La continua confusione tra pubblico e privato frutto di politiche neoliberiste nell’economia e conservatrici nella gestione della res publica, è sostenuta dalla mancanza di trasparenza con cui si amministra, e dalla confusione che la comunicazione di massa ha instillato nei cittadini.
Protagoniste dirette e indirette di questo continuo e pericolosissimo garbuglio di pubblico e privato, di beni pubblici devoluti per favorire pochi privati, di corpi scambiati con voti, sono molto spesso le donne.
Roma e la sua amministrazione sono un esempio lampante.
Da qualche tempo è distribuito nella metropolitana della capitale, e preceduto da grande clamore, un opuscoletto rosa fucsia. In copertina una fanciulla sorride distesa su un prato di violette. Non è una scatola di cioccolatini anni’ 60 ma un vademecum anti stupro confezionato per le cittadine romane.
Come ci si difende dal maschio rapace che si aggira per le strade della capitale? E’ la domanda sottintesa. Con delle politiche intelligenti che mirino a contrastare culture arretrate? Con più forze dell’ordine nelle strade? No. Il comune si presenta alla cittadinanza con una serie di consigli della nonna. Anche il sempreverde “non indossare abiti appariscenti in strade isolate” che si credeva fosse stato superato, ritorna nelle hit per “non farsi stuprare”, ove mai una non sapesse già che se va in giro sola di notte in mutande, un qualche rischio lo corre.
Moltissime donne infatti pensano, e lo fanno da sole come delle adulte, che ci sia effettivamente il rischio che taluni vogliano imitare i sollazzi del presidente ma non ne abbiano i mezzi economici, o magari abbiano visto troppa tv del presidente, o diano retta ai cartelloni pubblicitari incollati ovunque nella capitale che invitano a servirsi delle donne. E senza timore di essere troppo generici si può tracciare un principio di massima: le donne si difendono istintivamente dalle sollecitazioni istituzionali e del marketing ovunque rivolte agli uomini, che li invitano a fare ciò che si vuole delle donne, pagandole o meno.
Per quanto riguarda l’ Italia si sono recentemente pronunciate le Nazioni Unite, in particolare per quanto riguarda la violenza sulle donne, i cui centri anti violenza, nel Lazio, stavano per essere smantellati e solo grazie alle numerose proteste, si è sventata l’infelice iniziativa istituzionale.
“Nonostante la nota positiva per l’adozione della legge 11/2009 che introduce il crimine di stalking, il Comitato delle Nazioni Unite esprime la propria preoccupazione per l’alto numero di violenze perpetrate su donne e bambine, per la mancanza di dati sulle violenze contro immigrate, Rom e Sinti e per la persistenza di attitudini socio-culturali che “condonano” la violenza domestica.
In particolare, stupisce e preoccupa l’alto numero di donne uccise da partner o ex-partner, indice del fallimento dell’autorità nel suo fondamentale compito di protezione delle donne.
Ecco perché il Comitato ONU chiede al Governo di presentare entro due anni un rapporto sulle misure intraprese contro stereotipi e violenza di genere e raccomanda al nostro paese di adottare tutte le misure legali, amministrative, politiche ed educative necessarie a ridurre tali stereotipi. In particolare, le Nazioni Unite chiedono che lo Stato intervenga sulle immagini sessiste divulgate dall’industria della pubblicità e dai media, nelle quali donne e uomini sono spesso raffigurati in modo stereotipato.”
Sull’opuscolo anti stupro, in alto, spicca il simbolo Roma Capitale.
Questo simbolo dice che il Comune sta comunicando ai cittadini. La scritta, sotto la foto della ragazza finalmente felice di vivere, dice: “Sicurezza è un lusso che oggi noi donne vogliamo permetterci”.
Apprendiamo perciò che le cittadine non hanno più diritto alla sicurezza, e che questa, un po’ come il parrucchiere, sia un lusso.
Siccome la frase è rivolta solo alle donne, apprendiamo che gli uomini, previsti a questo punto come causa della mancanza di sicurezza, non ne hanno diritto a loro volta. E nemmeno i bambini e le bambine quindi. O gli anziani. O i giovani. O gli immigrati. Insomma la sicurezza non è garantita a tutti. Oppure se lo è – peggio ancora – non vale per le donne. Questo è il primo messaggio avallato da un’istituzione, e immediatamente leggibile nel titolo dell’opuscolo.
Il secondo, sta nel tragico tono confidenziale: “noi donne oggi”, che riporta a una marca di assorbenti. Mancava: “in certi giorni”.
All’interno, a pagina due, non c’ è il messaggio del sindaco, come vorrebbe una qualsiasi comunicazione alla cittadinanza, ma di tal signora Anna Di Lallo a capo dell’agenzia di comunicazione che ha ideato, prodotto, e ahinoi, redatto l’assurdo testo. La comunicazione a casaccio viene perciò ben prima della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica.
Tra le missioni dell’agenzia della signora c’ è la sicurezza, ossessione di ogni buon politico di destra anche perché a questa corrisponde il nemico immigrato da rinchiudere nei Cie o da far espellere.
Anna Di Lallo, come un ministro degli Interni, presenta la sua personale strategia sicurezza alla cittadinanza romana:
“Alcune semplici regole e suggerimenti per sentirsi più libere e più forti per poter vivere la straordinarietà del quotidiano. A volte dimentichiamo, per le tante paure e timori che affollano la nostra mente, che le città in cui viviamo sono fatte anche di luci, colori, profumi, angoli di storia, incredibili paesaggi e laboratori culturali unici al mondo. Riscopriamole con naturalezza e gioia di vivere, sentendoci più sicure di noi stesse.”
