E’ già stata nominata la nuova Pietà: La foto dell’anno ritrae una donna con il burka nero che tiene tra le braccia un parente ferito durante le manifestazioni di ottobre contro il presidente dello Yemen.
La foto dell’anno rende omaggio al dolore silenzioso delle donne di tutto il mondo che non fanno la guerra ma che sentono addosso il peso delle guerre combattute dagli uomini, mariti, figli, fratelli.
Il fotografo spagnolo Samuel Aranda, vincitore del World Press Photo 2012, ritrae con intensità e realismo una donna con il burka nero che tiene tra le braccia un parente ferito durante le manifestazioni ad ottobre scorso contro il governo del presidente AliAbdullah Saleh, in carica nello Yemen da più di trent’anni.
Sono seduti per terra, all’interno di una moschea utilizzata come ospedale da campo e in quel gesto di totale abbandono da parte del giovane manifestante tra le braccia della donna c’è il senso del sacrificio infinito che le donne della Primavera Araba, come di tutte le guerre di sempre, compiono aspettando il ritorno dei propri uomini combattenti.
Ma chi rende loro omaggio?
Uno scatto, come in questo caso, ma anche un libro, surreale ma ricco di riflessioni estremamente vere,“Nel paese delle donne” di Gioconda Belli (Feltrinelli, 2010). A governare a Fauguas, paese immaginario del Centro America, sono addirittura le donne del Partito della sinistra erotica, ma solo perché gli uomini, a causa delle esalazioni del vulcano Mitre, sono rimasti senza testosterone…
«Com’è maschio il culto della morte! – scrive Gioconda Belli -. Ai soldati, conosciuti e sconosciuti che siano, sono dedicati i monumenti più belli, le fiamme eterne, gli obelischi, gli archi di trionfo. Una donna invece, che accumula fatica su fatica per mettere al mondo dei figli, fare di necessità virtù, allevare e nutrire quegli ometti così ben disposti a morire, rimedia a malapena una di quelle statue goffe e penose che finiscono nei luoghi più penosi del pianeta».
Le donne farebbero di tutto per evitare che la violenza esploda negli uomini e causi nuove guerre e quindi nuove morti. Nel Nicaragua sandinista di Gioconda Belli come nel Libano, eternamente dilaniato dallo scontro religioso, della regista Nadine Labaki.
Il suo ultimo film “E ora dove andiamo?”, ora nelle sale, si apre con una scena da tragedia greca di un gruppo di donne a lutto, cristiane e musulmane, che avanzano compatte in corteo, battendosi il petto in un paesaggio desolato. E’ un peso che costantemente sono costrette a sopportare quello della morte dei propri uomini.
Aldilà delle idee religiose, vogliono porre fine a questa macabra danza del dolore. Serve uno stratagemma per evitare nuovi scontri tra i due gruppi religiosi della comunità e la fantasia delle donne, si sa, è infinita.
In maniera divertente, la regista Labaki suggerisce delle soluzioni efficaci che servono a distrarre gli uomini e ad evitare una nuova guerra interna.
Anche in questo caso, come nel libro di Gioconda Belli, quando i maschi sono a casa e le donne al lavoro, ne succedono di tutti i colori. E nella realtà?