In più di un’occasione con il naufragio del Concordia  è stata evocata la metafora dell’Italia, paese naufrago e senza  guida. E ogni giorno si aggiungono nuovi tasselli nella ricostruzione della gigantesca mancanza di responsabilità del comandante Schettino.

In queste ore, siamo al punto della “sbronza con bionda” prima del disastro, oltre che dell’allarme minimizzato  a completare, assieme all’inchino  davanti alle coste, il  misero quadro di abdicazione  del comandante.

Come ha osservato Marco  Travaglio: “ l’Italia ha il vizio di affidare un paese a uno solo”  E ovviamente anche una nave  di quelle dimensioni con tutta quella gente.

Nell’ epoca di Omero, e delle “civiltà della vergogna”, il  comando era affidato  solo in presenza della timé  cioè l’onore, o  pubblica stima,  e questa si otteneva grazie al valore  dimostrato.  Del resto un cittadino senza timé era considerato inferiore al plebeo. Nella attuale società caratterizzata appunto dall’assenza di vergogna,  non c’è nessun areté, o valore, non tanto per  lo stretto esercizio  delle  funzioni  ma in  quello ben più  complesso  delle responsabilità che appunto animava anche gli eroi dell’antica Grecia.

Il comandante  Schettino è precipitato all’inferno con relativa proclamazione dell’eroe  De Falco della capitaneria di Livorno che impartiva ordini al telefono. Così si sono  moltiplicate  in un attimo le grida:  “ l’Italia vera è quella dei De Falco”. Con immediata categorizzazione di buoni e cattivi, cialtroni e campioni, dove tutti, soprattutto i più cialtroni,  si sono immediatamente identificati in De Falco.

Luca Telese nel Fatto chiarisce : “il gioco degli stereotipi rende caricaturale la realtà invece di spiegarla : tutti dovremmo rifuggire alla tentazione consolatoria, al gioco degli eroi buoni da opporre ai cattivi turpi, degli angeli che combattono contro “capitan Codardo”  che quando esistono non sono mai figli di una follia individuale, ma di un sistema che la rende  possibile.”

Schettino è figlio della civiltà attuale appunto senza vergogna, in cui la piramide gerarchica si è  ribaltata: maggiori sono le responsabilità meno queste vengono onorate  per fare posto solo  ai segni esteriori del potere, anche nel modo più stereotipato. Le vere responsabilità  sono affidate alla buona volontà  di quelli chiamati a fare gli eterni spettatori di un potere di cartone, e dei suoi simboli esteriori,  di  favoritismi, vacanze gratis, donne da esposizione e “inchini”  fatali  davanti alla costa.

Giganteggia su  questa tragedia  l’eterno Alberto Sordi che  delega la propria  vita  a  altri  che lo comandano nel modo più paternalista senza coinvolgerlo mai. Questo universo infantile   ha come contraltare la figura del ducetto, del gerarca cialtrone e prepotente, del papà mai trovato, fino al grande dittatore da osannare prima e destituire poi con la stessa foga.

L’Italia di Alberto Sordi è emersa non solo dalla creazione immediata del  buono e del cattivo  favorita anche dal manicheismo in cui si scivola con i media, ma dalla diffusione della telefonata e dello scambio  di informazioni e ordini  tra il comandate  Schettino e il comandante della Capitaneria di porto di Livorno De Falco. La telefonata rimbalzata nella rete e nei social network si è prosciugata fino a ridursi a una sola  frase. Un ordine. “Sali a bordo, cazzo!”. E’ l’ordine impartito da De Falco allo smarrito comandante che dopo aver compiuto una serie di sciocchezze è  ormai totalmente perso.

Luana De Vita, psicoterapeuta cognitiva  illumina (in un suo stato su facebook) il comportamento  del comandante Schettino:  Si tratta di “Dissociazione peritraumatica”. Sentendo le telefonate, mi pare evidente che quello che rispondeva al telefono – Schettino – fosse completamente dissociato. Parlava di sé come se si stesse guardando da fuori, come se fosse altrove e osservasse lui stesso dall’alto, alle prese con un esperienza devastante, drammatica…Non riesce a dire dov’è…balbetta che è buio…dice di essere a bordo e non è a bordo, dice che torna a bordo e non si muove…E’ in piena dissociazione da trauma, ha un’alterazione marcata delle funzioni normalmente integrate della coscienza, identità, memoria, percezione dell’ambiente” E si rammarica Luana De Vita : “ i miei colleghi in tv  non sanno dire che quella telefonata era un esempio grandioso di cosa accade nel cervello umano di fronte alla  tragedia”.

L’ordine del  De Falco emerge ancora  di più per contrasto. Infatti ormai ha dall’altra parte un bambino. Schettino non esiste più.

Ancora di più è interessante   rilevare il successo e la goduria collettiva e perfino liberatoria  suscitata dalla diffusione dell’ordine “sali a bordo, cazzo” impartito con  maschio vigore.

Il contesto passa in secondo piano e contano allora la ricezione, l’impatto, e il successo  della frase. In realtà l’intera telefonata è straniante  visto che sembra un passaggio di Indietro Tutta  (la nota trasmissione di Arbore) con uno che non sa dire cosa sta facendo e l’altro che lo incalza con tono da Istituto Luce. Sicuramente  è   divertente (Ellekappa ne fa una vignetta strepitosa  sulla linea del naufragio metafora italiana: “appello di Monti alla Merkel”  “ torna a bordo, cazzo!”)

Ma l’impatto potente che ha avuto nei social media e in tutti i media quel piccolo ordine impartito, riporta alla tragedia dell’ uomo mediocre tutta italiana. E’ diventato l’osanna all’uomo che prende finalmente  la responsabilità in mano. Beninteso  dopo che si è delegata  ogni responsabilità a quello che non sarebbe mai capace di prendersene una.  Non si è rilevato  neppure un momento che il comandante De Falco detta ordini  dal suo ufficio. Non solo, ma sta registrando la telefonata, ed  è  confortato dal codice della navigazione che prevede il carcere al comandante  in caso di abbandono della  nave.  

La  ricezione di massa  di questa frase (ne sono state fatte perfino delle magliette) che ha fatto il giro del mondo,  non fa che confermare il desiderio infantile di comando da piccolo  padroncino in i tutti gli italiani si identificano, e che si apparenta all’oscenità della Lega  “mandiamoli a casa a calci nel culo”.  La  rabbiosa vendetta  del piccolo fascista che  cerca di imitare il potere che non avrà mai.

Osserva Francesco Merlo: “io non so cosa avrebbe fatto il comandante De Falco al posto di Schettino, ma so che Schettino avrebbe fatto esattamente come De Falco se si fosse trovato al suo posto”.

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