“Tra quattro o cinque anni la Soprintendenza per i Beni archeologici di Roma rischia il black out”. Questo l’allarme lanciato dalla soprintendente Mariarosaria Barbera durante la presentazione della mostra Postclassici, allestita tra Foro Romano e Palatino. Causa dell’incombente crisi è la mancanza di personale amministrativo e tecnico (archeologi e architetti), ma soprattutto di custodi. “La maggior parte di quelli in servizio è sui 60 anni e si avvicina alla pensione. Solo che con la spending review ci può essere una sola assunzione ogni cinque pensionamenti ed è per questo che nel giro di pochi anni rischiamo di chiudere”. Ne consegue che non c’è ricambio e che tra qualche anno alcuni dei siti archeologici più importanti e visitati di Roma rischiano di non essere più visitabili. Basti pensare che i 400 custodi oggi in attività nelle aree archeologiche e nei musei di Roma e Ostia corrispondono solo alla metà dell’organico previsto nel lontano 1997. Si tenga presente inoltre che in questi 15 anni non solo sono stati aperti nuovi siti ma sono stati anche ampliati gli orari di visita. Pochi giorni fa la Confederazione Italiana Archeologi, in occasione della polemica nata intorno all’uso di volontari per la Notte dei Musei, aveva fatto notare “l’urgenza di nuove assunzioni e di investimenti in grado di portare lavoro e qualità, svecchiando e rimpinguando il personale”, richiesta ribadita ieri nella lettera inviata al ministro Bray in cui è stata formalmente chiesta una “nuova politica di immissione di personale tecnico scientifico in quei settori del Ministero attualmente sotto organico, che garantisca un’efficace azione di tutela e conservazione del patrimonio culturale italiano”.
La risposta di Bray è arrivata ieri, durante il suo discorso alle Commissioni Cultura di Camera e Senato. Il ministro ha garantito che a breve provvederà alla ratifica della convenzione europea de La Valletta del 16 gennaio 1992 per la protezione del patrimonio archeologico. “La Convenzione” spiega Pintucci, presidente della Cia “contiene norme che, oltre ad estendere l’applicazione delle leggi di tutela agli interventi privati, chiarisce definitivamente il ruolo dei professionisti qualificati nella tutela e gestione dei Beni Culturali. Ora si proceda verso la ratifica del trattato e l’adeguamento delle norme nazionali al nuovo scenario, prima di tutto l’inserimento di quelle norme all’interno dei piani paesaggistici regionali e dei piani regolatori delle città.”