dalla Consulta e sotto il giudizio critico dell’Unione europea – continua – ma anche il filtro in appello, l’aumento continuo del contributo unificato per i cittadini, il taglio di circa 1000 uffici giudiziari, il sotto-finanziamento del settore e le innumerevoli e irrisolte deficienze strutturali e di personale, nonché la mancata implementazione dell’innovazione tecnologica e del processo telematico, sono tutti tasselli di una controriforma costante che smantella la tenuta stessa del settore giustizia. Così i processi continueranno ad essere molto lunghi e l’arretrato, dopo la fase emergenziale e straordinaria di smaltimento, ritornerà ad essere enorme. In conclusione, il nostro Paese continuerà a ricevere le condanne della Corte di Giustizia Europea e ad essere classificato agli ultimi posti nella classifiche che valutano lo stato della nostra macchina giudiziaria».
«Per uscire da questo vicolo cieco – conclude Marino – bisogna ripartire dal dialogo con gli avvocati, dal confronto con le proposte di chi vive tutti i giorni i problemi dei tribunali, ma anche dalla centralità del Parlamento, che in queste ore sta cercando di riaffermare il proprio ruolo correggendo le storture del Decreto del Fare».