L’omicidio di Sarah Scazzi è uno di quegli eventi delittuosi che, per una serie di ragioni non tutte comprensibili, ha assunto una dimensione di enorme rilievo sugli organi di informazione, e di riflesso sull’opinione pubblica.
Proprio tale abnorme interesse mediatico è stato posto alla base dell’istanza di rimessione presentata dalla difesa di Sabrina Misseri, come è noto imputata assieme alla madre Cosima Serrano, dell’omicidio della giovane Sarah.
In sostanza i difensori hanno sostenuto che la campagna di stampa tuttora in corso, dai toni quanto mai accesi ed astiosi nei confronti delle imputate, nonché la pressione dell’opinione pubblica pesantemente schierata per la colpevolezza delle 2 donne, avevano determinato un oggettivo condizionamento nelle attività del Pubblico Ministero e nelle valutazioni del GIP nonché del Tribunale del Riesame di Taranto.
A fondamento di tale prospettazione la difesa riepilogava una serie di anomalie riscontrate nell’attività della Procura quali la mancanza di vaglio critico degli interrogatori in cui Michele Misseri, modificando l’originaria versione, aveva accusato la figlia Sabrina; la mancata considerazione delle successive ritrattazioni di tali accuse; l’affidamento di ulteriori consulenze finalizzate ad allineare le conclusioni tecniche con le nuove prospettazioni accusatorie; le iniziative assunte nei confronti dei precedenti difensori di Sabrina Misseri, indagati per fatti inerenti all’esercizio del mandato difensivo; le limitazioni alla corrispondenza dei detenuti Michele e Sabrina Misseri nonché la perquisizione nella cella del Misseri e il sequestro di tutta la corrispondenza rinvenuta.
L’attività inquirente era stata orientata, secondo la difesa, dal forte condizionamento che la Procura aveva subito di fronte ad un opinione pubblica ormai schierata contro Sabrina Misseri e sua madre Cosima.
Ma tale inquinamento si era esteso agli uffici giudicanti cosicché, ad avviso della difesa, proprio tale pesante condizionamento spiegava la revoca della misura cautelare nei confronti di Michele Misseri, che pure in numerose interviste continuava a proclamarsi l’unico responsabile dell’omicidio di Sarah Scazzi.
L’istanza di rimessione formulata sulla base di tali elementi è stata rigettata dalla Corte di Cassazione, con una motivazione a mio avviso del tutto condivisibile, che mette in luce i vari profili di infondatezza degli argomenti difensivi.
Va premesso che l’istituto della rimessione, previsto dall’art. 45 del c.p.p., ha la finalità di garantire l’imparzialità e l’indipendenza del giudice nonché l’inviolabilità del diritto di difesa.
In pratica la norma stabilisce che quando, per gravi situazioni ambientali, si presenti come probabile un condizionamento dei giudici, che non potrebbero dunque determinarsi in piena libertà ed indipendenza, il procedimento debba essere trasferiti ad altra sede.
Si tratta peraltro di uno strumento eccezionale, che non tollera interpretazioni estensive in quanto la conseguente “translatio iudicii” va a collidere con un altro principio costituzionale ovvero quello del giudice naturale.
La prima osservazione che deve essere fatta è che le “gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo” devono anche essere “non altrimenti eliminabili”. Ciò vuol dire che vengono in rilievo non l’imparzialità o l’indipendenza del singolo giudice o dello specifico collegio, perché in tali ipotesi sono previsti gli abituali strumenti dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione, tutti meccanismi destinati ad eliminare le situazioni che possono incidere sulla libertà di autodeterminazione e sull’indipendenza del singolo magistrato, senza incidere sul principio del “giudice naturale”.
Perciò le “gravi situazioni locali” a cui fa riferimento la norma, e che legittimano il trasferimento del processo ad altra sede, devono essere tali da pregiudicare la libertà di determinazione del complessivo ufficio giudiziario.
