A poco meno di cento giorni dalle elezioni europee, che dovranno scegliere il nuovo parlamento dell’Unione, l’Europa vive uno dei suoi momenti più difficili di sempre: stretta nella morsa della crisi economica e imbrigliata nelle maglie di una rete fatta di burocrazia e politiche di austerità, sembra destinata a soccombere in balia dei venti del populismo che soffiano sempre più forte sugli Stati membri.
A confermare questa sensazione, oramai generalizzata, hanno contribuito due notizie arrivate in settimana, episodi rilanciati, da buona parte della stampa e delle televisioni, come una vera e propria minaccia alla costruzione europea. La prima notizia riguarda il cosiddetto scudo anti spread varato nel 2012 che consente alla Banca Centrale Europea di acquistare i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà. La Corte costituzionale tedesca ha deciso infatti di rivolgersi alla Corte europea per valutare la legittimità del programma Mot (questo il nome ufficiale dello scudo) ,messo a punto da Mario Draghi per arginare la speculazione internazionale nei confronti dei Paesi mediterranei dell’Unione che, fino a un anno fa, rischiavano di precipitare nel baratro dell’insolvenza, trascinando con sé tutta l’eurozona. Poco importa se è bastato solo l’annuncio dello scudo per scongiurare il pericolo e in realtà non è mai stato speso neanche un euro per salvare Spagna, Italia o Portogallo, secondo i togati tedeschi il programma di acquisti di obbligazioni sovrane da parte della Bce viola i Trattati Europei: “Vi sono importanti ragioni per presumere che il programma di acquisti obbligazionari ecceda il mandato di politica monetaria della BCE, violando i poteri degli Stati sovrani e il divieto di monetizzazione del debito pubblico”, si legge nella sentenza.
L’Europa dei referendum e delle sentenze
Ma il ricorso alla Corte europea per lo scudo antispread non è l’unica nuvola ad offuscare il cielo dell’U.E. In Svizzera il referendum contro la libera circolazione è passato con il 50,3% degli elvetici che si sono detti favorevoli a limitare l’ingresso dei cittadini dell’ U.E. nel Paese. Nonostante Governo e Parlamento fossero contrari all’iniziativa, il voto ha premiato i timori di una presenza eccessiva di stranieri. Tanti sono infatti i cittadini italiani, tedeschi o francesi, che ogni giorno varcano il confine con la Svizzera per raggiungere il posto di lavoro, salvo poi tornare nelle proprie case oltre confine dopo la giornata lavorativa : si tratta dei cosiddetti “frontalini”, il cui futuro è messo ora in seria difficoltà dall’esito del referendum. Non si sono fatte attendere le reazioni preoccupate di Bruxelles: il caso crea un precedente perché è la prima volta che un Paese, pur non facendo parte del circuito euro, mette in discussione i trattati europei. La vicenda ha un notevole valore simbolico e sembra minare dalla base uno dei capisaldi dell’Unione europea : i trattati di Schengen con cui gli Stati aderenti hanno, da tempo, eliminato i controlli alle frontiere per i cittadini europei sancendo la libertà di movimento delle persone all’interno dell’Unione. Non è un caso che il commento della Commissione europea abbia sottolineato proprio questo aspetto “La Commissione si rammarica del fatto che un’iniziativa per l’introduzione di limiti quantitativi all’immigrazione sia stata approvata. Questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l’Ue e la Svizzera”. Ora tutti gli accordi fra Confederazione elvetica e Unione europea dovranno essere rinegoziati, mentre il rischio è che altri Paesi possano avvalersi di questo precedente per rimettere in discussione i trattati di Schengen e, addirittura, la stessa moneta unica che, da un po’ di tempo a questa parte non gode certo di ottima reputazione. Un’Europa orma giunta al capolinea, la cui “casa comune” sembra una costruzione politica da radere al suolo perché minata a partire dalle sue stesse fondamenta. Ma è davvero questo che accade oggi sotto i nostri occhi? Stiamo assistendo al lento ma inesorabile collasso dell’Europa Unita, oppure, proprio dal travaglio di questi mesi, sta nascendo il nucleo di una nuova Europa, una futura federazione di Stati?
