Diceva una canzone dei Beborn Beton (Nowhere), gruppo di nicchia del panorama dark-wave, “non c’è fuga da se stessi” (There’s no escape from myself). Ma è poi vero? Davvero non possiamo scappare da noi stessi?
Forse capire cosa voglia dire questo “noi stessi” potrebbe aiutarci a prenderne le distanze là dove questo fosse necessario o desiderato.
L’uomo è un animale sociale che nasce e si costruisce nel sociale: è fatto di ruoli, ovvero copioni scritti dalla società, e da personaggi, le maschere di cui può disporre una persona.
Così nella nostra agenda sociale abbiamo segnati i nostri impegni, i nostri appuntamenti con i doveri e di conseguenza con i nostri ruoli; e nel nostro armadio mentale siamo pieni di maschere da poter utilizzare sia durante queste incombenze (più o meno gradite), sia quando spogliati dei ruoli, denudati dagli impegni, siamo solo noi con uno soltanto dei nostri personaggi, con una sola delle nostre maschere. Maschere che ognuno ha costruito a suo modo, partendo però dalle materie prime colte nella società.
Differenze tra ruolo e personaggio
Il ruolo fa binomio con dovere, dove il dovere sta nel tempo o nello spazio; ovvero devo fare, devo essere, ma anche il mio ruolo mi impone di fare e di essere; e laddove il ruolo sia stato scelto perché desiderabile, una volta scelto ha comunque dei doveri da assolvere in determinati momenti e in determinati spazi.
Il personaggio invece fa binomio con volere: esso è più simile ad una scelta, e può godere di maggior libero arbitrio; ma attenzione a ciò che si vuole, chi troppo vuole alla fine deve! Citando la saggezza popolare: hai voluto la bicicletta e adesso devi pedalare. Certo si può sempre decidere di buttarla via, ma poi bisognerà trovare un altro mezzo per muoversi, in questo caso un altra maschera per presentarsi.
In pratica il ruolo è quello che dobbiamo fare e quindi essere; mentre il personaggio è quello che vogliamo essere e quindi fare, dove il fare potrebbe arrivare a farci essere.
Dal ruolo al personaggio
Talvolta capita che un ruolo venga preso come spunto o come contesto per la rappresentazione di uno dei nostri personaggi, confondendoci a volte completamente (o quasi) con esso, soprattutto se è un ruolo che si è soliti interpretare, o che ci dà prestigio e/o gratificazione. Un uomo può essere entrato talmente a suo agio nel ruolo di psicoterapeuta, per esempio, da averci costruito un personaggio sopra: egli si sentirà, e si comporterà, come tale anche quando non si trovi nel suo studio con i suoi pazienti.
Effettivamente per molte persone l’entrata nel mondo del lavoro coincide con l’importante cambio non solo di un ruolo, quello di lavoratore, ma anche di un personaggio, forgiato sul ruolo assolto. E’ possibile quindi che determinati ruoli nei quali ci si è trovati particolarmente a proprio agio, o dei quali si è diventati esperti, all’occasione diventino dei propri personaggi.
Allo stesso modo alcuni dei propri personaggi potranno trovarsi bene a muoversi nel contesto di uno dei propri ruoli.
Forse è per questo motivo che molti lavoratori pensionabili fanno fatica a decidere di lasciare il loro lavoro, o cadono in una sorta di depressione una volta ottenuta la pensione: non è facile rinunciare ad un ruolo, quello di lavoratore, e non è facile rinunciare ad un contesto dove uno dei nostri personaggi abbia imparato a trovarsi a suo agio. Importante sarebbe infatti trovare un altro ruolo che riempia il vuoto lasciato dalla perdita del ruolo precedente e di tutto il suo mondo intorno.
Ci sono dei ruoli che possono essere vestiti anche momentaneamente dando vita a personaggi fugaci, dai quali magari creeremo un precedente da cui trarre ispirazione nella continua ricerca di noi stessi. Se ad esempio un rapinatore ci punta una pistola alla testa, eccoci nell’indesiderabile, ma momentaneo, ruolo di rapinato, questo ruolo avrà però una gamma di comportamenti disponibili, alcuni dettati dagli stereotipi sociali, alcuni dati dalla realtà che ci ha cresciuti; altri dalle convinzioni coltivate negli anni su come si dovrebbe reagire ad una tale situazione e altri ancora dovuti a convinzioni improvvise su quello che potrebbe succederci in quel momento, con quella determinata persona, che si trova nel ruolo di rapinatore. Come dire: la maschera usata durante la messa in scena del suo copione di rapinatore.
La scelta finale potrà creare diversi tipi di personaggi: potremo urlare istericamente, personaggio isterico o speranzoso, dipende; potremo cercare di fare mosse alla Bruce Lee per provare a liberarci dalla spiacevole situazione, personaggio coraggioso o incosciente, dipende; potremo cercare di far ragionare in modo cristiano e tono caritatevole il nostro rapinatore, personaggio benpensante o ipocrita, dipende; o potremo, da brava vittima, ubbidire ciecamente ai suoi ordini, personaggio pauroso o ragionevole, come al solito dipende: dipende dal personaggio che abbiamo di fronte!
Il nostro personaggio sarà dunque istigato da quello a noi di fronte, che a sua volta sarà in continua co-influenza con il nostro, eppure una volta messo in scena un determinato personaggio, anche se questo è un prodotto di un interscambio, noi penseremo di essere per buona parte ben rappresentati da quella maschera, la sentiremo come nostra e quando ci racconteremo agli altri e a noi stessi ci racconteremo come in parte fatti in quel modo.