Per quelle che per esempio sono state assunte in un posto di lavoro e costrette a firmare delle dimissioni in bianco in caso di maternità, quelle che sono state licenziate, quelle che non hanno lavoro, o che devono pagare un asilo comunale 600 euro, se non vivono la straordinarietà del quotidiano, è perché sanno perfettamente che potrebbero farsi accoppare da un momento all’altro. E se non lo sanno, devono imparare a esserne coscienti, come viene ripetuto qua e là nel vedemecum. Ma chi potrebbe accopparle non viene esplicitato. Si sottintende.
L’angosciante lacuna nella narrazione del libretto viene però colmata dal dibattito pubblico che avviene altrove: ogni donna infatti oggi deve aver paura dell’immigrato, che come dice Cota “violenta le nostre donne”.
Nelle dieci pagine successive all’annuncio Di Lallo si susseguono i volti e le professioni delle supporters della signora. Dalla deputata Beatrice Lorenzin, fino all’operatrice ecologica Valentina Orsi. Chiude la serie, l’ultimo dei fan, il sindaco di Roma, che copincolla le sue “frasi-cavallo di battaglia”:
“Ho sempre considerato la sicurezza come una delle priorità del mio mandato, nella convinzione
che il diritto alla sicurezza sia una precondizione fondamentale per garantire qualità
della vita, relazioni sociali, esercizio dei diritti di libertà”.
Non il lavoro dunque, ma la sicurezza. Che peraltro, con il vademecum, confessa di non saper garantire. E che le donne e il sesso siano uno strumento per le sue ossessioni è fin troppo evidente: c’è voluto un giudice che costringesse il sindaco a un rimpasto della giunta e all’inserimento di una donna
Al libretto, compendio e fotografia dell’arretratezza italiana, non manca la pensata della delegata Pari Opportunità on Lavinia Mannuni, che si definisce al maschile “delegato”,, ma parla alle cittadine da “donna a donna” (scritta rigorosamente in grassetto rosa fucsia). Anche lei parlando “da donna a donna” non dà consigli per la ceretta, ma suggerisce di angosciarsi un po’ per sentirsi poi più libere con i consigli della signora Di Lallo.
E nemmeno lei, come Carfagna, ha saputo issare una barriera contro l’ennesima presa in giro. E nemmeno la moglie del sindaco, Isabella Rauti, capo dipartimento del Ministero delle Pari Opportunità e oggi consulente della ministra, è riuscita a bloccare un simile osceno della comunicazione. In un’intervista a Repubblica ha infatti precisato che con il marito parla solo di questioni familiari. Le donne romane si mettessero l’anima in pace perciò, che manco per sbaglio, di fretta nell’ascensore, riesce a dire al marito che ne sta accumulando una dietro l’altra. Anzi.
Ha lodato l’iniziativa patrocinata anche dalla Regione Lazio, tanto per metterci un’altra istituzione pubblica.
La signora Di Lallo, per quanto immaginiamo santa, a occhio, non deve aver lavorato gratis.
Il problema è che a questo punto non si capisce più chi ha pagato la pubblicazione.
Se è stato il comune, significa che dei soldi pubblici sono andati a arbitrario sostegno di un’iniziativa privata.
Se Anna Di Lallo invece se l’è finanziato da sola, un’istituzione ha sponsorizzato con canali pubblici un’ iniziativa privata, investendola di autorevolezza.
E’ stata fatta un’immensa campagna di comunicazione del Comune di Roma, in tutti i tg e mezzi di informazione, compreso il nazionale tg1 che pur avendo perso molti ascolti, conserva diversi milioni di spettatori.
In sostanza la signora Di Lallo s’è fatta una campagna pubblicitaria del valore di diverse centinaia di migliaia di euro, mettendo insieme una serie di ovvietà.
Ma il marketing a volte prende strade insperate. Contestualmente ai giorni di campagna per la presentazione dell’opuscolo, il sindaco Alemanno, con sprezzo del pericolo internet, copincolla di nuovo il discorso sicurezza, ma dimostra di aver intuito che era una fregatura. Come è noto infatti, e era noto anche durante la campagna elettorale, le auto della polizia scarseggiano per mancanza di fondi. E quello semmai è il pericolo. Non i troppi immigrati. Ma stavolta il nostro sindaco decide di andare da Maroni a cantargliene quattro.
Per essere convincente prende la moto, si fa riprendere mentre fa un giro per le strade (buie) di Roma. In “due ore” dice allarmato “abbiamo incontrato solo due auto della polizia”. Stavolta l’allarme non è lo stupratore su cittadine, ma sono le prostitute e clienti. Una pratica che vuole che diventi un reato. Tanto per usare ancora donne e sesso, e mai, per carità, andare all’origine delle cose, come invitano a fare le Nazioni Unite. (Vedi video).
Ma riveniamo al manualetto anti violenza. Ovunque si dice “stia tranquilla, le forze dell’ordine sono con te”. Addirittura tra i consigli c’è quello di memorizzare sul cellulare un numero di telefono delle forze dell’ordine.
A questo punto una cittadina dopo essere stata resa consapevole dei pericoli di essere accoppata da un momento all’altro, di fronte alla realtà dichiarata che il comune non sa fare fronte alla questione sicurezza, e che le forze dell’ordine, come dice il sindaco, non sono sufficienti, si sente praticamente spacciata.
La signora Di Lallo ha pensato anche questo.
A pagina 23, dopo aver angosciato tutte, offre una soluzione che spiega anche il titolo: comprare un attrezzetto chiamato Petra collegato, vedi tu, a una società di sicurezza. Costo: 300 euro. Ecco a cosa è servita la campagna del comune di Roma. Alla società di sicurezza Synaps Technology. Privata.