La forza della camorra è sempre stata economica, e il trattamento dei rifiuti rappresenta uno dei settori principali dalla criminalità organizzata, in Campania e non solo. La conferma arriva dalla cronaca giudiziaria delle ultime settimane: quattordici persone sono state arrestate dai Carabinieri nel Nolano, in provincia di Napoli, nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di rifiuti speciali. L’accusa è di aver “tombato” amianto, bitume e scorie di natura plastica al di sotto del manto stradale di una nuova arteria tra il Vallo di Lauro e l’A30 Caserta-Salerno, ma i rifiuti sarebbero stati sepolti anche all’interno di altre infrastrutture della zona.
Secondo gli inquirenti, lo smaltimento illecito avveniva ad opera di ditte che acquisivano le commesse in subappalto e che, sfruttando il loro legame con la camorra, utilizzavano i cantieri per far sparire rifiuti di varia natura, spacciandoli per terreno vegetale. Le aziende coinvolte sono una decina e cinque di esse, ritenute legate al potente clan nolano dei Fabbrocino, sono state poste sotto sequestro dalla Direzione investigativa antimafia. Gli inquirenti hanno posto sequestrato anche beni materiali per 8 milioni di euro, incluso un tratto della superstrada interessata, nel quale sono state trovate tracce di diverse sostanze pericolose, oltre a diversi rifiuti speciali, tra i quali resti di copertoni e addirittura un ferro da stiro. Al di là del pericolo ambientale e sanitario legato alle sostanze tossiche smaltite sotto il manto stradale, la presenza dei rifiuti speciali mette a rischio anche la tenuta della strada.
Il paradosso delle bonifiche
Del resto, la pratica di tombare materiali tossici sotto l’asfalto non è una scoperta recente né tantomeno è l’unico sistema che la camorra ha escogitato per controllare a stretto giro il ciclo dei rifiuti. Secondo la stessa Dia, ad esempio, spesso sono proprio i clan a ostacolare la raccolta della spazzatura, oltre ad infiltrare aziende “amiche” nelle operazioni di trattamento dei rifiuti o, addirittura, negli interventi di risanamento dei siti adibiti a discarica. In una delle ultime relazioni della Direzione investigativa antimafia, ad esempio, si faceva riferimento all’invaso di Chiaiano, al centro tra l’altro di feroci proteste da parte della popolazione locale, che contesta la recente decisione della Regione Campania di autorizzarne l’ampliamento. La bonifica della discarica, scrive la Dia, era stata «contrattualmente prevista e presuntivamente eseguita nel 2008 da due imprese, poi risultate in rapporti d’affari con il clan Mallardo di Giugliano e con il gruppo Zagaria appartenente al clan dei casalesi». Come a dire che non solo la camorra smaltisce i rifiuti in modo illecito e pericoloso, ma controlla, almeno in qualche caso, anche il cosiddetto “risanamento” del territorio inquinato. Un vero e proprio corto circuito dell’infiltrazione mafiosa, reso possibile dalla «collusione esistente tra camorra, settori deviati della politica locale e mala imprenditoria», per dirla ancora con le parole della Dia.
Il giallo del cimitero dei cani
Un malaffare che interessa rifiuti speciali di qualsiasi genere, incluse addirittura le carcasse animali. Risale ad esempio a poche settimane fa il ritrovamento di decine di corpi di cani, gatti e conigli abbandonati lungo il secondo alveolo dei Regi Lagni, tra Marigliano e Acerra. Quello che un tempo era un efficiente sistema di regimazione delle acque piovane, oltre che un ecosistema acquatico di pregio, si è trasformato da tempo in una vera e propria discarica abusiva. L’episodio delle carcasse animali, che risale alla scorsa Epifania, è solo l’ultimo di una lunga serie di ferite inferte a questa porzione di territorio vesuviano ed è divenuto oggetto di un’inchiesta della procura di Nola. I resti animali sono considerati dei rifiuti speciali e come tali andrebbero trattati, di norma mediante cremazione in speciali inceneritori o inumazione in cimiteri autorizzati. In Campania le ditte autorizzate a questo tipo di attività sono una decina e a loro devono rivolgersi le Asl, i veterinari, i canili autorizzati, ma anche i semplici cittadini quando hanno bisogno di smaltire delle carcasse. Vista la sua particolarità e le speciali prescrizioni da rispettare, però, il servizio non è economico: per questo gli inquirenti sospettano che, per risparmiare, alcuni canili possano aver abbandonato i resti nei Regi Lagni, oppure che qualche azienda regolare abbia raccolto le carcasse da parte di famiglie e canili in buona fede, per poi disfarsene in modo illecito. La questione è piuttosto complessa, anche perché agli animali sono stati asportati i microchip di identificazione. Gli inquirenti, in ogni caso, non escludono il coinvolgimento dei clan camorristici locali, soprattutto perché il traffico ricorda quello di altre tipologie di rifiuti speciali già appannaggio della criminalità organizzata.