E anche gli altri ci descriveranno con quella nostra azione, anzi molto spesso accade di essere giudicati come il prodotto di una sola azione di uno dei nostri personaggi.
Dal personaggio al ruolo
Certo, anche i personaggi influenzano i ruoli. Anzi, come vedremo soprattutto nella seconda puntata, la maggior parte dei nostri personaggi ha il potere di crearli i ruoli, del resto non si può lasciare una maschera senza un copione in cui esprimersi.
I personaggi hanno il potere di indirizzarci nella scelta dei ruoli da assumere: a lungo termine nella scelta ad esempio del lavoro, ma anche a breve termine il personaggio che stiamo assumendo in un certo momento ci indirizzerà su quale ruolo assolvere in quello stesso momento, o ci catapulterà in un ruolo sociale.
Facciamo gli esempi di questi ultimi due casi, partiamo dal primo: siamo in metropolitana e scoppia un incendio nel nostro vagone ma proprio in quel momento il nostro personaggio si stava pavoneggiando di spavalderia e sicurezza, ahiahiai probabilmente per fare fede al nostro personaggio ora ci sentiremo obbligati a vestire i panni dell’eroe, prendendo in mano la situazione (o sarebbe meglio… l’estintore!), a meno che non decidiamo di cambiare improvvisamente personaggio, perché il gioco non vale la candela, vestendoci del personaggio, che avevamo nel cassetto, tutto fumo… e niente arrosto (beh, in questo caso speriamolo che non ci sia l’arrosto!!!). Anche se fosse così avremo un modo tipico di comportarci che rispecchi il copione del… quacquaracquà.
Passiamo al secondo esempio, quello in cui il personaggio vestito, la maschera indossata, ci faccia appioppare un ruolo dal sociale: stiamo entrando in un bar, per vincere la nostra insicurezza invece di parlare ci mettiamo ad urlare, è molto probabile che questo personaggio ci porti a indossare anche il ruolo della persona su cui spettegolare.
L’importanza del pubblico
Sia nel ruolo che nel personaggio il pubblico ha quindi una parte essenziale.
Nel ruolo la sua presenza si sentirà fortemente soprattutto se concreta, e lì dove il pubblico non ci fosse la rappresentazione sarà più scarsa, a meno che il ruolo non combaci con un personaggio. Per esempio un guardiano notturno quando non c’è nessuno che possa vederlo è probabile che farà più il guardiano della televisione che del suo stabile, a meno che non stia giocando col personaggio de “Il guardiano”.
Per il personaggio invece il pubblico è come in agguato, o meglio diventa parte di sé, meno esigente ma sempre presente. Pensate al personaggio della ragazzaccia mascolina, se sola non si comporterà esageratamente da maschiaccio (non aggiungerà il ruolo al personaggio), ma comunque non sarà pizzi e fronzoli.
L’assenza di pubblico non influirà su tutti i nostri ruoli: ve ne sono infatti di profondamente radicati, ovvero quelli che ci sono stati assegnati durante la socializzazione primaria (quelli di genere sessuale), che almeno in minima parte sono mantenuti anche in assenza di pubblico, in quanto il pubblico è come interiorizzato e le sue regole istituzionalizzate e anche quando il personaggio cozza con questi ruoli radicati, lo farà senza mai dimenticarsi questo suo ruolo impresso nell’anima. Prendiamo il caso di un viados, così da restare nell’esempio dei ruoli sessuali: il suo essere esageratamente donna (esageratamente per combattere il ruolo già radicato) è la traduzione dell’essere esageratamente donna da un radicato punto di vista maschile.
Fatta questa differenza dell’importanza del pubblico per i ruoli e i personaggi, e all’interno degli stessi ruoli, non bisogna dimenticare che i realtà, ruoli e personaggi sono in continua sovrapposizione, così come l’importanza dei loro pubblici.
La personalità
E in tutto questo che ruolo ha la personalità? Quella fatalistica personalità di cui siamo composti?
Le maschere e i copioni (personaggi e ruoli) sono creati dalle interazioni sociali: la personalità in pratica non esiste, o almeno non così come siamo abituati a pensarla. Essa non è il nostro componente essenziale, e di certo non è un componente immodificabile.
La personalità è semplicemente ciò che il soggetto crede di percepire dall’interazione tra lui, il pubblico (realmente presente o ipotizzato) e la situazione.
Sostiene Erving Goffman (sociologo canadese del Novecento): “siamo obbligati ad esibire un self non perché davvero l’abbiamo, ma perché la società ci obbliga a comportarci come se l’avessimo”
Proprio sotto casa mia qualche anonimo ha scritto su un muro: “L’uomo scappa, ma la sua maschera lo insegue.” Ecco, quella maschera che insegue l’uomo in realtà è il suo copione, ovvero il ruolo che ha nella società. E aggiungo io: è l’uomo che a sua volta insegue una maschera.
Quella maschera inseguita dall’uomo è proprio il personaggio.
La personalità quindi potrebbe essere definita come un uomo inseguito da un copione, ma che insegue una maschera, la quale insegue a sua volta un altro copione che corre dietro l’uomo. Dico “potrebbe” perché in realtà questa è una semplificazione poiché di maschere e copioni ne abbiamo tanti, e ognuna di esse può arrivare ad avere altrettanti copioni e maschere, e purtroppo a volte ci dimentichiamo di poter risolvere alcuni nostri problemi semplicemente cambiando maschera o copione con cui giocare a rincorrerci.
(fine della prima puntata)