La svolta della Germania
Contrariamente a quanto sostengono gli euroscettici, diffusi ormai su tutto il Continente, proprio le notizie a prima vista più allarmanti, come il ricorso della Corte tedesca o l’esito del referendum in Svizzera, testimoniano la vitalità della costruzione europea e possono alimentare la speranza di una vera e propria “svolta” i cui frutti matureranno, si spera, nei prossimi anni. La sentenza con la quale la Corte costituzionale germanica ha delegato la decisione sulla legittimità dello scudo antispread alla Corte europea può essere considerata “storica”: è la prima volta che un tribunale tedesco riconosce la preminenza e l’esclusiva competenza di un’istituzione comunitaria su una tedesca. Non era mai avvenuto prima che la Germania, a differenza degli altri Paesi dell’area euro, “cedesse” sovranità nei confronti dell’U.E. e questo è stato uno dei fattori che hanno contribuito a far percepire, negli ultimi anni, l’U.E. come una sorta di “prigione tedesca” per tutti gli altri Stati dell’Unione. Con la sentenza del 7 febbraio, la Corte costituzionale di Karlsruhe ha rimandato la decisione alla Corte europea di Giustizia, poiché la BCE è una istituzione comunitaria. Se fino ad oggi l’ultima parola sui temi europei più impegnativi spettava al supremo tribunale tedesco, da oggi spetterà, con buona probabilità a Bruxelles perché il caso crea un precedente difficile da ignorare per il futuro. È il segnale che, seppur con estrema lentezza, qualcosa si muove anche a Bruxelles: l’atteggiamento delle istituzioni giuridiche tedesche si è sempre basato sulla legittimazione democratica detenuta dai singoli Stati contro la macchina burocratica dell’Unione non eletta da nessuno. Ora con questa, a suo modo rivoluzionaria, sentenza la Germania riconosce le ragioni dei Paesi del Sud e, implicitamente, pone le basi per i futuri “Stati Uniti d’Europa” : una federazione di Stati che si riconoscono in una serie di Istituzioni Europee al di sopra degli stessi Stati nazionali.
Una nuova idea di Europa
Anche il caso del referendum svizzero, che apparentemente sembra minare il processo di integrazione europeo, può contribuire, in realtà, a rafforzarlo. È vero che l’esito della consultazione elvetica ha consentito di porre un limite all’ingresso degli stranieri, anche europei, sul territorio della Confederazione ma la vicenda può rappresentare un’ottima occasione per ridiscutere, nel loro insieme, le politiche europee sui temi dell’immigrazione. Politiche che fino ad ora hanno fatto acqua da tutte le parti, come dimostrano i drammatici casi di Lampedusa o le preoccupanti vicende di Asburgo. Rimettere in discussione i trattati di Schengen, per quanto traumatico possa apparire, può rappresentare il primo passo per dar vita, finalmente ad una politica sull’immigrazione realmente unitaria su tutto il territorio dell’Ue e anche a rimettere al centro del dibattito i diritti degli europei. In attesa di sapere se i toni duri usati da Bruxelles avranno effetto sul governo svizzero, c’è da registrare, infatti, che la discussione in Europa si è spostata, finalmente, dalla mera economia ai principi. Le istituzioni dell’Ue hanno ricordato alla Svizzera che non è possibile vietare la libera circolazione delle persone e consentire, invece, quella dei capitali. Una riaffermazione del principio che l’Europa è, prima di tutto dei suoi cittadini. A circolare devono, dunque, essere non solo i capitali ma anche gli europei. Fino ad oggi non è stato così: mentre i flussi di denaro hanno potuto spostarsi liberamente da uno Stato all’altro, i cittadini europei, sempre più impoveriti dalla crisi, sono rimasti confinati nelle proprie città. Questa battaglia per la riaffermazione dei diritti dei cittadini nei confronti dei capitali può sicuramente contribuire a migliorare l’immagine dell’Ue agli occhi dei suoi abitanti ma, soprattutto, può aiutare a ritornare ad uno spirito originario della costruzione comunitaria ormai appannato dal fiscalismo economico. Ma qual è dunque lo spirito originario dell’Europa? Nel periodo compreso fra le due guerre mondiali, in una famosa conferenza dal titolo La crisi dell’umanità europea e la filosofia , il pensatore tedesco Edmund Husserl rispondeva così a questa domanda: “Europa non va intesa geograficamente […]come se fosse possibile circoscrivere gli uomini che vivono sul territorio europeo e considerarli “l’umanità europea”. […] Il termine Europa allude evidentemente all’unità di una vita, di un’azione, di un lavoro spirituale, con tutti i suoi fini, gli interessi, le preoccupazioni e gli sforzi, con le sue conformazioni finali, i suoi istituti, le sue organizzazioni […] nell’unità di una forma spirituale”.