L’art. 45 c.p.p. dunque autorizza lo spostamento del processo nel caso in cui emerga che la grave situazione ambientale, alternativamente :
1) pregiudichi la libera determinazione delle persone che partecipano al processo;
2) metta in pericolo la sicurezza o l’incolumità pubblica;
3) determini motivi di legittimo sospetto.
Nella vicenda in esame si evidenzierebbero – secondo la prospettazione difensiva – le ipotesi di cui alle lettere a) e c).
Al riguardo la giurisprudenza ha in più occasioni specificato che il pregiudizio alla libertà di determinazione degli attori del processo implica l’idea di una vera e propria coazione, fisica o psichica; mentre il legittimo sospetto coinvolge la probabilità, fondata su dati obiettivi e concreti, che risulti compromessa l’imparzialità di giudizio.
In sostanza, poiché l’istituto della rimessione serve ad assicurare che il giudizio si svolga secondo gli irrinunciabili criteri di libertà e di indipendenza, esso può essere attivato soltanto in via eccezionale, quando, sulla base di elementi concreti, si possa ipotizzare che il giudice sia coartato fisicamente o psichicamente ad una determinata decisione ovvero vi sia il pericolo che possa essere condizionato.
Non sembra che tale situazione possa ravvisarsi a proposito del procedimento relativo all’omicidio di Sarah Scazzi per i seguenti motivi :
– in primo luogo la situazione che sarebbe alla base del sovvertimento del regolare svolgimento delle dinamiche processuali non è una situazione locale bensì nazionale.
Proprio il clamore sulla stampa e sui mezzi televisivi – richiamato dalla difesa – ha evidentemente una ricaduta non sulla realtà del distretto di Taranto bensì su tutto il territorio nazionale: i talk show, i telegiornali, le interviste sui quotidiani, gli stessi social-network raggiungono ogni parte del territorio nazionale, cosicché lo spostamento del processo presso l’ufficio giudiziario di Bari (ai sensi dell’art. 11, richiamato dall’art. 45 c.p.p.) non risolverebbe in alcun modo la situazione di potenziale condizionamento.
– in secondo luogo, tale potenziale condizionamento dei magistrati di Taranto non è stato in alcun modo provato. Ed infatti gli argomenti evidenziati a tale proposito dalla difesa, da cui emergerebbe che l’attività inquirente è stata svolta con una sorta di accanimento o di “interpretazione meramente congetturale e illogica” delle emergenze, rappresentano in realtà – come la Cassazione ha riconosciuto – l’espletamento delle funzioni che l’ufficio di Procura è chiamato a condurre istituzionalmente. Analogamente i provvedimenti giurisdizionali indicati dalla difesa come “l’espressione di un pesante condizionamento ed inquinamento dell’attività giurisdizionale” non sono altro che le motivate e ponderate valutazioni dell’organo giudicante.
Si ha anzi l’impressione che la difesa tenti di ottenere – tramite l’istanza di rimessione – una nuova valutazione degli elementi posti alla base delle misure cautelari, in tale sede non consentita.
È evidente che nel successivo corso processuale, il complessivo compendio probatorio dovrà essere sottoposto ad un vaglio particolarmente stringente in relazione alle varie ricostruzioni del delitto emerse nella fase di indagine, ma certo l’eventuale rivisitazione degli elementi emersi spetterà alla Corte d’Assise e non alla Cassazione, né può essere veicolata da un’istanza di rimessione.
Resta da aggiungere che in più occasioni la Cassazione ha ricordato come non solo le campagne di stampa, ma anche le pressioni dell’opinione pubblica, non sono di per sé idonee a condizionare la libertà di determinazione del giudice.
Ed infatti chi svolge funzioni giudiziarie è abituato a compiere scelte ed attività che sono oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica, e spesso di critica anche esasperata. Ma il giudice non per questo svolge le sue funzioni con un’indipendenza menomata o con un giudizio minato da imparzialità.