Il tanto atteso momento elettorale si avvicina e la relativa campagna imperversa nelle nostre vite, specie attraverso il canale mediatico più antico ma tuttora estremamente efficace, la televisione.
Mentre infuria la bagarre tra attacchi personali, spostamenti opportunistici, alleanze prospettate o rigettate, gli italiani si interrogano su quali saranno i propositi dei concorrenti. La storia ci insegna quanto un quesito molto semplice quanto legittimo rimanga nella maggioranza dei casi disatteso, sommerso nel chiasso dei talk show e volutamente dribblato in nome di un’inutile prudenza politica. L’Italia, più che di equilibri mal costruiti, avrebbe bisogno di una rinnovata chiarezza nei temi, per poter finalmente scegliere a chi affidare l’onere (ma anche l’onore) di guidare il paese fuori dal guado.
Quanto detto sembra essere particolarmente vero sul fronte dell’economia, che nel suo complesso costituisce l’elemento di gran lunga predominante nel dibattito, sul quale indubbiamente si giocherà la quasi totalità della partita. I temi centrali sono facilmente identificabili: tassazione, crescita, contenimento dei conti pubblici, vincoli imposti dall’Europa, liberalizzazioni. Da un confronto tra i programmi elettorali delle principali formazioni politiche (in allegato i testi di riferimento), si riscontra un interesse diffuso per tali questioni, ma con priorità e ricette ampiamente divergenti.
A puntare forte sulla riduzione delle tasse è soprattutto il PDL, che dedica alla “riforma fiscale” un capitolo consistente del programma, il sesto, il cui primo articolo invoca l’abolizione dell’IMU sulla prima casa. Seguono il netto rifiuto per la patrimoniale e per l’aumento dell’Iva, il progressivo annullamento dell’Irap e l’innalzamento dei limiti per l’uso del contante. Si parla inoltre di “fisco amico e non nemico del contribuente”, per cui dovrebbero essere ridotti i poteri di Equitalia e revisionare “radicalmente” il redditometro. In merito al funzionamento del sistema bancario, il PDL esprime la volontà di incentivare “anche fiscalmente” l’espansione del credito alle imprese, oltre all’introduzione di una moratoria per le rate di mutuo non pagate negli ultimi 18 mesi, attraverso una ridefinizione dei tempi di rimborso calibrata sulla situazione economica delle famiglie. Non ci sono dunque grandi novità rispetto alle precedenti corse elettorali: “meno tasse per tutti” è uno slogan che potrebbe ancora funzionare, specie in un momento di recessione. Il PDL deve comunque fare i conti con le istanze economiche della Lega, che ripropone il modello federalista con una proposta specifica e molto forte: mantenere all’interno delle regioni il 75% dei tributi.
L’approccio del PD rispetto al tema fiscale è molto più blando: innanzitutto le tasse non sono presenti nel programma sintetico, per cui occorre cercare tra i documenti di approfondimento, dove si accenna ad una riforma del fisco in chiave più equa, senza però entrare nel dettaglio delle singole imposte. Il punto centrale in ambito economico è sicuramente il lavoro, in risposta all’attuale emergenza occupazionale, specie nel comparto giovanile e per quanto riguarda le donne. La “precarietà” viene indicata come un elemento da “contrastare”, indicando dunque una scelta di campo in merito alle riforme susseguitesi nello scorso decennio e da ultimo con la riforma Fornero. Anche in questo caso, tuttavia, non è possibile riscontrare alcuna proposta programmatica concreta, segno che il bilanciamento interno del partito continua ad oscillare tra le posizioni di Vendola e quelle di Monti. Sinistra e Libertà rimane l’alleato imprescindibile ed a ben guardare i programmi sono compatibili, con tratti più marcati proprio in merito all’articolo 18 ed in generale sulle istanze dei lavoratori. La situazione è comunque in evoluzione continua, soprattutto in seguito agli ultimi sviluppi del caso Monte dei Paschi di Siena, per cui in quest’ultimo mese alcuni tratti più specifici potrebbero delinearsi.