I dati di Legambiente
Che il settore della gestione dei rifiuti sia uno dei preferiti dai clan lo confermano anche gli ultimi dati diffusi da Legambiente (vedi dossier “Rifiuti Spa” allegato) sui risultati giudiziari ottenuti da quando, dieci anni fa, è stato introdotto il delitto di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”. Delle 199 inchieste avviate dal 2002, quelle che hanno coinvolto la Campania, direttamente o indirettamente, sono state ben 66, pari al 34,6% del totale nazionale. Le procure campane che hanno indagato per reati legati ai rifiuti sono otto ( Avellino, Benevento, Napoli, Nocera Inferiore, Nola, Salerno, Santa Maria Capua Vetere, Torre Annunziata), mentre le ordinanze di custodia cautelare emesse sono già 337. Da record anche il numero di aziende interessate dalle indagini: in Campania sono state ben 146, pari a più di 14 all’anno. Una minaccia per l’economia, oltre che per l’ambiente e la salute pubblica.
Le conseguenze sulla salute
La salute, appunto. Non è un caso, probabilmente, che diverse indagini epidemiologiche indichino proprio la Campania come una delle aree a più alto tasso di patologie legate all’inquinamento ambientale, come leucemie, cancro alla vescica e alla mammella, anomalie della sfera riproduttiva. Secondo le dichiarazioni rilasciate di recente da Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell’ospedale Pascale di Napoli, «negli ultimi anni le patologie oncologiche dovute con ogni probabilità agli sversamenti tossici sono aumentate del 20%». Se fino ad appena 20 anni fa il territorio campano era paragonabile a quello di altre regioni italiane per incidenza di tumori e altre malattie, ora la situazione appare molto diversa, tanto che, sempre secondo Marfella, l’incidenza del cancro al seno sarebbe addirittura «doppia rispetto al resto d’Italia» e interesserebbe principalmente donne al di sotto dei 40 anni di età.
Una buona notizia
La situazione, insomma, è davvero allarmante, e meriterebbe di occupare un posto prioritario nell’agenda politica locale e nazionale. Per fortuna, però, ogni tanto si registra anche qualche buona notizia, e le cronache danno conto di significativi successi nella lotta allo strapotere della criminalità. Come nel caso dell’ex azienda agricola di Castel Volturno confiscata a Dante Apicella, esponente del clan dei casalesi. Grazie ai fondi del programma Pon, gestito dal ministero dell’Interno e cofinanziato dalla Comunità Europea, la tenuta sarà presto trasformata in un impianto per il trattamento dei rifiuti organici. All’interno del centro, che sarà gestito da una cooperativa sociale, l’immondizia si trasformerà in compost (un terriccio fertilizzante utilizzabile in agricoltura), in biogas e in “Frazione organica stabilizzata”, che può essere impiegata nella sistemazione di scarpate, argini, terrapieni e nella copertura di discariche. Una vittoria simbolica, oltre che un passo nell’unica direzione percorribile per annientare davvero le mafie: scardinare il loro potere economico e la connivenza con la politica.
In allegato il dossier di Legambiente
Dossier Rifiuti Spa Legambiente 13 febbario 2012