Cari lettori questa settimana voglio dare un plauso ad una recente sentenza (n. 7182/2012) della Suprema Corte di Cassazione che finalmente ha sancito il sacrosanto diritto del condomino che, distaccatosi da tempo dall’impianto di riscaldamento centralizzato attraverso l’installazione di un impianto autonomo e contestuale ridimensionamento dell’impianto centralizzato, non deve più contribuire alle spese di ordinaria e straordinaria manutenzione dell’impianto centralizzato.
Al riguardo mi corre l’obbligo di evidenziarvi alcuni dubbi sollevati dalle prime critiche suscitate dalla sentenza e relativa soluzione.
Alcuni critiche alla sentenza hanno posto i seguenti interrogativi:
1) cosa accade nel caso in cui, a seguito del distacco di uno dei condomini, l’impianto NON venga sostituito e ridimensionato: in questo caso, cioè, il condomino distaccato che potenzialmente potrebbe riallacciarsi, dovrà pagare le spese straordinarie di manutenzione dell’impianto oppure no?
2) come si coniuga questa tesi interpretativa con l’art. 1118 comma 2 c.c. che sancisce l’obbligo di ciascun condominio di partecipare alle spese di conservazione delle parti comuni anche nel caso di rinuncia al diritto su detti beni?
Le domande qui evidenziate sono supportate dalle seguenti considerazioni: ammettere che la delibera condominiale di sostituzione e ridimensionamento dell’impianto centralizzato determini l’estromissione del condomino distaccato dalla comunione sul bene, significa ammettere che l’assemblea condominiale ha potere di incidere sulla quota di proprietà individuale afferente a ciascun condomino. Se l’obbligo di partecipazione alle spese di conservazione della cosa comune è conseguenza diretta del diritto di proprietà e non dell’uso effettivo o potenziale della cosa medesima, e se la delibera assembleare non è prevista nel nostro ordinamento quale atto idoneo costituire o estinguere il diritto di proprietà, ebbene, se tutto questo è vero, la tesi del Supremo Collegio oggetto della sentenza in commento sembra, a sommesso avviso di chi scrive, stridere con i principi tradizionali del diritto civile.
Tali interrogativi a mio giudizio nascono da una svista di fondo. Infatti, una cosa sono le parti comuni prettamente immobiliari, per le quali la rinuncia al diritto necessita del consenso all’unanimità manifestato attraverso lo strumento dell’atto notarile da trascriversi presso la locale Conservatoria dei Registri Immobiliari (sarebbe una sorta di donazione indiretta), altra cosa è a dirsi per le parti comuni definite all’art. 1117 c.c. n. 3; tale articolo definisce come comuni dei semplici beni mobili. Per tali beni è sufficiente una delibera condominiale ex art. 11104 e 1123 del c.c., vigendo il principio consensualistico, ovvero la proprietà passa, ai sensi dell’art. 1376 del c.c., con il semplice consenso legittimamente manifestato; tale legittimazione può ben avvenire in sede assembleare ed essere trasfusa in un documento che acquista efficacia anche nei confronti dei terzi.
Alla prossima settimana…