Anche Monti, nella sua Agenda, tende a non sbilanciarsi troppo in merito ad un’eventuale riduzione della pressione fiscale, nonostante alcuni vaghi riferimenti per quanto riguarda lavoro e imprese. Questo sarà possibile, secondo il Professore, grazie alla ripresa economica che seguirà alle riforme iniziate dal governo in carica, per cui non è stato indicato un limite temporale. Il tono del programma e quanto mai didattico, in perfetta continuità con lo stile adottato durante il periodo di governo. Anche le ricette rimangono invariate ed essenzialmente fondate su due pilastri: da un lato il taglio netto degli “sprechi”, quindi di parte della spesa pubblica, nel solco tracciato attraverso la Spending Review; dall’altro le riforme e le liberalizzazioni, relativamente alla flessibilità del lavoro ed al funzionamento concorrenziale dei mercati. Si tratta ovviamente del programma più affine ai dettami economici di Bruxelles, anche se il vento inizia a cambiare anche in Europa, dove le forze liberiste stanno affrontando un notevole calo dei consensi.
Il Movimento 5 Stelle, novità assoluta nel panorama politico di queste elezioni, presenta un programma molto snello e dai contenuti più pragmatici. Alcune tematiche, tuttavia, non vengono di fatto affrontate, in primis la tassazione. I toni, come era prevedibile, sono certamente più duri rispetto ad altri partiti: sul lavoro, ad esempio, si invoca l’abolizione tout court della legge Biagi e l’introduzione del salario di disoccupazione garantito. Grande risalto viene dato al problema del management di banche e grandi gruppi pubblici e privati, spesso esposto ad evidenti conflitti d’interessi, per cui il M5S prevede il divieto di incroci azionari, nuovi meccanismi di rappresentanza per i piccoli azionisti, un limite agli stipendi dei manager di società quotate in borsa. Unico punto di contatto con l’Agenda di Monti è la riduzione del debito pubblico tramite un taglio agli “sprechi”, con introduzione capillare di sistemi informatizzati nella Pubblica amministrazione.
Ultimo arrivato sul piano temporale è il programma di Rivoluzione Civile, il movimento guidato dal Pm Ingroia. Il testo è piuttosto scarno e generico, costituito da 10 brevi punti concernenti altrettante tematiche, che si apre con un attacco alle “oligarchie economiche” che guidano l’Europa. In quest’ottica si fa riferimento all’abbattimento dei tassi d’interesse sul debito, ma non viene indicato alcuno strumento da impiegare a tal fine. Anche RC, al pari di Vendola, sul fronte lavoro propone il reintegro dell’art. 18 e la lotta alla precarietà, nonché la “riconversione ecologica” della produzione, mostrando una posizione particolarmente vicina alle istanze della CGIL. Manca all’appello il tema fiscale, nonostante un brevissimo riferimento alla predisposizione di sgravi fiscali per le imprese che investono in ricerca ed assumono a tempo indeterminato. A giudicare dai contenuti, sembra evidente che questo partito affida le proprie speranze alla figura del proprio leader, che di volta in volta illustra la posizione rispetto alle tematiche del dibattito politico.
Da ultimo, segnaliamo il programma della liste Fare – per fermare il declino, guidata da Oscar Giannino. Anche in questo caso sono stati predisposti 10 punti chiave, ma per ognuno di essi è facilmente scaricabile un approfondimento estremamente dettagliato, comprendente misure specifiche anche in termini quantitativi. Al primo posto si colloca la riduzione del debito pubblico, da conseguirsi ancora una volta a attraverso un’operazione (interamente descritta) di redistribuzione della spesa. I temi affrontati dal movimento di Giannino sono quasi interamente economici e possono qualificarsi come trasversali tra le varie forze in campo: compare il federalismo “integrale”, il salario di disoccupazione, la riduzione della pressione fiscale (-5% in 5 anni), le liberalizzazioni.
Programma Movimento 5 stelle
Programma Pd
Agenda Monti
Programma Pdl